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La struttura della flotta peschereccia italiana sta attraversando una trasformazione che si misura nei numeri, nelle età, nelle percentuali e nelle traiettorie degli ultimi vent’anni. È un cambiamento che incide sul ruolo dell’Italia nel sistema europeo, sulla composizione della sua forza lavoro e sulla capacità del Paese di mantenere il proprio peso all’interno delle politiche comunitarie legate alla pesca. 
I dati più recenti indicano che l’Italia conta oggi 11.676 imbarcazioni, in calo rispetto alle 14.443 del 2005. Una riduzione significativa, che tuttavia non modifica la posizione di vertice del Paese nel panorama europeo. L’Italia resta infatti la flotta più numerosa dell’Unione, rappresentando il 17,5% del totale comunitario. È un elemento di rilievo che si combina con due ulteriori indicatori tecnici: la prima posizione assoluta per potenza motore con il 18,6% del totale UE, e la terza posizione per stazza lorda, pari all’11,7%, dietro solo a Spagna e Francia.
La progressione dell’età media delle imbarcazioni rappresenta un’altra parte importante del quadro. Nel 2005 la flotta italiana aveva un’età media di 27 anni; nel 2024 la media è salita a 39,7 anni. La stessa dinamica riguarda gli equipaggi, che passano da 40 anni a 45 anni di età media. Parallelamente, il numero totale di persone imbarcate si riduce da 27.000 a 20.999, delineando un comparto che, pur mantenendo una presenza significativa, opera con un numero inferiore di addetti e con una forza lavoro mediamente più adulta.
Questi dati delineano una flotta che rimane centrale per l’Europa, ma che mostra tendenze strutturali chiare: minore consistenza numerica, incremento dell’età media dei mezzi e degli equipaggi, e una riduzione del personale imbarcato. Sono elementi che incidono sia sul funzionamento quotidiano del settore sia sulle proiezioni delle politiche comunitarie di medio periodo.
Questo quadro è stato presentato da Gilberto Ferrari, Responsabile nazionale per la pesca e l’acquacoltura Confcooperative, intervenendo a Pozzallo lo scorso 22 novembre, con l’obiettivo di offrire una fotografia aggiornata della pesca italiana e del suo posizionamento all’interno del modello europeo. Nel suo intervento, Ferrari ha richiamato anche l’Articolo 39 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, che definisce gli obiettivi della politica agricola e della pesca dell’UE: aumentare la produttività tramite il progresso tecnico, assicurare un tenore di vita equo a chi opera nel settore, stabilizzare i mercati, garantire la continuità degli approvvigionamenti e offrire prezzi ragionevoli ai consumatori.
Il confronto tra i dati italiani e gli obiettivi fissati dal Trattato fornisce un elemento utile per comprendere il dibattito che attende l’Europa. La flotta italiana sostiene una parte rilevante della capacità produttiva dell’Unione, ma lo fa in un contesto di progressivo invecchiamento e riduzione numerica, fenomeni che inevitabilmente entrano nel perimetro delle scelte politiche europee.
Dall’intervento di Ferrari emerge quindi una considerazione di fondo: l’Italia resta un attore chiave nella pesca europea, ma il profilo del settore sta cambiando in modo significativo. Ed è da questa realtà, documentata e misurabile, che passa oggi una parte importante della discussione comunitaria sul futuro della pesca.

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