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Il declino degli stock ittici nel Mar Baltico è stato al centro della terza edizione della conferenza “Our Baltic”, organizzata dai commissari europei Costas Kadis e Jessika Roswall con la partecipazione di ministri, eurodeputati e stakeholder regionali. Un incontro che ha ribadito le sfide ambientali e socioeconomiche dell’area, ma che non ha placato le critiche del settore della pesca.
Le sfide ambientali irrisolte
La salute del Mar Baltico è compromessa da pressioni interconnesse: cambiamento climatico, eutrofizzazione, inquinamento chimico, distruzione degli habitat ed espansione delle attività offshore. A queste si aggiunge l’aumento incontrollato di predatori naturali come foche e cormorani, che contribuiscono al drastico calo delle popolazioni ittiche.
Durante la conferenza, la Commissione europea ha ribadito l’impegno ad attuare la legislazione esistente, dal controllo delle catture alla revisione della Direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino, passando per il Regolamento sul ripristino della natura. Tuttavia, per molti rappresentanti del settore le dichiarazioni non bastano più.
La voce di Europêche
“Non c’è bisogno di ulteriori conferenze o promesse, ma di un piano d’azione vincolante per il Mar Baltico”, ha affermato Kenn Skau Fischer, CEO della Danish Fishers PO, intervenendo per conto di Europêche. Secondo l’associazione, la crisi degli stock ittici non può essere risolta con misure limitate alla sola gestione della pesca. Le pressioni ambientali vanno affrontate in modo sistemico, con un approccio transfrontaliero che nessuno Stato membro può garantire da solo.
Il settore ha già ridotto drasticamente le catture per agevolare il recupero delle popolazioni marine, ma i risultati restano insoddisfacenti. “Se non si interviene sui fattori di stress ambientali, gli stock ittici non si riprenderanno, indipendentemente dai limiti di cattura”, ha sottolineato Fischer.
Il nodo del dialogo con i pescatori
Un ulteriore punto critico riguarda il coinvolgimento degli operatori. “È deplorevole che i pescatori, che conoscono meglio di chiunque altro il Mar Baltico, non abbiano avuto una rappresentanza adeguata nei panel della conferenza”, ha dichiarato Daniel Voces, direttore generale di Europêche.
Secondo l’associazione, senza un dialogo inclusivo con chi vive quotidianamente il mare, le strategie rischiano di rimanere esercizi accademici privi di reale efficacia. Domani, 3 ottobre, Europêche incontrerà il Commissario Kadis per ribadire la necessità di soluzioni praticabili e condivise.
Una governance da ripensare
Il futuro del Mar Baltico dipende da decisioni coordinate, capaci di integrare gli obiettivi ambientali con la sostenibilità economica e sociale delle comunità costiere. La Commissione europea insiste sull’importanza di HELCOM e delle strategie comunitarie per la resilienza idrica e le economie blu. Tuttavia, resta aperta la questione centrale: tradurre i principi in azioni concrete, vincolanti e condivise.
Il dibattito, acceso e tutt’altro che concluso, mette in evidenza una certezza: senza un approccio più inclusivo e decisioni coraggiose, la sopravvivenza stessa della pesca nel Mar Baltico è in discussione.
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