Conxemar 2025: la bussola del frozen seafood europeo

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Nel cuore dell’autunno commerciale, gli operatori del settore guardano a un appuntamento chiave: Conxemar 2025. Dal 7 al 9 ottobre, l’Instituto Ferial de Vigo (IFEVI) apre le porte a una delle fiere più influenti al mondo per i prodotti ittici surgelati. La vigilia, il 6 ottobre, sarà dedicata al Congresso internazionale, momento di confronto tra istituzioni, imprese e organismi come la FAO, che già nelle passate edizioni ha legato i lavori agli Obiettivi di sviluppo sostenibile e al rapporto SOFIA.

Perché Conxemar è centrale

Il settore del frozen seafood vive di pianificazione anticipata. Le forniture che si discutono a Vigo hanno un impatto diretto sui mercati europei negli ultimi mesi dell’anno e oltre. Non a caso, la fiera richiama un pubblico internazionale sempre più ampio: nel 2024 i visitatori sono stati oltre 27.000, provenienti da 110 Paesi, a testimonianza di una centralità che non conosce flessioni. La superficie espositiva, arrivata a 37.000 metri quadrati, è stata saturata e più di 80 aziende sono rimaste escluse per mancanza di spazio, con un potenziale economico stimato in oltre 113 milioni di euro non realizzati.

Numeri e logistica di un hub europeo

La macchina organizzativa di Conxemar è collaudata. Gli orari restano quelli ormai consolidati: dalle 10 alle 18 il 7 e l’8 ottobre, chiusura anticipata alle 16 giovedì 9. La fiera è riservata esclusivamente a operatori professionali, con controlli d’accesso severi e ticket acquistabili in sede per chi non dispone di inviti. Gli spostamenti da e per l’IFEVI sono agevolati da un servizio navetta gratuito, mentre Bives Tour, agenzia ufficiale, gestisce pernottamenti e trasporti.

La crescita degli ultimi anni ha sollevato anche un tema politico ed economico: la necessità di ampliare ulteriormente l’area fieristica. Nel rapporto di impatto socioeconomico 2024, la fiera è stata valutata capace di generare 847 milioni di euro per il territorio, ma la domanda eccedente lo spazio disponibile ha mostrato i limiti infrastrutturali. Una questione che resta aperta e che pesa sulle strategie di lungo termine.

L’Italia a Vigo: opportunità e posizionamento

Per le imprese italiane della trasformazione e della distribuzione, Conxemar 2025 a Vigo è molto più di una vetrina. È l’occasione per confrontare trend, stringere accordi, leggere i segnali di prezzo del quarto trimestre e individuare finestre di esportazione. I buyer internazionali arrivano con agende fitte e decisioni spesso rapide: la capacità di presentarsi con referenze pronte, packaging mirato e logistica affidabile diventa un vantaggio competitivo.

Chi lavora nei segmenti ready to eat, piatti pronti o referenze premium trova un terreno fertile. La mappa espositori e l’app ufficiale, sempre più utilizzate dai visitatori, permettono di ottimizzare il tempo tra gli stand, mentre i contatti diretti restano l’elemento decisivo per concretizzare contratti e test di mercato.

Conxemar non è una semplice fiera di settore: è un termometro, un’arena dove domanda e offerta si incontrano e si misurano con i vincoli globali della sostenibilità e con la pressione dei mercati. Per l’Italia, la tre giorni di Vigo rappresenta un banco di prova e un’opportunità da non trascurare, soprattutto in vista delle programmazioni per il 2026.

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Falcone: “Venerdì le marinerie siciliane a Bruxelles dal Commissario Kadis”

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“Questo venerdì una delegazione delle Marinerie siciliane sarà a Bruxelles e verrà ricevuta dal Commissario europeo alla Pesca, Kostas Kadis. Portiamo così al tavolo europeo il grido d’aiuto dei nostri pescatori e le istanze di un intero settore che chiede non solo protezione, ma anche opportunità di rilancio. Un confronto reso possibile grazie al lavoro di raccordo che abbiamo compiuto in Parlamento e alla disponibilità che il Commissario ha dimostrato nei nostri confronti”.

Lo dichiara l’eurodeputato Marco Falcone, vice capo delegazione di Forza Italia nel Gruppo PPE al Parlamento europeo e membro della Commissione Pesca, che venerdì 3 ottobre guiderà la delegazione al Palazzo Berlaymont di Bruxelles.

“Alla missione – prosegue Falcone – prenderanno parte anche Salvatore Quinci, sindaco di Mazara del Vallo e presidente della Provincia di Trapani, e l’ex sindaco di Sciacca Fabrizio Di Paola, a testimonianza di una forte presenza istituzionale e territoriale accanto al comparto pesca. Inoltre, saranno rappresentate le ragioni dei diversi settori della pesca siciliana – dal gambero rosso al tonno, fino alla pesca pelagica a coppia – grazie alla partecipazione diretta dei delegati da Sciacca, Trapani, Marsala, Mazara”.

“Intendiamo avviare – spiega ancora l’azzurro – un confronto diretto e costruttivo con Kadis e la Commissione, ponendo al centro le questioni più urgenti: dalle risorse che rimpiazzeranno il Feampa, alle quote gamberi fino alle norme sullo strascico e alla situazione nel Canale di Sicilia. La pesca di Sicilia e del Mediterraneo deve tornare protagonista in Europa”, conclude l’eurodeputato azzurro.

 

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Italy’s Mussel Market: Trends from EUMOFA Report

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The latest EUMOFA case study offers a clear snapshot of the Italian mussel market, a sector that still holds a leading role in Europe but shows contrasting signals.

Declining production

Italy is currently the second-largest European producer of mussels, accounting for 17% of total EU output, behind Spain, which leads with 45%. Over the long term, however, Italian mussel farming has been losing momentum: between 2014 and 2023, volumes fell by 10%. This decline is less severe than Spain’s, yet still significant for a sector that has always been a pillar of Italy’s maritime tradition.

Rising imports

On the supply side, Italy ranks as the third European market by value for mussel imports from non-EU countries, with 13% of the EU total. Between 2020 and 2024, imports rose by 8% in value, reflecting the growing dependence on extra-European flows, particularly driven by supplies from Chile.

Competitive exports

While domestic production retreats, Italy is strengthening its export position. With 11% of the value of extra-EU exports, the country ranks second in Europe after Spain and ahead of France. Switzerland, the United States, and the United Kingdom remain key markets, continuing to absorb Italian mussels both fresh and processed.

Intra-EU trade: a stable market

Within the EU, Italy stands among the main destinations, accounting for 14% of total intra-community trade value. This figure confirms the vitality of domestic demand, still strongly tied to the consumption of live and fresh mussels, typical of Mediterranean tradition.

A challenge for the future

Italy therefore remains a central player in Europe’s mussel trade flows, even as it faces a decline in domestic production. The sector’s dual challenge lies in supporting national mussel farming through innovation and sustainability while consolidating its strategic position in the import-export dynamics that make the country a key hub in the Mediterranean.

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Mediterraneo bollente, pesca e acquacoltura italiane nel mirino delle ondate di calore

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Il Mar Mediterraneo non è mai stato così caldo e imprevedibile. Le ondate di calore marine nel Mediterraneo stanno diventando un nuovo fattore strutturale che condiziona ecosistemi e attività umane, in particolare pesca e acquacoltura.

Il Copernicus Ocean State Report 9, pubblicato a settembre, fotografa un bacino che si riscalda più della media globale: +0,41 °C per decennio dal 1982, con valori ancora più elevati in Egeo, Levantino e Adriatico. Non si tratta solo di numeri: dietro ci sono filiere produttive italiane che rischiano di perdere stabilità, redditività e futuro.

Dal Delta del Po alla Sicilia: due emergenze simbolo

Tra il 2022 e il 2023, il Mediterraneo ha registrato la più lunga ondata di calore marina degli ultimi quarant’anni, con temperature fino a 4,3 °C sopra la norma. Nel Delta del Po, l’effetto è stato devastante: le venericolture hanno visto crolli produttivi fino al 100%. A rendere la situazione più drammatica è stato il dilagare del granchio blu, specie invasiva che ha approfittato delle nuove condizioni ambientali per consolidare la propria presenza.

Spostandosi in Sicilia, un’altra minaccia si è fatta concreta. L’espansione del vermocane barbuto, favorito dalle acque più calde, ha colpito biodiversità, piccola pesca e persino la salute umana. Due casi emblematici che mostrano come il cambiamento climatico non sia più un tema teorico, ma un fattore che altera gli equilibri economici e sociali della filiera ittica mediterranea.

Acquacoltura mediterranea sotto pressione

Se la pesca paga gli effetti delle trasformazioni ecologiche, l’acquacoltura vive una pressione altrettanto forte. Nel 2024, il 17% degli allevamenti di molluschi europei è stato colpito da ondate di calore estreme. Tutte le regioni oceaniche adiacenti ai Paesi con produzioni superiori a 5.000 tonnellate annue mostrano oggi riscaldamento e acidificazione sopra la media globale.

Per l’Italia, dove la molluschicoltura rappresenta un asse portante del comparto, queste cifre significano rischi diretti per imprese, cooperative e occupazione. L’aumento delle temperature riduce la resa e altera la qualità del prodotto, mentre l’acidificazione minaccia i cicli vitali dei bivalvi.

Politica e gestione: la partita si gioca ora

Il messaggio dell’OSR9 è chiaro: non basta la consapevolezza, servono risposte operative. A livello europeo, la Missione Restore Our Ocean and Waters 2030 punta a rafforzare monitoraggi, innovazione e governance. Per l’Italia la sfida è integrare questi dati nella gestione concreta, dalle concessioni in acquacoltura ai piani di pesca, fino alle strategie assicurative per coprire i rischi climatici.

Lo strumento più innovativo introdotto dal report è lo Starfish Barometer, un cruscotto che ogni anno fotograferà lo stato di salute dell’oceano e le pressioni umane. Una base utile per politiche più informate, ma anche per imprese e associazioni che devono ricalibrare i propri modelli.

Le ondate di calore marine nel Mediterraneo non sono un evento passeggero, ma un nuovo contesto con cui la filiera ittica italiana deve imparare a convivere. Ignorarle significa lasciare imprese e comunità costiere esposte a shock sempre più frequenti. Affrontarle con dati e strategie significa, invece, trasformare una crisi in un’opportunità di adattamento e resilienza.

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Fermo pesca nel Tirreno e nello Ionio, Coldiretti: “Pesce italiano garantito”

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È scattato oggi 1 ottobre il fermo pesca nel Tirreno e nello Ionio, con lo stop alle attività a strascico che durerà fino al 30 ottobre. La misura, prevista dal nuovo calendario del fermo biologico, riguarda anche le isole, mentre in Adriatico le marinerie hanno ripreso le uscite in mare dopo il blocco tra luglio e agosto.

Secondo Coldiretti Pesca, nonostante la sospensione temporanea delle flotte coinvolte, sulle tavole italiane il pesce nazionale non mancherà. A garantire continuità ci penseranno la piccola pesca costiera, le draghe, l’acquacoltura e le zone non soggette a fermo.

L’Italia sempre più dipendente dall’import

Il fermo pesca nel Tirreno e nello Ionio riporta al centro un dato strutturale: negli ultimi quarant’anni la dipendenza dell’Italia dalle importazioni ittiche è cresciuta dal 30% al 90% del consumo complessivo.

Nel 2024 sono arrivati nel nostro Paese circa 840 milioni di chili di pesce straniero, a fronte di una produzione interna di appena 130 milioni di chili. Numeri che confermano come il mercato nazionale viva sempre più legato alle dinamiche internazionali, con ricadute dirette su prezzi, disponibilità e competitività della filiera.

Etichette e stagionalità come strumenti di scelta

Coldiretti invita i consumatori a leggere con attenzione le etichette in pescherie e supermercati per distinguere l’origine del pesce e fare scelte consapevoli. Una corretta informazione consente di sostenere il prodotto nazionale e ridurre la pressione dell’import.

Seguire la stagionalità resta fondamentale: in questo periodo i mari italiani offrono una grande varietà di specie tra cui alici, sarde, sgombri, sugarelli, ricciole, cefali, triglie, gallinelle, scorfani, seppie, calamari e polpi. Più difficile invece trovare merluzzi, naselli, sogliole e rombi, più frequentemente provenienti dall’estero.

Una misura biologica con risvolti economici

Il fermo pesca nel Tirreno e nello Ionio è una misura pensata per salvaguardare gli stock ittici, ma al tempo stesso mette in luce le fragilità strutturali della produzione nazionale. Per la filiera italiana, il tema non è soltanto garantire sostenibilità ambientale, ma anche rafforzare le basi produttive e ridurre l’eccessiva dipendenza dai mercati esteri.

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