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La pesca commerciale non è più soltanto un mestiere per uomini di mare, tramandato da generazioni: può diventare una vera e propria carriera moderna e qualificata per le nuove generazioni, a patto di cambiare profondamente la percezione che se ne ha oggi. Questa trasformazione non è un’idea astratta, ma una necessità concreta se si guarda al destino delle nostre comunità costiere — e se si vuole mantenere viva la filiera ittica su scala nazionale e internazionale.
Proprio da questa consapevolezza nasce la domanda che oggi attraversa l’intera economia blu europea: come rendere la pesca un percorso professionale credibile per i giovani, in un momento in cui il settore ha bisogno di nuove competenze tanto quanto di nuova energia? 
La crisi del ricambio generazionale: non un problema solo britannico
Nel Regno Unito, come sottolineato da Phil Haslam, amministratore delegato della North Atlantic Fishing Company, il numero di pescatori si è ridotto drasticamente negli ultimi decenni, mentre l’età media di chi rimane in attività è diventata sempre più alta. Questo declino preoccupa chi conosce la pesca non solo come attività produttiva, ma come tessuto sociale ed economico delle comunità costiere. Allo stesso tempo, in Italia la situazione non è molto diversa: come sottolineato da Natale Amoroso, presidente di AIC Pesca, i lunghi tempi e i vincoli burocratici rendono difficile per un giovane ottenere un’abilitazione professionale, scoraggiando così l’ingresso stabile nella marineria. Senza nuovi ingressi, la capacità produttiva delle imprese di pesca rischia di ridursi ulteriormente nei prossimi anni, con impatti diretti sulla competitività, sulla gestione delle quote e sulla sicurezza a bordo.
Questo spiega perché in molti contesti la pesca viene percepita come un lavoro “in via di estinzione”, non adatto ai giovani, e distante dalle ambizioni contemporanee legate alla tecnologia, alla sostenibilità, al progresso.
La pesca moderna: un settore dimenticato eppure strategico
Eppure, la pesca – e quando possibile l’acquacoltura – resta una colonna portante per la sicurezza alimentare, l’economia blu e le comunità costiere. A livello globale, milioni di individui lavorano nella pesca e nell’indotto, generando redditi e sostenendo intere economie locali.
Nel Regno Unito, i dati più recenti confermano che la flotta attiva continua a garantire una produzione significativa: non si tratta di un relitto del passato. Nonostante il calo del numero di imbarcazioni e di pescatori, l’attività continua a generare valore, alimentando tanto la domanda interna quanto le esportazioni, e contribuendo al mix di approvvigionamento globale di proteine marine.
Per l’Italia e per altre regioni del Mediterraneo — dove la tradizione marinaresca è radicata — il richiamo è chiaro: un rilancio del settore passa inevitabilmente da un ripensamento culturale dell’occupazione ittica.
Superare stereotipi: la pesca non è più solo “fatica e sale sul viso”
Gran parte del problema riguarda la percezione. La pesca viene spesso associata a un lavoro duro, pericoloso, esclusivamente manuale — poco adatto a chi cerca stabilità, opportunità di crescita o ambiti professionali moderni.
Ma la realtà delle flotte contemporanee è assai diversa. Le imprese oggi cercano figure specializzate: ingegneri navali, biologi marini, formatori, responsabili della logistica, analisti di dati, tecnici per la manutenzione e la sicurezza. Su molte navi — e in molti punti della filiera — la tecnologia ha un ruolo centrale: automazione, sistemi di monitoraggio, pratiche di tracciabilità, progettazione sostenibile. La pesca moderna richiede competenze interdisciplinari: competenze marittime tradizionali, certo, ma integrate con conoscenze digitali, ambientali e gestionali.
È dunque fondamentale sfidare gli stereotipi obsoleti: non si tratta più di “mestiere duro e per pochi”, ma di un settore in evoluzione che può offrire percorsi di carriera qualificati, diversificati e — soprattutto — sostenibili nel tempo.
Percorsi di ingresso e formazione: rendere la strada concreta e trasparente
Per tradurre questa trasformazione in numeri servono percorsi chiari, credibili e accessibili. In paesi come il Regno Unito, alcune imprese e istituzioni offrono apprendistati, corsi tecnici, cadet-ship e opportunità di lavoro in mare e a terra.
Allo stesso tempo, anche in Italia è urgente — e doveroso — costruire un sistema di formazione e accesso al lavoro che tenga conto delle attuali condizioni dell’economia costiera: stagionalità, dimensione delle imbarcazioni, esigenze di flessibilità, ma anche di stabilità e professionalità. Senza questo, ogni tentativo di rigenerare la flotta rischia di restare sulla carta.
Perché conviene investire su una nuova generazione di pescatori
Investire sul reclutamento dei giovani non è un gesto nostalgico né un tributo alla tradizione: è una scelta strategica, economica e ambientale. Una forza lavoro giovane, formata e motivata può:
- garantire continuità e ricambio generazionale, salvaguardando l’esperienza marittima;
- aumentare l’efficienza operativa grazie a competenze tecniche e tecnologiche;
- promuovere pratiche di pesca responsabile e sostenibile, in linea con le esigenze ambientali e di mercato;
- dare nuova vita alle comunità costiere, rafforzando l’economia locale, l’occupazione e la qualità del prodotto fino al consumatore finale.
Oggi più che mai, la pesca – vista come parte di un progetto più ampio di economia blu, sviluppo territoriale e sostenibilità — può rappresentare un’opportunità concreta, per i giovani e per il settore.
Dal Regno Unito all’Italia: una sfida comune e urgente
Le lezioni che arrivano da oltre Manica sono utili anche per i nostri porti e le nostre marinerie. Come ha dichiarato Amoroso, “senza giovani, il mare rischia di restare senza futuro”.
Per l’Italia questa non è solo un’emergenza occupazionale, ma una questione di sopravvivenza economica e culturale. Servono politiche mirate, semplificazione amministrativa, percorsi formativi contemporanei e un’azione concertata tra istituzioni, imprese, scuole e comunità.
Se si riuscirà a cambiare la percezione della pesca — da mestiere arcaico a carriera moderna e qualificata — si potrebbe invertire la rotta: dal rischio di declino al rilancio di un settore fondamentale, capace di guardare al futuro con competenza, passione e responsabilità.
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