Reti da pesca digitali: la svolta hi-tech per una flotta italiana più sostenibile

Reti da pesca digitali: la svolta hi-tech per una flotta italiana più sostenibile

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Reti da pesca digitali per rendere la Flotta Italia ancora più sostenibile, tutelando le risorse ittiche e diminuendo l’impatto dell’attività. È il progetto presentato da Coldiretti Pesca nell’ambito del workshop organizzato al Villaggio contadino di Bologna, in collaborazione con la società Elica.

Sulle reti da pesca verranno posti dei sensori elettronici che permetteranno alle imbarcazioni di “vedere” in tempo reale cosa si sta pescando – spiega Coldiretti Pesca –, evitando di far finire nelle maglie anche le specie ittiche non previste. Al tempo stesso, la novità consentirà una migliore gestione della pescata, razionalizzando le manovre e, di conseguenza, l’utilizzo del carburante.

Una vera e propria “pesca di precisione”, al pari dell’agricoltura di precisione che si sta diffondendo sempre più nelle campagne italiane con un impegno forte verso la digitalizzazione del settore.

Le nuove tecnologie permettono, infatti, alle barche da pesca di ridurre i consumi grazie a un uso più efficiente della propulsione e di evitare pescate a vuoto individuando in anticipo la presenza di biomassa davanti alla rete consentono inoltre di migliorare la qualità del pescato perché segnalano se la saccata si rovina a causa di correnti forti o corpi estranei e garantiscono una gestione più sicura e digitalizzata delle attività a bordo grazie a sensori collegati a software che raccolgono dati oceanografici e aiutano a controllare meglio le attrezzature e le operazioni di pesca. Una svolta digitale per le imbarcazioni tricolori che verrà sperimentata sia per il segmento dello strascico che per quello della circuizione e delle volanti, con l’avvio delle prove all’inizio del prossimo anno.

Un progetto che testimonia ancora una volta l’impegno della Flotta italiana verso la sostenibilità e la tutela degli stock ittici.

Un settore importante del Made in Italy a tavola con circa 12mila imbarcazioni e 30mila addetti – conclude Coldiretti Pesca –, il cui futuro è però messo in pericolo dai mutamenti climatici, con effetti combinati che riducono il pescato e rendono sempre più difficili le condizioni in cui operare.

 

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AIC: la nomina di Abate in FAO rafforza il ruolo dell’Italia nel Mediterraneo

AIC: la nomina di Abate in FAO rafforza il ruolo dell’Italia nel Mediterraneo

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“La designazione di Francesco Saverio Abate alla Vicepresidenza della Commissione Generale per la Pesca nel Mediterraneo (CGPM) della FAO è una notizia di grande rilievo per l’intero sistema della pesca italiana” – dichiara il presidente dell’Associazione Italiana Coltivatori (AIC), Giuseppino Santoianni.

“Il suo percorso professionale ha sempre coniugato visione strategica e conoscenza profonda del settore, contribuendo a orientare le politiche italiane verso modelli di gestione sostenibili e innovativi. È un riconoscimento che premia la qualità del lavoro svolto in questi anni e conferma il peso dell’Italia nei tavoli internazionali dedicati alla gestione delle risorse marine” – prosegue Santoianni.

Soddisfazione anche da parte del presidente di AIC Pesca, Natale Amoroso, che evidenzia: “Si tratta di un risultato che rafforza la presenza e la credibilità dell’Italia nel Mediterraneo, in un momento in cui la gestione condivisa delle risorse marine richiede competenze tecniche e capacità di visione. La nomina di Francesco Saverio Abate rappresenta un segnale importante per il futuro del settore, perché valorizza l’esperienza italiana e apre nuove prospettive di cooperazione tra i Paesi rivieraschi nel segno della sostenibilità e dell’innovazione.”

“Come Associazione Italiana Coltivatori – conclude Santoianni – continueremo a sostenere ogni percorso che, in coerenza con gli obiettivi della FAO e della Cgpm, promuova una pesca sostenibile, innovativa e capace di garantire lavoro, tutela ambientale e sicurezza alimentare nel Mediterraneo”.

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Fermo pesca, la flotta calabrese allo stremo: servono aiuti immediati

Fermo pesca, la flotta calabrese allo stremo: servono aiuti immediati

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La pesca calabrese a strascico del mare Tirreno sta affrontando una crisi senza precedenti dopo la proroga del fermo pesca 2025 disposto dal Ministero dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare in seguito a una segnalazione della Commissione europea.
Il provvedimento, inizialmente previsto dal 1° al 30 ottobre, è stato esteso fino al 30 novembre. Bruxelles ha rilevato che l’Italia avrebbe superato il numero di giornate di pesca consentite, imponendo un nuovo stop che ha colto di sorpresa l’intero comparto.

L’allarme è stato lanciato dal Comitato Pescatori Calabria attraverso un comunicato firmato dal presidente Salvatore Martilotti, che descrive una situazione ormai insostenibile per la flotta tirrenica. Senza compensazioni né ristori immediati, la misura rischia di trasformarsi in una vera emergenza economica. La flotta calabrese, composta perlopiù da microimprese familiari, si trova ora in una condizione di sopravvivenza. Gli armatori, i marinai e le loro famiglie attendono risposte da Roma e dalla Regione Calabria, mentre i costi fissi continuano a crescere e i ricavi si azzerano.

Una crisi strutturale che affonda le radici nel tempo

La proroga del fermo pesca nel Tirreno calabrese ha evidenziato le fragilità di un sistema che da anni soffre l’assenza di una pianificazione coerente.
Le imprese di pesca lavorano mediamente solo 145 giorni all’anno, sommando fermi biologici obbligatori, giornate festive, maltempo e limitazioni aggiuntive. In queste condizioni, la competitività diventa un miraggio. I bilanci annuali mostrano ricavi in calo e costi operativi in aumento, con margini sempre più ridotti.

Il rischio concreto è la progressiva uscita di operatori dal settore e la perdita di competenze radicate nel territorio. La riduzione della flotta non è solo un problema economico, ma anche sociale: rappresenta un colpo alla cultura marittima calabrese e all’equilibrio delle comunità costiere.

L’urgenza di un piano straordinario regionale

Il comparto chiede un intervento urgente della Regione Calabria per fronteggiare una crisi che non è più solo congiunturale.
Le imprese invocano l’attivazione di un Piano Pesca Straordinario, con misure concrete per sostenere gli armatori, tutelare l’occupazione e rilanciare i servizi collegati.
Si attende inoltre il varo di strumenti finanziari mirati, come l’Agenzia per lo sviluppo delle imprese ittiche e l’istituzione dell’Osservatorio regionale della pesca a Schiavonea di Corigliano-Rossano, una delle capitali storiche del settore.

Solo una strategia coordinata tra istituzioni regionali, governo nazionale e Unione europea potrà evitare il tracollo definitivo della flotta calabrese.
Il 2025 si sta rivelando un anno critico, ma potrebbe anche segnare l’inizio di una nuova stagione per la pesca del Tirreno, se le misure arriveranno in tempo.

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Mediterraneo e Mar Nero: la CGPM aggiorna la mappa della pesca regionale

Mediterraneo e Mar Nero: la CGPM aggiorna la mappa della pesca regionale

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Il settore ittico mediterraneo attraversa una fase di forte tensione, segnata da costi in aumento, risorse limitate e regole sempre più stringenti. Le imprese si muovono in un equilibrio delicato tra sostenibilità ambientale e sostenibilità economica, mentre la produttività della flotta resta disomogenea tra le due sponde del bacino. È in questo contesto che Lo Stato della pesca nel Mediterraneo e nel Mar Nero 2025 (SoMFi 2025), in uscita il 28 novembre a cura della Commissione Generale per la Pesca nel Mediterraneo (CGPM), acquista un peso decisivo. L’edizione di quest’anno si propone di offrire una visione aggiornata e realistica del comparto, individuando trend, criticità e possibili soluzioni per la gestione delle risorse.

Dati aggiornati e sfide concrete

Il documento fornirà informazioni complete su catture, stock, pratiche di pesca e modelli di acquacoltura. Lo Stato della pesca nel Mediterraneo e nel Mar Nero analizzerà come alcune specie stiano mostrando segnali di recupero, grazie a una migliore gestione, mentre altre continuano a subire forti pressioni. Restano centrali il tema del sovrasfruttamento e l’impatto del cambiamento climatico, che modifica la distribuzione delle specie e riduce la redditività di molte attività costiere. La CGPM punta a rafforzare le politiche basate su dati scientifici, rendendo il rapporto uno strumento operativo per chi decide, investe o lavora nel settore.

Un comparto che deve adattarsi

L’aumento dei costi di energia e manutenzione, la riduzione delle giornate in mare e la concorrenza di prodotti a basso prezzo provenienti da altre aree del mondo mettono alla prova la tenuta economica delle imprese. Allo stesso tempo, l’acquacoltura mediterranea continua a espandersi, spinta dall’innovazione tecnologica e dalla crescente domanda di proteine sostenibili. Lo Stato della pesca nel Mediterraneo e nel Mar Nero 2025 metterà in evidenza come la transizione verso una pesca e un’acquacoltura più responsabili richieda coordinamento tra paesi, investimenti in ricerca e un quadro normativo stabile.

Il valore della cooperazione regionale

La presentazione ufficiale del rapporto, prevista per il 28 novembre a Roma e online, offrirà una piattaforma di confronto tra governi, esperti e operatori. Il SoMFi 2025 non sarà solo un aggiornamento tecnico, ma un riferimento strategico per la governance del Mediterraneo e del Mar Nero. Dalle sue conclusioni emergerà un messaggio chiaro: la sostenibilità non è più una prospettiva teorica, ma una condizione necessaria per la sopravvivenza economica e ambientale del comparto.

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Intersection 2025, i brand diventano creator

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La scorsa settimana Milano ha ospitato la seconda edizione di Intersection 2025, il più grande evento in Italia dedicato a marketing, comunicazione, creatività e tecnologia. Nato dall’unione di IAB Forum e IF! Italians Festival, ha trasformato per due giorni la città in un laboratorio di idee, con voci internazionali e marchi globali riuniti per una riflessione comune: cosa significa comunicare nel 2025?

In un mondo dove l’attenzione è la risorsa più fragile, Intersection 2025 ha lanciato un messaggio chiaro. Non basta più “essere presenti”. Bisogna meritare uno spazio nel tempo e nel linguaggio delle persone. I brand non possono più interrompere le loro vite: devono entrarci, rispettandone ritmi, ironie, valori e contraddizioni. È un cambio di paradigma che trasforma le aziende in veri e propri produttori di cultura.

L’attenzione non si compra, si conquista

Durante Intersection 2025 è apparso evidente che il pubblico non distingue più tra media vecchi e nuovi. Vive immerso in un ecosistema senza confini, in cui lo smartphone è al tempo stesso televisione, giornale, radio e piazza pubblica. In questo scenario, la visibilità è un concetto vuoto se non è accompagnata da significato.

Le persone scelgono cosa guardare, non cosa subire. Per questo Maybelline trasforma i propri contenuti in micro film, Zara usa TikTok come palcoscenico musicale, Pizza Hut riscopre l’ironia, e persino PwC racconta il mondo corporate con umorismo. Non sono semplici campagne, ma atti di partecipazione culturale. Raccontano un mondo che cambia e, soprattutto, lo abitano.

Dal messaggio alla conversazione

La lezione più profonda di Intersection 2025 è che comportarsi come creator non significa solo creare contenuti, ma saper dialogare. Entrare in una conversazione implica rinunciare al controllo totale, accettare la possibilità di essere fraintesi, e lasciare che anche il pubblico contribuisca a scrivere la storia.

Le piattaforme live come Twitch o Amazon Ads mostrano che l’engagement vero non nasce da un messaggio perfetto, ma dalla possibilità di partecipare. Gli utenti non vogliono essere spettatori: vogliono sentirsi parte di qualcosa di vivo. Per questo, oggi, l’esperienza vale più della forma.

L’autenticità dell’imperfezione

Uno dei momenti più intensi di Intersection 2025 è stato dedicato al coraggio dell’imperfezione. In un’epoca ossessionata dalla coerenza visiva, gli errori diventano la prova di un racconto umano. Le sbavature, le incongruenze, persino gli incidenti di percorso restituiscono verità. L’imperfezione non è un difetto, ma un linguaggio.

I brand che accettano di mostrarsi vulnerabili, di “perdere un po’ il controllo”, diventano credibili. E nel mare indistinto della comunicazione automatizzata, la credibilità è il nuovo lusso.

Un messaggio che parla anche alla filiera ittica

Il messaggio di Intersection 2025 risuona in modo concreto anche per le imprese della filiera ittica: dall’acquacoltura alla pesca, fino alla trasformazione e alla distribuzione. È un settore che vive di gesti reali, di manualità e conoscenza, di processi dove il valore nasce dall’esperienza. Proprio questa autenticità può diventare la chiave per una comunicazione moderna e riconoscibile.

Raccontare la cura con cui si alleva una specie, mostrare la trasparenza di una filiera, dare volto e voce a chi lavora ogni giorno nei centri di produzione: tutto ciò rappresenta un linguaggio narrativo già credibile e profondamente umano. Le aziende ittiche non devono inventare storie. Devono solo imparare a raccontare la propria verità con coerenza, mostrando anche l’imperfezione che rende autentico ogni processo produttivo.

Nel contesto di una comunicazione globale sempre più artificiale, l’imperfezione vera — quella che nasce da mani, tempi, luoghi e scelte — è un valore competitivo. Le imprese che sapranno condividerla in modo trasparente costruiranno fiducia, e quindi rilevanza.

Da Intersection 2025 arriva dunque un invito che vale per tutta la filiera ittica: non limitarsi a comunicare il prodotto, ma il lavoro, le persone e i valori che lo rendono possibile. È lì che nasce la vera reputazione.

L’autenticità dell’imperfezione nella filiera ittica

La “perfezione” industriale non appartiene al mondo della pesca e dell’acquacoltura. Ogni fase del ciclo produttivo porta con sé una dose di realtà, di imprevisto, di manualità.
E proprio lì nasce l’autenticità.

Ecco alcuni esempi di imperfezione che raccontano verità e valore nella filiera ittica:

  1. Il pescato variabile
    Le cassette che arrivano nei mercati non sono mai identiche. Cambiano quantità, taglia e specie in base alla stagione e alle condizioni del mare. Raccontare questa diversità significa comunicare sostenibilità, non incoerenza.
  2. Le mani dietro la trasformazione
    Ogni taglio, ogni filettatura, ogni confezione porta la firma invisibile di chi lavora. Piccole differenze nella forma o nel colore dei prodotti sono la prova di una lavorazione artigianale, non un difetto da nascondere.
  3. Le sfide logistiche
    La catena del freddo, la distribuzione, il trasporto: ogni passaggio può conoscere ritardi o imprevisti. Mostrare come vengono affrontati con professionalità e responsabilità rafforza la fiducia del mercato.
  4. La trasparenza sui limiti ambientali
    Nessuna azienda può dichiararsi perfettamente sostenibile. Ma chi riconosce i propri limiti e comunica gli sforzi per ridurre l’impatto costruisce credibilità duratura.
  5. Le sfumature del prodotto vero
    Una bottarga che cambia tonalità, un trancio di tonno leggermente diverso dall’altro, un sapore che segue la stagionalità: sono segnali di autenticità, non imperfezioni da correggere.

Comunicare tutto questo, con rispetto e metodo, significa mostrare il valore reale del settore. È in questa sincerità produttiva che la filiera ittica può trovare il suo linguaggio più contemporaneo.

 

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