Falcone: “Ridotta la distanza tra Ue e pescatori siciliani”

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“Ringrazio il commissario Kostas Kadis per l’invito e la straordinaria occasione di portare la Sicilia e i temi della pesca siciliana e insulare a Bruxelles. Oggi apriamo un nuovo percorso finalmente fondato sull’ascolto e sul dialogo tra i pescatori e la Commissione Europea. Primo di tutto vogliamo creare un nuovo approccio positivo, nel governo della pesca, fondato su un forte collegamento fra Bruxelles e le comunità locali. Quella distanza che prima era percepita come siderale oggi inizia a ridursi. Contiamo di avere i primi segnali nel nuovo Bilancio UE 28/34, dove ci saranno anche due miliardi in più per le priorità di pesca e acquacoltura al di fuori della dotazione organica, su cui lavoreremo in Parlamento”.

Lo ha affermato il vice capo delegazione di Forza Italia nel Gruppo PPE al Parlamento Europeo, Marco Falcone, nel corso dell’incontro odierno a Bruxelles fra una rappresentanza delle Marinerie siciliane e il Commissario europeo alla Pesca Kostas Kadis. Presenti al meeting il presidente della provincia di Trapani Salvatore Quinci e l’ex sindaco di Sciacca Fabrizio Di Paola, Franco Catanzaro di Federcopesca, Maurizio Giacalone per l’OP Blue Sea del Gambero Rosso di Mazara del Vallo (TP), Giuseppe Tramati per la pesca del tonno con il sistema del palangaro e Stefano Soldano per le marinerie pesca pelagica a coppia di Sciacca.

“Mi sento molto vicino alla Sicilia, ai pescatori siciliani – così ha affermato il commissario Kadis, di origine cipriota, all’avvio del meeting – perché tutte le comunità del Mediterraneo sono sorelle in quanto condividono una comune identità e comuni interessi. Siamo impegnati a elaborare soluzioni sostenibili per il futuro e la resilienza della pesca siciliana. La Commissione vuole far tesoro delle vostre indicazioni per garantire lo sviluppo locale ed essere connessa alle comunità costiere. Stiamo lavorando, assieme al Commissario alla Coesione Raffaele Fitto – ha preannunciato poi Kadis – a una nuova Strategia UE di sviluppo per le comunità costiere e isolane”. 

“Abbiamo portato all’attenzione della Commissione, nel corso del proficuo incontro – sottolinea l’eurodeputato Falcone – i principali temi che minacciano la sostenibilità economica e ambientale dell’attività di marinerie storiche come Mazara del Vallo, Sciacca, Trapani, Marsala. Inoltre – aggiunge Falcone – abbiamo sollevato il problema della concorrenza sleale dei paesi rivieraschi come Tunisia e Libia: peschiamo sullo stesso mare, commerciamo lo stesso prodotto, ma abbiamo regole diverse. Kadis si è impegnato ad aumentare i controlli dell’EFCA e ribadito di voler rilanciare, con l’aiuto dei pescatori, il ruolo della Commissione generale per la pesca nel Mediterraneo nella cooperazione con il nord Africa. Ulteriore nuovo slancio dovranno avere, in aggiunta, i controlli sulle zone di nursery nel Canale di Sicilia. Le nostre marinerie hanno chiesto a Kadis di avviare una vera e propria indagine scientifica su quei mari, dove si registra un aumento delle specie che predano il gambero e il merluzzo. Infine, più attenzione sull’efficacia degli aiuti economici dell’Ue che devono essere sempre più mirati alle aziende che effettivamente praticano la pesca, scongiurando dispersioni“.

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Marine heatwaves in the Mediterranean: risks for fisheries

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The Mediterranean Sea has never been so warm and unpredictable. Marine heatwaves in the Mediterranean are becoming a new structural factor that affects ecosystems and human activities, particularly fisheries and aquaculture.

The Copernicus Ocean State Report 9, published in September, depicts a basin warming faster than the global average: +0.41 °C per decade since 1982, with even higher values in the Aegean, Levantine and Adriatic Seas. These are not just figures: behind them lie Italian production chains at risk of losing stability, profitability and future prospects.

From the Po Delta to Sicily: two emblematic emergencies

Between 2022 and 2023, the Mediterranean experienced the longest marine heatwave of the past forty years, with temperatures up to 4.3 °C above average. In the Po Delta, the impact was devastating: clam farming recorded production collapses of up to 100%. To make matters worse, the spread of the invasive blue crab took advantage of the new conditions to consolidate its presence.

In Sicily, another threat became concrete. The expansion of the bearded fireworm, favored by warmer waters, has affected biodiversity, small-scale fisheries, and even human health. Two emblematic cases that show how climate change is no longer a theoretical issue, but a factor altering the economic and social balance of the Mediterranean seafood sector.

Mediterranean aquaculture under pressure

While fisheries pay the price for ecological transformations, aquaculture is under equally strong pressure. In 2024, 17% of European shellfish farms were hit by extreme heatwaves. All ocean regions adjacent to countries producing more than 5,000 tons annually now show warming and acidification above the global average.

For Italy, where shellfish farming is a cornerstone of the sector, these figures mean direct risks for businesses, cooperatives and employment. Rising temperatures reduce yields and alter product quality, while acidification threatens bivalve life cycles.

Policy and management: the time to act is now

The message of OSR9 is clear: awareness is not enough, operational responses are needed. At the European level, the Restore Our Ocean and Waters 2030 Mission aims to strengthen monitoring, innovation and governance. For Italy, the challenge is to integrate this data into practical management, from aquaculture concessions to fisheries plans, and even climate risk insurance strategies.

The most innovative tool introduced by the report is the Starfish Barometer, a dashboard that will annually monitor the health of the ocean and human pressures. A useful basis for more informed policies, but also for businesses and associations that need to recalibrate their models.

Marine heatwaves in the Mediterranean are not a passing event, but a new context the Italian seafood industry must learn to live with. Ignoring them means leaving businesses and coastal communities exposed to increasingly frequent shocks. Facing them with data and strategies, instead, means transforming a crisis into an opportunity for adaptation and resilience.

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Merluzzo, l’Italia tra consumi in crescita e dipendenza dalle importazioni

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L’ultimo case study EUMOFA mette in evidenza una realtà ormai consolidata: l’Italia è uno dei principali mercati europei per il merluzzo, ma non dispone di stock propri e deve affidarsi in larga parte alle importazioni.

Il consumo di questa specie, che nel nostro Paese affonda le radici nella tradizione gastronomica del baccalà e dello stoccafisso, si è evoluto negli ultimi anni, adattandosi alle abitudini moderne. Oggi i filetti congelati e i prodotti trasformati a base di merluzzo sono una presenza costante nei supermercati italiani, segno di un apprezzamento che va oltre la stagionalità e tocca ogni fascia di consumo.

Secondo EUMOFA, i flussi che alimentano questo mercato provengono quasi interamente dal Nord Atlantico. La Norvegia è il partner più importante, in grado di garantire continuità e qualità, grazie a una gestione sostenibile degli stock che ha reso il merluzzo norvegese un marchio di affidabilità in tutta Europa. Il Norwegian Seafood Council, che monitora costantemente questi trend, conferma l’Italia come uno dei mercati più dinamici e ricettivi, con una domanda stabile e diversificata.

Il quadro che emerge è quello di un Paese che consuma molto, ma che resta fortemente dipendente dall’estero. Una dipendenza che può rappresentare una vulnerabilità se le rotte globali si fanno più instabili, ma che al tempo stesso diventa un’opportunità quando il legame con fornitori come la Norvegia garantisce sicurezza e continuità.

L’Italia, dunque, non è produttore di merluzzo ma resta uno snodo cruciale della filiera europea: un mercato in cui tradizione e modernità convivono, e che trova nel Nord Atlantico la chiave per soddisfare la propria domanda.

Foto: Norwegian Seafood Council

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UE–Algeria, Falcone rilancia la BEI: opportunità per la blue economy

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Nel corso dell’Assemblea parlamentare congiunta UE–Algeria tenutasi ieri a Bruxelles, Marco Falcone ha formulato un appello chiaro: “Per aprire un nuovo corso nei rapporti con l’Algeria e con l’intero Maghreb, l’Europa deve assumere un ruolo attivo nei processi di sviluppo e stabilizzazione dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo. In questa direzione abbiamo lanciato l’idea di un’iniziativa parlamentare a Bruxelles per rafforzare il ruolo della Banca europea degli investimenti a sostegno degli imprenditori europei che intendono aprirsi ai mercati del Nord Africa”.

Ha aggiunto: “Gli investimenti significano crescita e innovazione, e la crescita è a sua volta un fattore decisivo di stabilità sociale. Si tratta quindi non solo di un’opportunità economica, ma di una scelta di interesse storico e geopolitico a cui l’Unione europea deve guardare con la massima attenzione. Forza Italia e il Gruppo PPE lavoreranno per sbloccare nuove risorse e sostenere concretamente questo percorso”.

Che ruolo può giocare la BEI

La Banca europea per gli investimenti (BEI) è l’istituzione dell’Unione europea incaricata di sostenere progetti che favoriscano crescita, coesione e trasformazioni infrastrutturali. Negli ultimi anni ha dedicato attenzione a iniziative ambientali e marittime, con strumenti volti alla tutela dei mari e allo sviluppo sostenibile.

Falcone, richiamando la BEI, propone di indirizzare tali strumenti verso progetti nel Nord Africa, offrendo un sostegno finanziario agli imprenditori europei che intendono operare in paesi come l’Algeria, Tunisia o Marocco.

Implicazioni per il settore ittico

Il richiamo al sostegno BEI agli investimenti nel Maghreb acquista rilievo se guardato attraverso le lenti della blue economy mediterranea:

  • Stabilità politica ed economica nel Maghreb può ridurre i rischi di interruzioni nelle rotte commerciali del pescato e nelle importazioni mediterranee.
  • L’apertura di investimenti infrastrutturali marittimi, portuali e logistici può favorire partnership italo-algerine in trasformazione, refrigerazione e trasporto del pescato.
  • Il miglioramento ambientale delle coste (depurazione, tutela delle acque costiere) ha ricadute dirette sulla qualità biologica delle zone di pesca.

Ma per trasformare le parole in fatti serve un piano concreto. Occorre che i progetti siano ben concepiti, che si superino ostacoli burocratici e che si garantisca trasparenza nel processo decisionale.

La dichiarazione di Falcone offre un punto di partenza interessante per il settore ittico: dare spazio al sostegno BEI agli investimenti nel Maghreb significa guardare alle relazioni UE–Algeria come opportunità concreta per la blue economy. Perché l’idea si traduca in benefici concreti per la filiera ittica mediterranea serviranno governance chiara, tempi certi e progetti realmente operativi.

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Creatività nel settore ittico: da strumento di marketing a leva strategica

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Nel dibattito economico globale, la creatività è sempre più vista come motore di valore. Anche il settore ittico si trova oggi a dover affrontare questa sfida: la creatività non è più una dimensione accessoria, ma un fattore determinante per rafforzare la reputazione, costruire fiducia e distinguersi in un mercato competitivo.

Perché la creatività è diventata urgente

A Milano, durante l’ultima edizione di Creativity4Better, esperti internazionali hanno evidenziato come innovazione, narrazione e inclusione siano leve in grado di trasformare le aziende in organizzazioni resilienti. Una lezione che riguarda da vicino la filiera ittica.

Il consumatore contemporaneo, infatti, non si accontenta della qualità intrinseca del prodotto. Vuole conoscere la provenienza, i processi di lavorazione, l’impatto ambientale e sociale delle produzioni. In questo contesto, la creatività nel settore ittico è chiamata a costruire un racconto coerente e verificabile, capace di affiancare i dati alla capacità di coinvolgere emotivamente.

Storytelling e packaging: quando la forma diventa sostanza

Negli ultimi anni alcuni player della filiera hanno già sperimentato con successo percorsi narrativi. Pensiamo al caso delle aziende di conserve spagnole che hanno puntato su packaging distintivi e storytelling territoriale, trasformando un prodotto tradizionale in un oggetto di lifestyle.

Anche in Italia emergono segnali interessanti. Alcune cooperative siciliane hanno valorizzato la storia dei pescatori e la tracciabilità delle catture come elementi centrali della comunicazione. Qui la creatività non è decorazione, ma strumento operativo per trasmettere trasparenza e identità culturale.

Accessibilità e fiducia: non più opzioni

La spinta verso l’inclusione e l’accessibilità non riguarda solo le big tech, ma investe anche il settore agroalimentare. Etichette leggibili, informazioni chiare sul metodo di pesca e indicazioni pratiche di utilizzo diventano fattori competitivi.

Il packaging inclusivo, ad esempio, non serve solo a rispondere a requisiti normativi, ma amplia il bacino di consumatori, rafforza la fiducia e riduce i rischi di incomprensione. Nel settore ittico, dove trasparenza e sicurezza alimentare restano temi centrali, la creatività diventa un supporto per rafforzare la fiducia del consumatore..

Dal digitale al banco del pesce: continuità necessaria

La comunicazione non si gioca più su un unico canale. La filiera ittica deve saper integrare strategie digitali, campagne social e presenza fisica nei punti vendita. Video brevi che mostrano il lavoro a bordo, QR code che rimandano a schede dettagliate, narrazioni coordinate tra online e scaffale della GDO: tutto questo contribuisce a creare un’esperienza coerente.

Un consumatore che riconosce il marchio sullo smartphone e poi lo ritrova al banco, con le stesse informazioni chiare e rassicuranti, è più incline alla scelta e al riacquisto. Senza questa continuità, la fiducia si interrompe e l’investimento comunicativo perde efficacia.

Un’agenda per il futuro della filiera

Trasformare queste intuizioni in pratica richiede metodo. La creatività nel settore ittico deve poggiare su tre pilastri: governance dei messaggi lungo tutta la filiera, misurazione dei risultati e investimenti mirati in competenze.

Non servono grandi campagne spot, ma progetti continuativi che parlino di sostenibilità reale, sicurezza alimentare, innovazione nei processi e valore delle comunità locali. Il settore ha storie autentiche e potenti, ma spesso disperse. Organizzarle, raccontarle e sostenerle con dati certificati è oggi la vera sfida competitiva.

La lezione che arriva dal confronto internazionale sulla comunicazione è chiara: creatività, inclusione e narrazione non sono slogan, ma strumenti strategici. Per il settore ittico, il tempo delle sperimentazioni isolate è finito. È il momento di adottare un linguaggio comune, credibile e accessibile, che sappia raccontare la forza della filiera e al tempo stesso generare valore per le imprese, per i territori e per i consumatori.

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