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Economia circolare: le imprese italiane accelerano sulla sostenibilità

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Negli ultimi anni la sostenibilità è passata da slogan a strategia industriale. Oggi l’economia circolare nelle imprese italiane non è più una prospettiva di lungo periodo, ma una realtà in accelerazione che ridefinisce processi produttivi, accesso al credito e competitività sui mercati. A confermarlo è l’ultima edizione dell’Osservatorio Clean Technology 2025, che fotografa un Paese in cui la transizione ecologica si consolida nonostante tensioni geopolitiche e instabilità macroeconomiche.

Il dato più evidente è l’aumento degli investimenti: il 72% delle imprese italiane ha destinato risorse a progetti di sostenibilità, con un salto significativo sull’economia circolare, passata dal 16% del 2023 al 27% nel 2025. Riciclo degli scarti, utilizzo di materiali rigenerati ed efficienza energetica non sono più sperimentazioni isolate, ma elementi strutturali nelle scelte aziendali.

Questa trasformazione porta benefici concreti. Il 70% delle imprese dichiara di aver ottenuto risparmi sui costi, mentre oltre un terzo ha già migliorato redditività e condizioni di accesso al credito. I vantaggi non si fermano alla dimensione economica: sei aziende su dieci segnalano un impatto positivo anche sulla propria immagine, a conferma di quanto la sostenibilità incida sul posizionamento competitivo.

L’innovazione resta la leva principale di questa transizione. Il 72% delle imprese considera i criteri ESG un fattore strategico e riconosce nell’economia circolare un acceleratore per rinnovare i processi. Non mancano tuttavia ostacoli: costi elevati, carenza di incentivi e complessità normativa frenano una parte del sistema produttivo, soprattutto tra le PMI prive di piani industriali strutturati.

Il PNRR rappresenta un’opportunità ancora parzialmente inespressa. Più della metà delle imprese lo vede come strumento utile, ma solo il 4% è riuscito a intercettare finanziamenti effettivi, segno che il gap burocratico rimane un nodo da sciogliere.

Il quadro complessivo è chiaro: l’economia circolare nelle imprese italiane è destinata a rafforzarsi, non solo come risposta a pressioni normative e ambientali, ma come motore di competitività. A condizione, però, che la transizione venga sostenuta da politiche mirate, semplificazione nell’accesso agli incentivi e un rafforzamento delle competenze tecniche.

Per chi opera nella filiera ittica, queste dinamiche assumono un significato specifico: gestione avanzata degli scarti di lavorazione, packaging riciclabile e ottimizzazione energetica delle catene del freddo diventano leve concrete di competitività e innovazione. Temi che rappresentano una frontiera decisiva per le aziende del comparto e per gli stabilimenti che investono in efficienza energetica.

In sintesi, le aziende che sapranno integrare la sostenibilità nei propri modelli industriali non solo ridurranno i costi, ma si troveranno in vantaggio nell’affrontare mercati sempre più orientati a criteri green. La partita è aperta e l’Italia dispone già di un tessuto imprenditoriale capace di fare la differenza.

La sostenibilità non è più una scelta opzionale: è la chiave per crescere in un’economia globale che chiede responsabilità, innovazione e visione di lungo periodo.

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UE, intese con Mercosur e Messico: cosa cambia per il settore ittico

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La Commissione europea ha presentato le proposte per la firma e la conclusione degli accordi commerciali UE Mercosur e Messico, due intese che potrebbero cambiare la geografia del commercio agroalimentare e, in modo più sottile ma decisivo, anche quella del comparto ittico europeo.

L’intesa con il Mercosur darà vita alla più vasta area di libero scambio al mondo, includendo Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay. Un mercato di oltre 700 milioni di consumatori che diventerà accessibile alle imprese europee con dazi ridotti e canali di approvvigionamento più stabili. Non si tratta solo di cifre, sebbene le stime parlino di un incremento potenziale delle esportazioni UE fino a 49 miliardi di euro annui: per il settore ittico significa la possibilità di consolidare la presenza in aree dove conserve, surgelati e prodotti trasformati europei hanno già una nicchia di mercato in espansione.

L’accordo con il Messico, partner storico dell’Unione, va nella stessa direzione. Il nuovo quadro eliminerà le ultime barriere doganali che ancora limitano l’export agroalimentare europeo, favorendo anche i prodotti ittici trasformati. Per un settore che in Messico vede crescere la domanda di referenze europee ad alto valore aggiunto, la modernizzazione dell’intesa rappresenta un’occasione di penetrazione più forte e qualificata.

Ma le opportunità non sono prive di insidie. L’apertura del mercato europeo a prodotti provenienti da Paesi con costi di produzione inferiori e standard di sostenibilità e sicurezza alimentare spesso diversi rischia di accentuare la concorrenza interna. In particolare, l’import di materie prime a basso prezzo potrebbe condizionare la competitività delle imprese ittiche europee, soprattutto di quelle medio-piccole. Per mantenere il vantaggio, il settore dovrà puntare su ciò che rende unico il modello europeo: tracciabilità rigorosa, qualità certificata e un forte orientamento alla sostenibilità.

Gli accordi commerciali UE Mercosur e Messico si collocano in un contesto geopolitico instabile, in cui l’Europa cerca di rafforzare le proprie catene del valore e diversificare i partner strategici. La partita, però, per l’ittico si gioca su un doppio binario: più opportunità di export, ma anche la necessità di difendere il mercato interno da pratiche di concorrenza squilibrata.

La palla passa ora al Parlamento europeo e agli Stati membri, che dovranno ratificare le intese. Fino ad allora, la filiera ittica europea resta in attesa, consapevole che il futuro delle proprie relazioni commerciali con l’America Latina si deciderà nei prossimi mesi.

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Acciuga di Sciacca, tra declino della pesca ed export globale

Acciuga di Sciacca, tra declino della pesca ed export globale

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Quello che un tempo era un mare di abbondanza, oggi è un orizzonte più incerto. L’acciuga di Sciacca, simbolo identitario ed economico della città, vive una fase delicata segnata da cambiamenti climatici, costi insostenibili e una flotta sempre più ridotta.

In passato, fino al 40% dell’acciuga del Mediterraneo proveniva da queste acque. Oggi la quota locale è scesa a poco più del 10-15%, mentre la maggior parte del pesce arriva da Tunisia, Croazia e Albania. A Sciacca restano appena una decina di lampare, contro le quaranta di cinquant’anni fa. È il segnale di una marineria che fatica a sopravvivere.

Il clima incide in maniera determinante. Con un aumento medio di due gradi della temperatura marina, il pesce azzurro tende a spostarsi verso aree più fresche, riducendo la disponibilità locale. A questo si sommano le regole europee, il caro gasolio e la mancanza di ricambio generazionale tra i pescatori.

Ma la storia non si ferma qui. L’acciuga di Sciacca continua a vivere e a generare valore grazie all’industria conserviera. Diverse aziende portano avanti un sapere secolare fatto di salagioni, filetti sott’olio e colature, con un fatturato di tutto rispetto. La lavorazione è lunga e complessa: un chilo di prodotto fresco, pagato circa tre euro, può arrivare a costare dieci volte tanto dopo mesi di stagionatura manuale.

acciuga di SciaccaIl mercato internazionale è il vero motore di questa resilienza. Dal Giappone agli Stati Uniti, passando per ristoranti e catene gourmet europee, la domanda è in crescita. L’export sostiene un settore che altrimenti rischierebbe di spegnersi, trasformando la piccola acciuga in ambasciatrice globale della Sicilia.

Resta però la contraddizione: una filiera che vive di successo all’estero, mentre a livello locale la pesca arretra. Il futuro dell’acciuga di Sciacca dipenderà dalla capacità di coniugare sostenibilità, ricerca e innovazione, senza perdere il legame con la tradizione che l’ha resa celebre.

Sciacca dunque vede il declino della pesca locale contrastare con la vitalità dell’industria conserviera e la crescita dell’export. L’acciuga resta un patrimonio vivo, ma serve una strategia per evitare che il mare siciliano perda uno dei suoi simboli.

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India, mercato ittico sotto osservazione: parte la nuova stagione

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Con il lancio di Focus Mercati, la nuova rubrica curata da Sabrina Benini, Direttore Commerciale e Responsabile Vendite Extracee/Europa di Magic Foods, Pesceinrete apre uno spazio dedicato ai movimenti dei mercati internazionali. Un osservatorio costante che offrirà aggiornamenti periodici per orientarsi tra dinamiche produttive, prezzi e flussi commerciali.

Il primo sguardo è rivolto al mercato ittico indiano, dove la stagione è appena iniziata e già mostra segnali rilevanti per la filiera globale.

Gujarat

In Gujarat, la pesca è entrata nel vivo. Le imbarcazioni stanno rientrando con calamari di piccola taglia, nelle pezzature 20/40 e 40/60, e seppioline di calibro contenuto (13/20, 20/40, 40/60). Nei carichi compaiono anche gamberi PUD, con prevalenza di 100/200 e 200/300. Una disponibilità che, pur essendo solo iniziale, indica tendenze da seguire con attenzione.

Da Mangalore a Mumbai

Più a nord, da Mangalore a Mumbai, i primi sbarchi hanno visto buoni quantitativi di calamari medio-grandi (6/10, 10/20), inviati interi verso Thailandia e Cina. Questa fase positiva si è però ridimensionata rapidamente, con un calo delle catture che ha già innescato un aumento dei prezzi della materia prima. La presenza di gamberi PUD e HLSO contribuisce a mantenere un certo equilibrio, ma la volatilità resta alta.

Kerala

Il Kerala mostra un quadro in evoluzione: si è chiuso il ciclo dei Semi Needle Squid e si è aperta la stagione dei calamari Loligo di grande pezzatura, molto richiesti sia in Asia che in Europa. In parallelo si segnalano sbarchi di seppie nelle taglie 1/2 e 2/4, gamberi Dobsoni e Stylefera, e una quota di polpetti, soprattutto 10/20. Un mix che conferma il ruolo di quest’area come hub strategico per la diversificazione delle forniture.

Costa Est

Sul versante della Costa Est, le catture si concentrano sulle seppie (1/2, 2/4 e qualche U/1), ma i volumi sono limitati e i prezzi si mantengono elevati. Le barche locali riportano anche qualche U/2. Tra le altre specie si registrano calamari Needle nelle pezzature 10/20 e 20/40 e un po’ di polpetti, con prevalenza di taglia 10/20.

Acquacoltura

Nell’acquacoltura, il Vannamei resta scarso. La produzione è in attesa di un nuovo raccolto, ma il mercato mostra stabilità grazie a una domanda internazionale attiva. Gli importatori statunitensi sono tornati a movimentare volumi, accettando compromessi sui prezzi nonostante i dazi. Anche Cina, Vietnam ed Europa confermano acquisti costanti. Diverso il discorso per il Black Tiger: la stagione è in corso, con disponibilità di taglie grandi che attraggono in modo uniforme mercati asiatici ed europei, mantenendo i listini stabili.

Il mercato ittico indiano evidenzia un inizio di stagione frammentato tra aree produttive, ma con un trend comune: la domanda internazionale resta forte e i prezzi tendono a crescere, soprattutto per calamari e seppie. La rubrica di Sabrina Benini offrirà nei prossimi appuntamenti una lettura puntuale di questi equilibri, fornendo alla filiera strumenti utili per interpretare i mercati.

Sabrina Benini, Direttore Commerciale e Responsabile Vendite Extracee/Europa di Magic Foods.

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Warming Mediterranean: Clear Signals from the Ligurian Sea

Warming Mediterranean: Clear Signals from the Ligurian Sea

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The clearest signs of a warming Mediterranean are now coming from the Ligurian Sea. In the depths, around 500 meters, the red shrimp is reappearing—a comeback that confirms how fish communities are reorganizing under thermal pressure. Speaking in an interview by Elisa Folli for Il Secolo XIX, Fabio Fiorentino, research director at IRBIM-CNR and associate at the Anton Dohrn Zoological Station, explains the trend.

Fiorentino notes that the red shrimp—long confused with the purple shrimp in commercial classifications—is returning in notable quantities. Alongside it, the white shrimp is increasing: thirty years ago it was marginal, while today it is a stable component of trawl catches. This is evidence that as deep habitats warm, they favor thermophilic species and reduce the competitiveness of those linked to colder waters.

The same dynamic is visible in pelagic populations. Sardine numbers show a marked decline, while round sardinella is filling the gap, with different implications both nutritionally and for product management. Among cephalopods, the horned octopus (historically important for Ligurian fisheries) is retreating sharply. In parallel, small octopuses (Scaeurgus unicirrhus) adapted to higher temperatures are spreading—a turnover that shifts long-standing trophic balances.

Mackerel also needs a clearer reading. Much of what reaches Italian markets comes from the Atlantic, while the “cavalla” mackerel remains the truly local species. The distinction, Fiorentino stresses, is not a detail but a substantive point, because it affects how we correctly interpret the basin’s real availability.

The most emblematic case is the boarfish. In the 1980s Ligurian trawlers landed two to three tonnes a year; today catches are down to just a few dozen kilos. This collapse expresses, better than any chart, the vulnerability of certain species once sea temperatures exceed their ecological tolerance thresholds.

Fabio Fiorentino, research director at IRBIM-CNR
Fabio Fiorentino, research director at IRBIM-CNR

These observations are consistent with the latest scientific research. According to a recent CSIC study from Barcelona, the Catalan coast has already seen cold-water species decrease and warm-affinity species increase, with direct effects on fishing profitability. Analyses published in Frontiers in Marine Science show that small pelagics in the western Mediterranean—especially sardine and anchovy—have poorer body condition in warmer, more stratified waters, reducing their resilience. In parallel, studies on the deep-water rose shrimp (Parapenaeus longirostris) confirm that temperature and depth are the main drivers of its abundance and distribution.

Against this backdrop, Fiorentino’s assessment restores to the Ligurian Sea its role as a natural laboratory. The red shrimp’s return, the rise of white shrimp, and the retreat of boarfish, horned octopus, and sardine—alongside the advance of round sardinella—are not isolated events but indicators of a basin undergoing structural change. Understanding these trajectories requires continuous monitoring, rigorous taxonomy, and a critical reading of historical time series.

The analysis will be the focus of a public event with Fiorentino at the Castiglione Chiavarese library on Friday at 5 p.m., promoted by the Pro Loco in collaboration with the Municipality.

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