Private label e brand: nuove geometrie nella distribuzione

 [[{“value”:”

Equilibrio tra retail e private label: è questo il punto focale attorno a cui ruota il nuovo report 2025 di NIQ, dedicato all’evoluzione del rapporto tra marche industriali e prodotti a marchio del distributore. Un’analisi strategica che coinvolge direttamente anche il comparto ittico, oggi pienamente inserito nelle logiche della distribuzione moderna e dei consumi post-inflazione.

La crescita delle private label ridefinisce gli assetti

Il report “Finding Harmony on the Shelf” offre un’ampia panoramica sulle dinamiche globali tra prodotti branded e private label. A livello mondiale, le private label nel settore food & beverage crescono con un CAGR stimato del 6,6% fino al 2028.

Questa tendenza ridisegna l’equilibrio tra retail e private label: i distributori non solo ampliano le linee a marchio proprio, ma ne curano assortimento, branding e comunicazione, rendendole sempre più competitive.

Nel settore ittico, il fenomeno si riflette in modo concreto: affumicati, conserve, surgelati e piatti pronti rientrano a pieno titolo nelle categorie a forte trazione MDD. Il buyer si trova oggi davanti a un portafoglio più complesso, dove il marchio del distributore può incidere sull’allocazione degli spazi e sul pricing di riferimento.

Valore, percezione e coesistenza strategica

Il cuore dell’analisi NIQ risiede nel concetto di coesistenza tra le due anime della distribuzione. Il 69% dei consumatori percepisce le private label come un buon valore per il denaro, mentre il 68% le considera alternative valide ai brand noti.

Questa evoluzione della percezione ha un impatto diretto sul comparto ittico, storicamente legato a concetti di qualità, origine, artigianalità e tracciabilità. Oggi, però, anche questi valori possono essere interpretati in chiave MDD, aprendo a nuove sfide per i produttori.

L’equilibrio tra retail e private label si gioca su leve strategiche diverse: mentre le MDD si focalizzano su disponibilità e prezzo, i brand industriali devono puntare su assortimento distintivo, storytelling e posizionamento premium.

Il ruolo del retail media nella nuova dinamica

NIQ evidenzia un elemento chiave nella ridefinizione dell’equilibrio tra retail e private label: l’ascesa dei Retail Media Network (RMN). Si tratta di piattaforme pubblicitarie interne ai grandi retailer, che consentono campagne digitali integrate e targettizzate.

Per i produttori ittici, questo rappresenta un terreno fertile per valorizzare prodotti branded in un contesto dominato da logiche promozionali e algoritmi di suggerimento. Le collaborazioni con la GDO possono evolversi in co-promozioni capaci di far crescere l’intera categoria, anziché creare competizione diretta.

L’analisi NIQ dimostra che quando le MDD attirano traffico, anche i prodotti branded beneficiano dell’aumento generale della domanda: il caso del pesce affumicato, indicato nel report come categoria cresciuta anche grazie alle private label, ne è un esempio concreto.

L’equilibrio tra retail e private label non è più uno scenario ipotetico, ma una realtà da comprendere e governare. Nel comparto ittico, questo significa riconoscere il ruolo crescente delle MDD, ma anche consolidare la posizione dei brand attraverso innovazione, tracciabilità e alleanze intelligenti con i canali distributivi.

In un mercato fluido e ipercompetitivo, Pesceinrete continuerà a fornire chiavi di lettura strategiche per aiutare imprese, buyer e stakeholder a navigare nel cambiamento.

 

L’articolo Private label e brand: nuove geometrie nella distribuzione proviene da Pesceinrete.

“}]] ​ 

AI e data center green: opportunità per il settore ittico

 [[{“value”:”

L’intelligenza artificiale e l’espansione dei data center stanno ridefinendo gli equilibri dell’economia globale. Anche la filiera ittica si trova oggi al centro di questa transizione, chiamata a integrare soluzioni digitali evolute per rispondere alle sfide della tracciabilità, dell’efficienza e della sostenibilità.

La crescente diffusione di applicazioni basate sull’AI e sul cloud ha determinato un aumento significativo nella domanda di connettività e capacità di calcolo. Questo fenomeno riguarda anche il comparto ittico, sempre più orientato verso sistemi digitali per la certificazione dei prodotti, la gestione logistica, la qualità dei dati e la valorizzazione del pescato.

Secondo i dati di Terna, il consumo energetico legato ai data center in Italia è aumentato di oltre 40 volte dal 2021. Questo dato impone una riflessione strategica anche per le imprese della blue economy: come gestire in modo sostenibile la crescente mole di dati generata da automazione, sensori IoT, piattaforme di tracciabilità e modelli predittivi?

In questo contesto, tecnologie di storage intelligente e infrastrutture modulari a basso impatto ambientale possono offrire una risposta concreta. È il caso di aziende come Infinidat, che propongono soluzioni enterprise avanzate per la gestione dei dati, combinando efficienza energetica, resilienza informatica e intelligenza artificiale integrata. Il recente supporto dell’azienda alle architetture Retrieval-Augmented Generation (RAG) rappresenta un passo avanti nella capacità di valorizzare i dati aziendali interni all’interno dei modelli di AI generativa, migliorando la precisione delle informazioni e l’affidabilità dei processi decisionali.

L’adozione di architetture AI-driven consente, ad esempio, di ottimizzare la supply chain, ridurre gli sprechi, migliorare la qualità del servizio e gestire in tempo reale i dati relativi a lotti, temperature, certificazioni e logistica. Tecnologie come la RAG permettono infatti ai modelli linguistici generativi di accedere a database aziendali proprietari, offrendo risposte contestualizzate, autorevoli e aggiornate.

La capacità di archiviare, proteggere e rendere accessibili questi dati in tempo reale è oggi una leva strategica per tutte le applicazioni AI-driven, comprese quelle che stanno emergendo anche nel settore ittico. Dalla logistica alla sostenibilità ambientale, dalla gestione del rischio alla customer experience, l’intelligenza artificiale può trasformare il modo in cui le imprese del mare affrontano il mercato.

L’evoluzione digitale della filiera ittica non è più solo una questione di competitività: è una risposta necessaria ai nuovi standard di trasparenza, efficienza e responsabilità richiesti dalla distribuzione e dai consumatori.

Il settore ittico è chiamato ad affrontare la transizione digitale con strumenti avanzati di gestione dei dati e AI. Le infrastrutture di storage sostenibili e intelligenti rappresentano una risorsa strategica per la tracciabilità, l’efficienza e la competitività delle imprese della blue economy.

Seguire l’innovazione è un modo per proteggere il valore del mare. Pesceinrete continuerà a monitorare le soluzioni digitali che possono fare la differenza per la filiera ittica.

L’articolo AI e data center green: opportunità per il settore ittico proviene da Pesceinrete.

“}]] ​ 

Mangimi ittici, Assograssi chiede l’uso delle PAT da ruminante

 [[{“value”:”

Durante il convegno “Dalla terra al mare”, organizzato a Roma, Assograssi ha rilanciato l’appello alle istituzioni europee per rimuovere le restrizioni ancora in vigore sull’uso delle Proteine Animali Trasformate (PAT) da ruminante nei mangimi destinati all’acquacoltura a beneficio della sostenibilità dell’acquacoltura italiana.

In pratica, si tratta di abolire il divieto di impiegare nei mangimi ittici le proteine ottenute da sottoprodotti di bovini e ovini — un divieto imposto oltre vent’anni fa in risposta all’emergenza BSE (mucca pazza) e che oggi molti considerano superato. Le PAT da suino e pollame sono già utilizzate negli allevamenti ittici europei, ma quelle da ruminante restano escluse, nonostante siano sottoposte a rigidi controlli e trattamenti termici che ne garantiscono la sicurezza.

Secondo Paolo Valugani, presidente di Assograssi, l’impiego delle PAT da ruminante consentirebbe una riduzione dei costi di produzione, un minore ricorso all’importazione di farine di pesce e proteine vegetali, e una maggiore sostenibilità dell’intero comparto. L’esperienza norvegese, dove l’agenzia per la sicurezza alimentare ha chiesto alla Commissione Europea una nuova valutazione scientifica sulla questione, mostra quanto il tema sia centrale anche a livello internazionale.

Il settore dell’acquacoltura, che in Italia conta oltre 800 siti produttivi per un valore superiore ai 400 milioni di euro, utilizza già proteine trasformate da suino e avicolo, ma non in quantità sufficienti a coprire il fabbisogno. Come ha spiegato Andrea Fabris, direttore generale dell’Associazione Piscicoltori Italiani (API), i pesci allevati sono animali carnivori, e una dieta basata su proteine animali garantisce migliori performance nutrizionali, fisiologiche e di benessere.

L’apertura alle PAT da ruminante rafforzerebbe anche il principio di economia circolare, valorizzando i sottoprodotti di origine animale e dando nuova linfa al comparto del rendering, che in Italia ha trasformato nel 2024 oltre 1,4 milioni di tonnellate per un fatturato superiore ai 700 milioni di euro.

L’adozione su larga scala di questa materia prima potrebbe incidere positivamente su tutta la filiera: dai produttori di mangimi ai piscicoltori, fino al consumatore finale, con una maggiore trasparenza sulle etichette per comunicare il valore ambientale e nutrizionale dei prodotti ittici. Come sottolineato da Assalzoo, l’accesso a un ventaglio più ampio di fonti proteiche rappresenta oggi una priorità strategica per un’acquacoltura italiana orientata verso specie carnivore.

Rivedere i divieti sull’impiego delle PAT da ruminante nei mangimi per acquacoltura significherebbe rafforzare la sostenibilità dell’acquacoltura italiana, ridurre l’import di proteine vegetali e farine di pesce, valorizzare la filiera del rendering e migliorare la competitività economica del comparto. Per le imprese ittiche, significherebbe poter contare su mangimi più sostenibili, tracciabili e performanti, in linea con i principi di economia circolare.

Serve un cambio di passo europeo per favorire un’acquacoltura moderna, sostenibile e autonoma. Restare aggiornati è il primo passo per guidare il cambiamento.

L’articolo Mangimi ittici, Assograssi chiede l’uso delle PAT da ruminante proviene da Pesceinrete.

“}]] ​ 

Desiree Pesci: “Il nuovo Farm Standard ASC è una svolta per l’acquacoltura”

 [[{“value”:”

Il lancio del Farm Standard per l’acquacoltura responsabile segna un nuovo punto di riferimento per l’intera filiera. Non si tratta solo dell’introduzione di un nuovo schema certificativo, ma di un’evoluzione strutturale che unisce esigenze di mercato, rigore scientifico e responsabilità ambientale. A confermarlo è Desirée Pesci, Market Development Manager di ASC Italia, che ha commentato: “Il lancio del nuovo Farm Standard di ASC rappresenta una svolta fondamentale per l’intera industria. Con un approccio integrato e basato sul rischio, questo standard offre risposte concrete alle esigenze di mercato e alle sfide ambientali e sociali che il settore dell’acquacoltura deve affrontare. È uno strumento potente per guidare il cambiamento e per dimostrare, con trasparenza, l’impegno reale verso pratiche responsabili che rispettino le persone, il pianeta ed il benessere animale.”

Il nuovo standard, presentato in anteprima al Seafood Expo Global di Barcellona, nasce dall’unificazione di dodici standard precedenti in un unico framework operativo, pensato per aumentare coerenza, trasparenza e applicabilità nella gestione degli allevamenti ittici certificati ASC.

Un impianto moderno e multilivello

A differenza degli approcci settoriali del passato, il Farm Standard adotta una logica integrata e risk-based, ovvero calibrata sull’effettiva esposizione ai rischi ambientali, sociali e sanitari dei diversi contesti produttivi. Questo consente alle aziende di concentrare gli sforzi dove è più necessario, riducendo al contempo il carico amministrativo dove i rischi sono minori.
Per chi acquista e distribuisce prodotti ittici, il nuovo standard introduce un vantaggio competitivo rilevante: più chiarezza nei requisiti, maggiore affidabilità dei dati, e soprattutto la possibilità di comunicare ai propri clienti un impegno certificato che tiene conto di benessere animale, condizioni di lavoro e tutela della biodiversità.

Il ruolo dell’Italia nella nuova fase dell’ASC

Il mercato italiano, già da tempo attento ai valori della tracciabilità e della responsabilità ambientale, si trova oggi nella posizione ideale per guidare questa transizione. Le aziende certificate ASC nel nostro Paese sono in crescita e sempre più strutturate per affrontare gli obiettivi ESG richiesti da GDO, export e canali Horeca.
Il nuovo Programme Centre, piattaforma digitale dedicata messa a disposizione da ASC, centralizza documenti, strumenti e risorse operative, facilitando il lavoro di produttori, trasformatori e auditor. Un’infrastruttura pensata per rendere la certificazione non solo più accessibile, ma anche più funzionale al miglioramento continuo.

Due anni per trasformare il settore

ASC ha previsto un periodo di transizione di due anni per permettere alle aziende di adeguarsi progressivamente, con il massimo supporto tecnico e formativo. In questo tempo, i vecchi standard rimarranno validi, ma l’obiettivo è chiaro: dare a tutta la filiera uno strumento univoco, aggiornato e concreto per dimostrare l’impegno verso l’acquacoltura sostenibile.
Il Farm Standard non è solo un documento tecnico, ma una leva per rafforzare la credibilità del settore agli occhi di consumatori, istituzioni e mercati internazionali. Come affermato da Desiree Pesci, “guidare il cambiamento” oggi significa saper unire rigore, trasparenza e visione.

L’articolo Desiree Pesci: “Il nuovo Farm Standard ASC è una svolta per l’acquacoltura” proviene da Pesceinrete.

“}]] ​ 

Turismo internazionale e nuovi consumi: il pesce italiano ha una chance

 [[{“value”:”

Il binomio turismo estero e ristorazione è diventato centrale nella crescita della spesa alimentare fuori casa in Italia. Lo evidenzia con chiarezza il Rapporto Ristorazione 2025 di FIPE-Confcommercio: nel 2024, la componente internazionale del turismo ha avuto un impatto decisivo sul recupero del comparto Ho.Re.Ca., in particolare nelle città d’arte e nelle località costiere.

Con 292 miliardi di euro complessivi nei consumi alimentari, di cui oltre 96 miliardi spesi fuori casa, il ruolo dei viaggiatori stranieri appare tutt’altro che marginale. E il pasto al ristorante si conferma un momento centrale del viaggio, spesso guidato dalla ricerca di autenticità, identità e qualità.

Una domanda attenta a qualità, narrazione e tracciabilità

Il turista straniero non cerca solo buon cibo, ma un’esperienza coerente con valori di sostenibilità e appartenenza territoriale. In questo contesto, il pesce italiano può diventare un ambasciatore naturale di eccellenza, se accompagnato da una narrazione efficace e da un’offerta coerente con le aspettative internazionali.

Il rapporto segnala che i consumatori premiano ingredienti locali, tracciabili e sostenibili. Elementi che molte aziende ittiche italiane già garantiscono, ma che spesso non vengono tradotti in valore percepito nella ristorazione turistica. Per cogliere questa opportunità, occorre migliorare la comunicazione in sala e nei menù, investire nella formazione del personale e stringere alleanze tra produttori e ristoratori.

Città d’arte e destinazioni costiere: i poli della ripresa

Le aree maggiormente coinvolte dalla spinta di turismo estero e ristorazione sono le grandi città italiane — Roma, Firenze, Venezia, Napoli — e le località costiere del Mezzogiorno e delle isole. Qui il pesce è spesso già presente nei menù, ma non sempre rappresentato come prodotto distintivo, stagionale e sostenibile.

Questa è la leva su cui può lavorare il comparto ittico: proporre referenze adatte alla ristorazione turistica, accompagnate da strumenti che facilitino la comprensione del valore aggiunto — etichette multilingua, QR code sulla tracciabilità, format degustativi per clienti internazionali.

Il pesce come proposta esperienziale nel fuori casa

Il Rapporto FIPE 2025 rileva che il pasto fuori casa si è trasformato in esperienza: non solo nutrizione, ma relazione, cultura e racconto. In questo contesto, un piatto di pesce locale può diventare il momento clou di una cena in Italia per milioni di turisti.

Per riuscirci, serve una filiera unita e consapevole: chi produce, chi trasforma e chi serve devono agire insieme per posizionare il pesce non solo come alimento, ma come identità. In questo senso, la ristorazione turistica può diventare il palcoscenico ideale per esaltare le specificità ittiche regionali.

La crescita del turismo estero e la ristorazione è un dato oggettivo, ma trasformarlo in valore per il settore ittico richiede strategia. Serve un’offerta all’altezza, formazione, comunicazione e una narrazione coerente. Il pesce italiano ha le carte giuste, ma va accompagnato nel racconto e nella messa in scena.

Continua a seguirci, Pesceinrete continuerà a offrire spunti e analisi per supportare imprese e territori in questo percorso.

 

L’articolo Turismo internazionale e nuovi consumi: il pesce italiano ha una chance proviene da Pesceinrete.

“}]] ​ 

Pagina 30 di 1551

Made with & by Matacotti Design

Privacy & Cookie Policy