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Le donne silenti della pesca: intervista ad Adriana Celestini esperta in politiche di genere ed ex presidente dell’associazione Penelope

Le donne silenti della pesca: intervista ad Adriana Celestini esperta in politiche di genere ed ex presidente dell’associazione Penelope

di Angela Iantosca

Donne silenti eppure attive, partecipi, determinate e determinanti. Donne inconsapevoli del proprio ruolo, eppure assi portanti dell’economia familiare. Sono le donne della pesca di ieri e di oggi, alle prese con diritti non riconosciuti, a differenza delle colleghe dell’Unione europea che possono ammalarsi, avere una pensione e godere del diritto alla maternità. 

Per saperne di più ne abbiamo parlato con Adriana Celestini, esperta in politiche di genere per le donne nella pesca ed ex presidente di un’associazione che già nel nome tradisce la situazione: “Penelope donne nella pesca”. 

Quale è la situazione delle donne nella pesca?

“Quando noi usiamo il termine donne della pesca usiamo un termine collettivo. Sotto questa denominazione ci sono tante donne diverse tra loro per le attività: biologhe, donne delle cooperative, donne che vanno in mare e che lavorano per le barche di famiglia, donne che lavorano nelle Capitanerie e poi un numero indefinito di donne impegnate nella impresa ittica familiare. Ma queste ultime, a differenza delle altre, non hanno un riconoscimento. Soprattutto c’è una grande diversità con le donne di altri Paesi europei dove, dal 1986, hanno visto riconosciuto il loro ruolo. Le italiane che svolgono il lavoro di coadiuvanti dell’impresa ittica familiare, occupandosi di tutti i lavori a terra mentre gli uomini sono impegnati in mare, non hanno una posizione giuridica riconosciuta. Figure silenti che lavorano, ma è come se non esistessero proprio come un tempo, quando si pescava a vela, che facevano le scalanti, cioè tiravano in terra le barche e la mattina le portavano in mare, andando poi a vendere il pesce. Lavori faticosi e pericolosi, dati per scontati anche dalle stesse donne che consideravano la loro attività come un’incombenza in più nel lavoro di cura della famiglia”. 

Cosa è cambiato negli ultimi anni?

“Negli ultimi anni gli impegni e i compiti sono diventati più pesanti: le donne si occupano della commercializzazione, della trasformazione, dei rapporti con le capitanerie, con le banche e con i cantieri navali. Insomma, parliamo di responsabilità sempre più grandi. Ad Ancona, dove io vivo, le donne che fanno parte dell’impresa ittica familiare sono quelle che si svegliano in piena notte, per andare al mercato ittico che apre alle due. Sono loro le responsabili della commercializzazione e, quando vedono che la loro barca sarà tra le ultime ad essere chiamata alla vendita e che quindi, molto probabilmente, venderanno a prezzi molto più bassi perché molti commercianti sono andati via, prendono il prodotto e cercano altri mercati, per poi tornare, a sole già alto, a casa ed occuparsi dei figli. Una vita difficile e diversa da quella di tante altre professioniste. Ma la cosa più assurda è che non hanno un riconoscimento perché l’Italia non ha ottemperato alla direttiva della Comunità europea al riconoscimento di questo ruolo: mi riferisco alla 613, poi sostituita nel 2010 da un’altra direttiva. Gli unici Paesi che non l’hanno inclusa nel proprio ordinamento sono stati l’Italia, l’Olanda, la Grecia. Ora la Grecia ha risolto il problema. Noi no. La cosa ancora più assurda è che questo passaggio non sia stato fatto per le donne della pesca, ma che esiste per le donne dell’artigianato e dell’agricoltura che contribuiscono al reddito della famiglia. È una situazione di non pari opportunità. Dal 2004 porto avanti questa battaglia e per questo, forte di alcune esperienze istituzionali, ho messo in piedi l’associazione “Penelope donne nella pesca” in modo che la loro voce fosse più forte. Mi sono accorta spesso che si attirava un’attenzione folkloristica, ma in realtà stiamo parlando di donne imprenditrici che vanno rispettate per il loro lavoro. Se queste donne cadono mentre sono in attività, non hanno un riconoscimento per l’infortunio, né per la maternità, né per la malattia, né per la pensione. Mi domando il perché di questa non pari opportunità”. 

Quali tentativi ha fatto per far cambiare le cose?

“Sono arrivata alla XIII commissione del Parlamento e tutti hanno detto che era giusto arrivare ad una equiparazione, ma non ce l’abbiamo fatta. La legislatura è finita e ora si dovrebbe ricominciare tutto d’accapo. Mi dà fastidio che non ci sia la voglia da parte della politica di dare a queste forme di lavoro quello che è un riconoscimento che non è solo giuridico, ma che porterebbe le stesse donne ad un modo diverso di guardare sé stesse. Il fatto di non essere riconosciute, significa non far crescere l’autostima. Se cresce l’autostima, invece, viene anche la voglia di assumere ruoli apicali che possano dare un contributo diverso. Questo non significa voler scalzare gli uomini, ma fare in modo che queste donne raggiungano la consapevolezza di un ruolo riconosciuto e che permetta loro di sentirsi piccole imprenditrici a tutto tordo. Da parte dei media, purtroppo, si guarda alle donne della pesca solo da un punto di vista di costume, di folklore, ma al primo posto, invece, ci dovrebbe essere il rispetto!”. 

Da quanto tempo si occupa di questo tema?

Io sono entrata nel mondo della pesca perché ho sposato un pescatore e mi sono resa conto dei sacrifici che venivano sostenuti dalle donne. Le colleghe francesi hanno sempre detto che, quando sposi un pescatore non sposi solo un uomo, ma sposi anche il suo mestiere e quindi anche i sacrifici che l’attività comporta. Ora sicuramente le cose sono migliorate, per gli uomini, mentre le donne sono sempre rimaste figure silenti. Quando ho preso coscienza di tutto questo, forte del fatto di essere stata Presidente della Commissione pari opportunità della Regione Marche, ho compreso che le donne devono capire che è importante muoversi ed unirsi facendo rete. Infatti, quando mi sono accorta della difficoltà di essere l’unica associazione di donne nella pesca presente in Italia, ho cercato appoggi in altre associazioni europee ed è nata la rete Aktea, di cui sono stata presidente per due mandati. Con la rete Aktea sono andata al Parlamento europeo per portare avanti le rivendicazioni delle donne della pesca. Le donne francesi, per esempio, hanno anche la possibilità di avere il sostegno psicologico in caso di tempeste, oltre alla copertura di malattie legate alla professione. Noi, tutto questo, ce lo sogniamo!”.

E Penelope che fine ha fatto?

Penelope esiste ancora anche se sono diminuite le adesioni. Alcune donne sono diventate anziane, altre non hanno più le barche perché la famiglia ha smesso l’attività. Ora ci sono le più giovani”.

Cosa spera?

“Vorrei veder realizzato il riconoscimento. Sarebbe la vittoria di un diritto molto importante. Quando parliamo di pari opportunità, significa arrivare al riconoscimento di quel ruolo e vedere figure femminili che ricoprono ruoli apicali. Adesso abbiamo una donna direttore di Federpesca, Francesca Biondo, ma è una. Le donne, per avere la forza di auspicare un cammino, hanno bisogno di sentirsi appoggiate”. 

Si parla di crisi perché non ci sono giovani disposti a fare lavori faticosi e retribuiti male. Questo aspetto coinvolge anche il mondo femminile?

“L’altro giorno, all’Osservatorio Nazionale della pesca, è stato presentato un corso di formazione con donne relativamente giovani. Nelle Marche, la mia regione, ci sono molte giovani che lavorano come coadiuvanti. Molti figli dei pescatori hanno ripreso il lavoro dei padri, anche se spesso, i padri stessi hanno cercato di indirizzare i figli verso altre professioni. Le donne sono sempre state sul campo di battaglia perché è l’attività della loro famiglia, non si è visto un calo di presenze. Le attività, nel bene e nel male, hanno continuato ad andare avanti”.

Di cosa si occupa ora? 

“Ora seguo i progetti di formazione, perché sono convinta che così si rafforzano le loro competenze. Diamo strumenti per migliorare e ottimizzare il lavoro e si spinge perché si costituisca una rete italiana di donne della pesca all’interno della quale scambiare informazione ed esperienze, ma anche la conoscenza di problematiche e cercare soluzioni. Potrebbero arrivare a fare progetti ed, al di là delle diversità, si potrebbero raggiungere obiettivi comuni senza privare dell’autonomia ogni singola impresa. Questa è crescita”.

Quanto è importante lo scambio di esperienze?

“Tantissimo. Dallo scambio di esperienze si determina l’evoluzione. Ci si deve rendere conto che, in molte regione, le donne della pesca, andando a vendere il loro prodotto nelle campagne, lo barattavano con i frutti dell’agricoltura. Uno scambio, oltre che di merci, anche di saperi e di esperienze, una sorte di baratto economico e, soprattutto, culturale. Insieme poi, le donne dell’agricoltura e della pesca, si recavano nei mercati cittadini ed anche qui si creava uno scambio di conoscenze. Queste donne hanno costruito l’ossatura economica e sociale di tante regioni, hanno messo in piedi una rete e, a queste donne, andrebbe riconosciuto il loro valore”. 

Presentazione associazione Penelope

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Donne e mare, Gregoria Gioffrè: “Ciò che chiediamo è un maggiore riconoscimento e tutela”

Donne e mare, Gregoria Gioffrè: “Ciò che chiediamo è un maggiore riconoscimento e tutela”

Il mare è poetico. Me lo ha detto ieri un ex pescatore mentre mi parlava di quello che è stato per molto tempo il suo mestiere e che ancora oggi, a distanza di più di venti anni, rimpiange. Ha parlato di fatica, passione, paura, preoccupazione, necessità del ritorno a terra, ma soprattutto di albe indimenticabili e di quella distesa blu alla quale sentiva (e sente) la necessità di tornare.

Me lo ha detto sorridendo, con la stessa passione, poche ore prima Gregoria Gioffrè, una donna del mare che quel blu lo ha incontrato per caso nella sua vita lavorativa e non lo vuole più lasciare. Una donna forte, come lo sono le donne di Bagnara Calabra: libere, determinate e legate a quella distesa che guardano da sempre in attesa del ritorno dei propri uomini, in attesa di quel pesce da vendere, in attesa… come Penelopi a volte tradite proprio da quel mare, loro alleato e rivale.

Gregoria è Presidente di Pesca Futura Società Cooperativa e di Marevivo, ma anche referente della regione Calabria di UILA Pesca.

Cominciamo dal tuo incontro con il mare: è frutto di una tradizione di famiglia?

“No! Sono laureata in economia aziendale e ho cominciato a lavorare in un centro servizi marittimi venti anni fa e da lì ho cominciato a gestire, da un punto di vista contabile e marittimo, imprese di pesca. Nel 2016 è nata la Cooperativa Marevivo, da me rappresentata: nata con una sola imbarcazione da pesca, ora ne conta 42”.

In che zone operate con Marevivo?

“Operiamo sul territorio nazionale, arrivando fino in Liguria. E poi anche in Spagna”.

Pesca Futura?

“Pesca Futura è un’altra Cooperativa acquisita qualche anno dopo che conta barche piccole, per la pesca locale”.

Quale è lo stato dell’arte della pesca in Calabria per le donne?

“La presenza delle donne si è ridotta molto: non ci sono più le classiche donne che portano il pesce in giro. Adesso abbiamo degli spazi adibiti, all’entrata del rione del pescatore, dove vendono con degli auto-negozi. Abbiamo alcuni dipendenti che lavorano per noi con queste licenze ambulanti itineranti”.

Quando è cominciato il cambiamento?

“Ormai da 6-7 anni è cambiato tutto. Fino a qualche anno fa ancora le donne per lo più anziane andavano in giro, sia in paese che nei paesi limitrofi, a vendere il “pesce fresco”, pescato nella notte; ora invece non è più cosi”.

Che pesce si pesca in Calabria?

“In Calabria c’è una varietà di pesce che viene pescato nelle nostre acque, sicuramente quello più noto è il pesce spada pescato da maggio a settembre. Si pesca con l’attrezzo palangaro oppure viene pescate dalle barche denominante feluche, ovvero, con termine locale, “le passerelle”: ne esistono solo 11 al mondo e si trovano esattamente collocate tra la sponda calabrese e quella siciliana, io nella mia cooperativa ne gestisco una”.

Cosa sono le passerelle?

“Sono barche da pesca tipiche della tradizione siciliana e calabrese sulle quali viene montata una passerella in ferro, attaccata alla prua, lunga circa 20 metri. Al centro della barca si eleva una torre fatta di gradini in ferro. Da lì ci sono due persone dell’equipaggio che fanno l’avvistamento del pesce spada, non appena avvistano il pesce, danno il segnale agli altri marittimi per avvisarli, così percorrendo la passerella con un fiocina prendono la mira e lo arpionano. Un metodo antichissimo, che si può usare solo in alcune fasi dell’anno, quando il mare è calmo, perché se il mare è agitato diventa molto pericoloso per la stabilità stessa dell’imbarcazione”.

Per questo lavoro sono richieste solo braccia maschili?

“Questo lavoro è prettamente maschile, perché ci vuole molta forza fisica. Le donne che si imbarcano di solito a bordo rivestono la qualifica di mozzo o marinaio, ma il più delle volte sono donne che vanno ad aiutare i mariti. In tutta la nostra Cooperativa ce ne sono 2/3 che sono imbarcate e vanno in mare con i loro consorti. Fino a qualche anno fa la media era molto più alta, Sono diminuite dopo la pandemia. Ora per lo più rimangono a terra ad aspettare il marito o i loro figli per poi dedicarsi alla vendita del pescato del giorno: perché se vendi subito in banchina, guadagni molto di più”.

Cosa chiedete in termini di diritti per le donne?

“Un maggiore riconoscimento, un riconoscimento equo per il suo lavoro: la donna spesso è una figura marginale, in quanto svolge il suo lavoro dietro le quinte. L’aiuto che le donne danno alla vendita a terra non viene riconosciuto, neanche come coadiuvante familiare. Insomma la legge non le tutela”.

Cambia la paga a seconda se si è maschio o femmina?

“No, la retribuzione varia in base alla qualifica. Un capobarca prende più di un mozzo o di un marinaio. E il pagamento è determinato dal contratto collettivo nazionale: ci sono quelli con le imbarcazioni sopra le 10 tonnellate, sono tutelati dalla legge 413 del contratto collettivo, sotto le 10 tonnellate dalla 250, quindi hanno stipendi ridotti. Hanno tutti una regolare busta paga, ma nella pesca spesso è molto diffusa la parte”.

Cosa si intende per parte?

“Si va in mare tutta le settimane. A fine settimana si tirano i conti: se per esempio l’equipaggio ha guadagnato 4mila euro e a bordo ci sono tre persone, il motorista, il mozzo, il capobarca, dal tutto devono togliere le spese che possono essere il gasolio o altro e quello che rimane viene diviso in tre parti, ovviamente la parte è intesa divisa in base alla qualifica”.

Come è cambiato il tuo sguardo sul mare da quando lo vivi dall’interno?

“Con il mare ho cambiato totalmente lo sguardo. Ho cominciato che non sapevo neanche cosa fosse una poppa o una prua… Frequentando questo mondo, ho visto e capito tante cose, motivo per cui, ho un ottimo rapporto con i pescatori, perché mi adeguo alle loro esigenze. È un settore dove lavorano molto e hanno riconoscimenti pari a zero, sono poco tutelati. La verità è che la pesca non è che interessi molto. Confrontata all’agricoltura, la pesca non è nulla. Possiamo dire che è una cenerentola nell’economia nazionale. E tutte le restrizioni che stanno arrivando creano ulteriori problemi, come quello del ricambio generazionale. Non abbiamo giovani, per questo io d’estate cerco flussi migratori”.

I giovani non sono disposti ai sacrifici?

“I ragazzi sarebbero anche disposti a farlo se ci fosse almeno il guadagno. Ma il gasolio è arrivato a costare un euro e questo significa che abbiamo imbarcazioni che spendono 3mila euro a settimana di gasolio: come fai ad avere un indotto che copre queste spese?”.

E l’Europa?

“A livello europeo non gli interessa molto. Loro vanno a guardare solo il problema ambientale e la transizione ecologica, come se tutti i problemi del mondo li creasse la pesca italiana. I nostri pescatori sono soggetti a regole ferree, a controlli assurdi, vedi ad esempio l’ultimo regolamento comunitario che prevede le telecamere a bordo di imbarcazioni che superano una certa lunghezza. Loro dovrebbero porsi il problema del tipo di che pesca si fa in un determinato territorio e promuovere la pesca locale e tradizionale che, invece, sta sparendo. L’Europa sta mettendo quote su qualsiasi tipo di pesce. Le piccole barche, molte, sono in vendita. Aspettano tutti la demolizione come se fosse una salvezza”.

L’Osservatorio Nazionale Pesca ha dato vita al progetto “Donne nell’impresa ittica”: la Rete delle Donne quanto è importante?

“Si sta prendendo sempre più consapevolezza che le donne nella pesca sono un punto di forza che può trainare il settore. Il mio intento è che venga riconosciuto – anche a livello previdenziale – valore a queste donne che da una vita sono tassello portante, ma che non hanno diritti. È la donna che traina il meccanismo. Io che sono in primo piano e ho a che fare con molte donne mogli e madri di pescatori me ne accorgo tutti i giorni: i mariti vanno a mare, ma sono le donne che svolgono il lavoro a terra, vedi vendita del pescato, fatturazione e quanto possa servire a bordo. Sono attive e portano avanti il lavoro dell’uomo! A terra è la donna che opera. I mariti arrivano in porto e scaricano il pesce, ma sono le donne che poi si occupano dello smistamento del pesce, pulendolo, commercializzandolo e portandolo spesso anche nelle case dei clienti, trainando cosi l’indotto”.

Cosa vedi nel futuro?

“Se va avanti così, vedo poco cambiamento. Abbiamo 15 barche della piccola e grande cooperativa che vogliamo demolire. La gente che va in mare è ormai grande di età e parliamo di un lavoro usurante a causa del quale arrivi a 50 anni che hai il corpo di un ottantenne, tra la fatica fisica, il rumore dei motori, i mesi trascorsi fuori nel vento, nella salsedine… Ci sono barche che partono a maggio e tornano ad ottobre e lì fanno tutto. Ora come ora credo che se non si impegnano a trovare una soluzione il settore della pesca rischia di morire e sarebbe un grave peccato. Abbiamo bisogno di aiuto dei nostri politici!”.

Il tuo pesce preferito?

“Io amo il pesce azzurro, le acciughe, il pesce povero quello che ti fa imbandire la tavola con 5 euro! Qui da noi abbiamo una grande tradizione del pesce spada e c’è anche una sagra che va quasi per la sessantesima edizione. Un pesce questo che tutti conoscono e che stanno pensando di fare IGP. Un’ottima cosa, almeno si tutela!”.

Se chiudi gli occhi che senti?

“L’odore del mare!”.

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Osservatorio Nazionale Pesca: continua il progetto “Donne nell’impresa ittica”

Osservatorio Nazionale Pesca: continua il progetto “Donne nell’impresa ittica”

È giunto al suo secondo appuntamento il progetto dell’Osservatorio Nazionale della Pesca “Donne nell’impresa ittica. La costruzione di una rete”.

Durante l’appuntamento sono stati presentati gli argomenti della formazione rivolta alle donne della pesca e sono state condivise esperienze dirette e problematiche del settore.

“Vogliamo arrivare – ha dichiarato la Presidente dell’Osservatorio Nazionale della Pesca Francesca Biondo – alla costruzione di una rete di donne che operano nel settore ittico, promuovere lo scambio delle buone pratiche e trasmettere le competenze trasversali alle donne che lavorano nelle microimprese. Un sistema per rafforzarsi come soggetti autoconsapevoli e poter richiedere un riconoscimento nell’impresa, nella famiglia e nella società”.

“La forza del progetto – continua la Presidente – è nel valore aggiunto garantito dai momenti di confronto. La valorizzazione del prodotto e la costruzione della filiera ittica a terra non possono prescindere dal protagonismo femminile”.

Nel corso dell’incontro sono intervenute, tra gli altri, Adriana Celestini, Noemi Biagiola, Roberta Bortolucci, Sonia Barchielli, Stefania Valentini, Massimiliano Sardone e Maria Laurenza.

“Il termine donne della pesca – ha detto Adriana Celestini, esperta in politiche di genere nonché coordinatrice del progetto, – è una denominazione collettiva che si riferisce alle diverse mansioni svolte nelle attività di terra. Il corso che abbiamo costruito ha l’obiettivo di rafforzare le competenze delle donne e migliorare la propria autonomia imprenditoriale e la capacità di rafforzare le proprie imprese e il proprio lavoro. Saranno trasferite competenze di management, di marketing, pillole normative sul settore, necessarie per migliorare la gestione dell’impresa. Uno spazio importante sarà dedicato ad un percorso di consapevolezza ed empowerment delle donne per rafforzare l’autostima, ottimizzare i tempi di lavoro ed essere così capaci di ritagliarsi uno spazio decisionale nel settore”.

“La collaborazione tra le parti sociali, il coinvolgimento del maggior numero possibile di operatrici del settore e la definizione del concetto di network sono gli elementi essenziali per far sì che si compia un passo avanti verso il protagonismo femminile. La struttura dei moduli è stata infatti organizzata con l’obiettivo di far incontrare realtà diverse e favorire lo scambio di informazioni tra realtà imprenditoriali simili. Il pacchetto formativo parte dalle esperienze personali e cerca di rispondere alle esigenze delle operatrici per far sì che la partecipazione sia integrale, fruttuosa e possibile per quante più persone possibile”, conclude la Presidente dell’Osservatorio Nazionale della Pesca, Francesca Biondo.

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Unci AgroAlimentare, Scognamiglio: segnale positivo Parlamento su credito imposta carburante pesca, contro caro-energia

Unci AgroAlimentare, Scognamiglio: segnale positivo Parlamento su credito imposta carburante pesca, contro caro-energia

“Se tutto procederà nella direzione giusta, la misura del credito d’imposta per l’acquisto del carburante per le attività di pesca dovrebbe essere rinnovata anche per il primo semestre del 2024, per fronteggiare il problema del caro-energia, che ha fortemente colpito e danneggiato i lavoratori e le imprese del comparto”. Ad affermarlo è Gennaro Scognamiglio, presidente nazionale di Unci AgroAlimentare, che rilancia e commenta le notizie provenienti da Montecitorio.

“Accogliamo infatti con soddisfazione – prosegue il dirigente dell’associazione di settore del mondo cooperativistico – l’ordine del giorno approvato, ieri pomeriggio, sostanzialmente all’unanimità, dalla Camera dei deputati, su proposta del deputato Giandiego Gatta, al quale riconosciamo sensibilità per le vicende del settore pesca. Il documento impegna il governo, sia pure subordinandolo ai vincoli di finanza pubblica, a rinnovare il benefit per supportare il settore ittico, che con sempre maggiore difficoltà affronta i crescenti costi gestionali, che ormai in parte cospicua sono rappresentati dalle spese per il carburante, il cui prezzo è costantamente cresciuto nel tempo, fino a far registrare una decisa impennata, come per tutte le altre fonti energetiche, a causa delle instabilità del quadro geopolitico internazionale, ma anche di specuazioni incontrollate. Valutiamo, quindi, positivamente il segnale di attenzione che giunge dal Parlamento, tenendo conto anche che sullo stesso argomento era stato presentato un altro ordine del giorno, proposto dal deputato Stefano Vaccari”.

“Nelle prossime settimane – ha concluso Scognamiglio – seguiremo con attenzione l’evoluzione del provvedimento, affinché possa effettivamente essere assunto dal governo, nel quale confidiamo per raggiungere il risultato”.

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Pesca e innovazione tecnologica a ssieme per contrastare i rifiuti marini

Pesca e innovazione tecnologica a ssieme per contrastare i rifiuti marini

La collaborazione tra pescatori e innovazione tecnologica diventa fondamentale per contrastare la problematica dei rifiuti marini. Una sfida e opportunità che è stata colta grazie allo sviluppo del progetto EMeRIM.

Obiettivo del progetto è proprio la tutela e salvaguardia dell’ecosistema marino e della risorsa ittica attraverso interventi di pulizia innovativi, che vedono l’utilizzo di Rov subacquei e droni utili per il monitoraggio dei rifiuti marini. La raccolta del rifiuto viene effettuata da alcuni motopescherecci coinvolti, grazie a una innovativa ed unica attività di pesca sperimentale che ricorda la tecnica “a volante” con imbarcazioni adibite al servizio antinquinamento.

Il progetto è stato ideato e realizzato dalla O.p. San Basso in collaborazione con Federpesca e la società di start up Innovation Sea della Guidotti Ships a valere del programma operativo Feamp Molise – Mis. 1.40 “Protezione e ripristino biodiversità degli ecosistemi marini e dei regimi di compensazione nell’ambito di attività di pesca sostenibili”.

Presso il porto di Termoli, giovedì 16 si è tenuto l’evento conclusivo del progetto EMeRIM, alla presenza di Basso Cannarsa, presidente dell’O.p. San Basso, Francesca Biondo, Direttrice di Federpesca, Domenico Guidotti di Innovation Sea, le istituzioni regionali e comunali, il comandante della Capitaneria di Porto. Presenti anche tanti giovani studenti delle scuole superiori di Termoli che sono stati coinvolti nel progetto, rappresentando un valore aggiunto.

“EMeRIM è tra i progetti più innovativi mai visti dal punto di vista del metodo, della tecnologia e del coinvolgimento di diversi attori.” ha dichiarato Francesca Biondo, Direttrice di Federpesca. “I pescatori non sono stati soli, ma si è creata una sinergia con tutti gli operatori che vivono il porto di Termoli. Il coinvolgimento delle scuole è stato un’opportunità per studenti e studentesse di conoscere la realtà dei pescatori e il ruolo da protagonisti che svolgono da anni nella sostenibilità e per la pulizia dei mari. Oltre che un’opportunità per i pescatori di confrontarsi con i più giovani su idee innovative per il futuro del settore”.

“I risultati del progetto EMeRIM” ha dichiarato Basso Cannarsa, Presidente della O.p. San Basso “hanno evidenziato come i pescatori possano rappresentare un valore aggiunto anche nelle azioni di antinquinamento e raccolta rifiuti, sfruttando di fatto il loro ruolo di sentinelle del mare che possono tempestivamente segnalare e agire nelle azioni di pulizia. La sperimentazione della pesca ‘a volante’ con imbarcazioni autorizzate ed attrezzate ad operazioni di antinquinamento è stata un successo che ne ha dimostrato l’efficacia ed efficienza oltre che la fattibilità proficua di azioni future da attuare in sinergia con tempi veloci di esecuzioni”.

L’auspicio è quello di portare avanti le idee innovative sviluppate nell’ambito del progetto e replicarlo anche in altre Regioni nella prossima programmazione europea.

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