La lingua è uno strumento d’identità per chi vive il mare. Per questo Federpesca ha scelto di essere partner di un progetto che ha portato alla creazione di un sito presentato il 18 giugno all’Accademia della Crusca a Firenze. ‘La Lingua del Mare’ è un progetto nato per valorizzare e diffondere il patrimonio della lessicografia marinaresca italiana.
All’appuntamento per presentare il sito, la direttrice di Federpesca, Francesca Biondo, è intervenuta al fianco di accademici, linguisti e rappresentanti del settore marittimo per confrontarsi sull’importanza di tutelare il patrimonio linguistico proveniente dal mondo della pesca e della marineria.
“Questo progetto unisce due patrimoni fondamentali del nostro Paese: la lingua e il mare – ha dichiarato Francesca Biondo – Federpesca ha voluto fortemente partecipare perché la lingua è anche uno strumento di identità: per chi vive di mare, il lessico non è solo comunicazione, ma anche memoria collettiva, conoscenza professionale, legame con il territorio. Raccogliere queste parole significa riconoscere il valore di chi lavora sul mare ogni giorno, anche come custode di una cultura unica, concreta, profondamente radicata.”
Nel suo intervento, la direttrice di Federpesca ha voluto sottolineare anche il ruolo fondamentale delle donne nel mondo della pesca. “Le donne partecipano da generazioni alla vita delle comunità marittime, spesso nell’ombra – ha spiegato la direttrice – Oggi più che mai, le donne portano voce, visione e competenza in un settore che ha bisogno di essere rappresentato in tutta la sua complessità. Anche il linguaggio ha un ruolo in questo: serve una lingua che nomini e riconosca pienamente il contributo femminile nel settore della pesca.”
“Abbiamo un problema di ricambio generazionale: ‘La Lingua del Mare’ può diventare un ponte per chi vuole avvicinarsi a questo mondo – ha concluso la direttrice – Valorizzare il linguaggio significa riconoscere dignità a un mondo spesso invisibile che merita voce, rispetto e attenzione, ed è quello che Federpesca cerca di fare ogni giorno”.
“Condividiamo la posizione espressa dal sottosegretario Patrizio La Pietra alla Terza Conferenza delle Nazioni Unite sugli Oceani, a Nizza, in merito alla necessità di un cambio di indirizzo dell’Unione europea sul depauperamento degli stock ittici e della biodiversità marina, la cui responsabilità viene interamente scaricata sul settore della pesca e su chi vi lavora, mentre occorrerebbe una strategia a trecentosessanta gradi”. Ad affermarlo è Gennaro Scognamiglio, presidente nazionale di Unci AgroAlimentare.
“La progressiva riduzione – ha proseguito il numero uno dell’associazione del mondo cooperativistico – dei giorni di pesca delle marinerie italiane, decisa a Bruxelles, non ha prodotto i risultati sperati, ma ha creato non poche difficoltà ai pescatori. Vanno pertanto affrontati nelle sedi istituzionali i nodi centrali del problema dell’inquinamento delle acque: dagli scarichi industriali e civili abusivi, alla presenza di rifiuti provenienti da terra, a cominciare dai materiali plastici che hanno effetti devastanti sulla flora e sulla fauna marina, all’intenso traffico marittimo, per i quali occorrono interventi mirati, dei quali debbano farsi carico tutte le filiere produttive e l’intera società.
Senza contare criticità come l’innalzamento del livello delle acque, l’aumento delle temperature causato dai cambiamenti climatici, la presenza di specie aliene invasive, il basso livello di ossigenazione delle acque, in alcune aree e in specifici periodi dell’anno.
Occorre pertanto, come ha sostenuto La Pietra, stabilire un’equa ripartizione delle aree ristrette alla pesca tra tutti i Paesi Ue interessati, che non riguardi, come succede adesso, solo aree limitrofe al territorio degli Stati membri. Contemporaneamente serve un maggiore impegno sul fronte del contrasto alla pesca illegale, facendo rispettare le regole in vigore, più che rendendo più burocratico il quadro normativo, anche con il coinvolgimento degli altri Paesi del Mediterraneo, definendo standard condivisi. Particolare attenzione e tutela richiede anche l’acquacoltura, che attraversa una fase delicata, per vari motivi”. “E’ questa – ha concluso Scognamiglio – la direzione da seguire per salvaguardare l’ambiente marino, promuovendo una pesca realmente sostenibile, anche sotto il profilo socio-economico, considerandola una risorsa per le zone costiere e non un fattore di squilibrio, abbandonando con indifferenza al proprio destino le imprese e i lavoratori costantemente penalizzati”.
Il dato racconta non solo la passione degli italiani verso l’ittico, ma anche la vitalità del settore, nonostante le sfide legate all’inflazione e alla pressione sui prezzi
Nel 2024, secondo i dati Crest di Circana, gli italiani hanno consumato oltre 1.093 milioni di porzioni di pesce e frutti di mare, con un incremento del +3% rispetto all’anno precedente. Un dato che racconta non solo la passione degli italiani verso l’ittico, ma anche la vitalità del settore Out Of Home, nonostante le sfide legate all’inflazione e alla pressione sui prezzi.
Il salmone si è confermato protagonista indiscusso del consumo fuori casa: la crescita complessiva è stata del +6,2%. Anche il merluzzo ha registrato una performance positiva con un +5,2%, distribuito in modo omogeneo su tutte le sue varianti.
Italiani amanti del pesce e dei frutti di mare
A guidare le scelte dei consumatori, non sono solo i sapori, ma criteri sempre più consapevoli: qualità, attenzione alla salute e convenienza si confermano i principali driver. Quasi la metà dei consumatori che cercano qualità (46%), consumano il salmone durante le loro occasioni fuori casa.
Rispetto ad altre fonti proteiche, il salmone norvegese presenta un profilo ambientale particolarmente vantaggioso. Secondo i dati condivisi da Nordlaks durante il seminario, il salmone garantisce una resa commestibile fino al 68%, superiore a quella di pollo, maiale e agnello, e permette di utilizzare quasi interamente l’animale: il 99,5% del corpo del salmone viene impiegato, riducendo al minimo lo spreco. Anche in termini di impatto ambientale, il salmone mostra una delle impronte di carbonio più basse del comparto: appena 0,6 kg di CO₂ per chilo di prodotto.
Stoccafisso e baccalà, consumi in crescita
Nel 2025, le importazioni complessive in Italia di prodotti lavorati a base di merluzzo – provenienti da diversi Paesi, inclusa la Norvegia – hanno raggiunto un valore di 275 milioni di euro, con una crescita dell’11% in volume rispetto all’anno precedente.
Un dato che si inserisce in un contesto più ampio, segnato da una riduzione delle esportazioni norvegesi di stoccafisso e baccalà, legata all’adozione di quote di pesca più restrittive da parte delle autorità norvegesi. Una misura necessaria per tutelare gli stock ittici e garantire la sostenibilità a lungo termine delle risorse marine.
All’interno del mercato italiano, secondo i dati NielsenIQ presentati durante il seminario, lo stoccafisso ha comunque registrato una performance positiva nel canale retail: la domanda è aumentata nella maggior parte dei canali di vendita e la pressione promozionale si è ridotta al 9,6%, un segnale di rafforzamento del percepito di qualità da parte dei consumatori.
Anche il baccalà conferma la sua solidità sul mercato, sostenuto soprattutto dai canali della grande distribuzione. Nonostante un prezzo medio superiore, continua a incontrare il favore di un pubblico sempre più attento alla qualità e alla provenienza del prodotto.
A completare il quadro, si conferma il successo dei segmenti Ready to Eat e Ready to Cook, sempre più centrali nelle scelte quotidiane dei consumatori italiani.
Salmone norvegese, vero re del mercato
Nel 2024, il salmone norvegese si è confermato come uno degli alimenti più amati dagli italiani: secondo le ricerche del Norwegian Seafood Council, quasi il 75% dei consumatori in Italia lo indica come la propria scelta preferita tra le varietà disponibili, un dato significativamente superiore alla media globale, attualmente intorno al 61%. Un risultato che sottolinea non solo l’apprezzamento per il gusto e la versatilità del prodotto, ma anche una crescente attenzione a fattori come origine, qualità e sostenibilità.
Numeri in crescita per tutti i segmenti
A rafforzare questo legame, oltre il 90% del salmone consumato in Italia proviene dalla Norvegia, conferma della fiducia costruita negli anni nei confronti dell’industria ittica norvegese.
Il valore delle importazioni di salmone dalla Norvegia ha raggiunto 1.277 milioni di euro, accompagnato da una crescita importante sia in termini di volume (+14%) sia di valore (+9%), evidenziando una domanda in espansione anche in un contesto economico complesso.
Un segnale interessante dell’evoluzione del comportamento dei consumatori è rappresentato dall’acquisto digitale: oggi, il 10% degli italiani dichiara di acquistare salmone norvegese “spesso o molto spesso” tramite retail online o app dedicate. Questo trend riflette un cambiamento nel modo in cui gli italiani si approcciano al cibo, iniziando a privilegiare canali agili, personalizzabili e accessibili anche da mobile. L’integrazione del prodotto in questi nuovi ecosistemi digitali contribuisce a rafforzarne la presenza nella quotidianità degli italiani, portando il salmone norvegese anche sulle tavole di chi ha poco tempo, ma non vuole rinunciare a qualità e benessere.
ACLI TERRA e Coldiretti Pesca, si fanno portavoce dell’indispensabile ruolo dei pescatori nella cura e nella conservazione dell’ambiente marino, mentre il 3° Congresso tematico dell’ONU a Nizza concentra l’attenzione globale sullo stato di mari e oceani.
Per rafforzare questo messaggio, le due associazioni terranno una tavola rotonda pubblica il prossimo 12 giugno alle ore 10:30 a Beaulieu-sur-Mer, nel porto di Plaisance, presso il giardino del locale “Salina”, a pochi passi da Nizza. L’evento intende riflettere sui lavori del Congresso di Nizza e avanzare proposte concrete per riconoscere l’impegno dei pescatori.
L’incontro, trasmesso sui canali social di ACLI TERRA e Coldiretti Pesca, sarà presieduto da Daniela Borriello, Responsabile Nazionale di Coldiretti Pesca, e da Nicola Tavoletta, Presidente Nazionale di ACLI TERRA. Seguiranno gli interventi dei biologi marini Claudio Brinati e Nicola Rasore, e dell’ingegnere idraulico Enrico Dini, ideatore della stampa 3D per barriere coralline artificiali.
La discussione toccherà temi cruciali come le specie aliene, con la testimonianza dell’associazione greca Elafonisos Eco guidata da Enrico Toja, e la gestione delle lagune, approfondita da Pierluigi Piro, Presidente della Cooperativa I Pescatori di Orbetello. Le conclusioni saranno affidate alla scienziata italiana Laura Giuliano, Direttrice della CIESM, Commissione Per gli Studi e le Esplorazioni nel Mediterraneo.
“E’ necessario un Fondo Europeo per gli Oceani e finanziamenti privati come i “Blue Bond” per modernizzare la flotta italiana e contrastare l’inquinamento – è la proposta di *Daniela Borriello” di Coldiretti Pesca – un consumo ittico sostenibile e un gruppo di commissari marittimi per una “Blue Economy” europea forte e competitiva”.
“Presenteremo proposte tecniche innovative e nuove interpretazioni sugli aspetti psicosociali delle comunità, con particolare attenzione alla sicurezza delle marinerie,” ha dichiarato il Presidente di ACLI TERRA, Nicola Tavoletta.
L’evento vedrà la partecipazione di delegazioni di associazioni di pescatori francesi e greci, oltre a quella delle ACLI del Principato di Monaco, che confermeranno il valore internazionale dell’iniziativa e l’impegno congiunto per un Mediterraneo sostenibile nella sua complessità naturale e sociale.
Sviluppare una maggiore collaborazione e prospettive condivise di crescita per dare una nuova centralità alla pesca nell’area del Mediterraneo, investire su qualità, su controllo e tracciabilità per valorizzare la risorsa ittica. Sono gli aspetti emersi in occasione della riunione ministeriale dal titolo “Rafforzare l’approvvigionamento ittico nel Mediterraneo” che ha visto la presenza dell’Italia con il ministro Francesco Lollobrigida, intervenuto in videoconferenza, il ministro per le Politiche del Mare, Nello Musumeci, e il sottosegretario Patrizio La Pietra, e dei ministri di Libia, Malta e Tunisia.
«Il Mediterraneo è stato al centro dell’attenzione per collaborare e crescere insieme», sottolinea Elena Ghezzi responsabile Pesca e Acquacultura di Legacoop Agroalimentare presente all’iniziativa che si è tenuta in occasione del festival Tesori dal Blu di Mazara del Vallo (Tp) che termina domani (31 maggio).
«Abbiamo apprezzato l’iniziativa perché è stata anche l’occasione, nella sezione tecnica, per approfondire alcuni aspetti importanti per la produzione ittica nazionale come la qualità e la tracciabilità volte ad una maggiore valorizzazione della filiera. Certamente il controllo è un aspetto fondamentale sia sulla produzione nazionale ma anche sulle importazioni». Come ricorda Ghezzi, infatti, «il rapporto 2025 sulla Blue Economy ci dice che per un consumatore europeo ogni 10 chili di pesce mangiati, più di 6 arrivano da Paesi extra-Ue».
Come evidenzia Domenico Pistone di Legacoop Sicilia, «cooperazione e fare insieme sono due aspetti chiave. I pescatori sono i custodi del mare, praticano un’arte antica e importante per l’economia e per questo siamo fortemente convinti che la pesca rappresenti un settore da incentivare, proteggere e garantire».
Dal canto suo Cristian Maretti, presidente di Legacoop Agroalimentare, ricorda che «come Legacoop Agroalimentare abbiamo investito tante energie e risorse in progettualità che guardano al dialogo tra le due sponde del Mediterraneo con i suoi 22 Paesi e tre Continenti. Diventa quindi determinante la collaborazione tra le due sponde del mare, importante soprattutto per il settore marittimo che è un investimento per il nostro futuro e dei nostri figli».
Ecco che, continua Maretti, «le sfide per il settore della pesca nel Mediterraneo impongono ai Paesi rivieraschi l’introduzione di nuovi elementi di valutazione fino a qualche anno fa non prioritari come il cambiamento climatico, la produzione di energia da rinnovabili in particolare eolico offshore, l’innovazione di prodotto e processo. Occorre cioè una visione del settore che guardi anche alla diversificazione delle produzioni settoriali che ci chiamerà ad un maggiore investimento in formazione e ricerca. Solo così riusciremo a dare un valore al lavoro delle nostre imprese».
Ecco che, conclude Maretti, «siamo fortemente convinti che la cooperazione nel Mediterraneo passi anche dal dialogo tra tutti gli Stati membri dell’Unione europea. Il Patto europeo per gli Oceani che la commissione europea di sta apprestando a varare non potrà prescindere da una visione che dia nuova centralità al Mediterraneo».