Surgelati in crescita: l’ittico raggiunge 97mila tonnellate nel 2024

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Il consumo di surgelati in Italia ha superato nel 2024 la soglia di 1,03 milioni di tonnellate, con un pro capite annuo di 17,5 kg e una crescita del 2,3% rispetto al 2023. In questo scenario, l’ittico surgelato si conferma tra i protagonisti con 97mila tonnellate, rafforzando il terzo posto tra le categorie più consumate dopo vegetali e patate.

La fotografia arriva dal Rapporto Annuale sui Consumi dei prodotti surgelati in Italia (febbraio 2025) curato da IIAS – Istituto Italiano Alimenti Surgelati, che segnala anche un incremento del fatturato complessivo del settore, salito a 5,7 miliardi di euro (+1,8%). La crescita è guidata dal canale retail, che supera le 652mila tonnellate (+3,1%), mentre il fuoricasa si mantiene stabile a quota 377mila tonnellate (+0,1%). Nel primo semestre 2025, i consumi retail hanno continuato a crescere (+1,8% a volume).

All’interno della categoria, l’ittico surgelato mostra una composizione interessante: circa 62mila tonnellate di pesce al naturale e 35mila tonnellate di panati e preparati, con quest’ultima voce in crescita del 7%. Una dinamica che conferma come la domanda premi tanto la versatilità dei prodotti naturali quanto la praticità delle soluzioni pronte, sempre più apprezzate dalle famiglie e dalle collettività.

Un ulteriore elemento di forza riguarda la sostenibilità: solo il 2,2% dello spreco alimentare domestico settimanale è attribuibile ai surgelati. L’ittico surgelato, in particolare, unisce sicurezza alimentare, convenienza e riduzione degli sprechi, valori che ne rafforzano la percezione positiva sul mercato.

Il quadro normativo potrebbe offrire nuove opportunità. La revisione dei Criteri Ambientali Minimi e la possibile eliminazione dell’obbligo di segnalazione con asterisco dei prodotti surgelati nei menu rappresentano passaggi attesi da operatori e associazioni di categoria. Per l’ittico surgelato, questo significherebbe un potenziale slancio nel canale fuoricasa, ancora sotto le reali possibilità di espansione.

Accanto all’ittico, i vegetali surgelati superano le 300mila tonnellate, le patate sfiorano le 100mila e le pizze hanno toccato le 70mila tonnellate (+3%), tornando a crescere dopo la flessione dell’anno precedente. I piatti pronti hanno superato le 66mila tonnellate, sostenuti da ricette tradizionali e innovative, mentre specialità salate e prodotti senza glutine hanno rispettivamente raggiunto 30mila e 9mila tonnellate.

La crescita del consumo dei surgelati in Italia si conferma solida, con un ruolo sempre più strategico per l’ittico surgelato, che unisce tradizione di consumo, praticità e sostenibilità. Il comparto resta una leva centrale per famiglie, ristorazione e industria, con margini di sviluppo ancora ampi, soprattutto nel fuoricasa.

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Rallenta l’inflazione generale, ma i prezzi alimentari restano sotto pressione

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Secondo le stime preliminari diffuse da ISTAT, l’inflazione agosto 2025 si attesta all’1,6% su base annua, in leggero calo rispetto a luglio. Il rallentamento è trainato soprattutto dalla flessione dei beni energetici, che contribuiscono ad alleggerire la pressione sull’indice generale. In controtendenza, i prezzi alimentari mostrano un’accelerazione che pesa direttamente sulle famiglie e sulle filiere produttive, inclusa quella ittica.

Nel dettaglio, i beni alimentari non lavorati registrano un aumento del +5,6% rispetto al +5,1% del mese precedente, mentre i trasformati passano dal +2,8% al +3,0%. Nel complesso, il comparto alimentare segna un +4,0% su base annua. La dinamica si riflette sul cosiddetto “carrello della spesa”, che accelera al +3,5%, confermando la persistenza di pressioni sui consumi quotidiani.

Sul fronte dei servizi, la crescita resta più sostenuta rispetto ai beni, con un differenziale che raggiunge i 2,1 punti percentuali. L’inflazione di fondo, al netto delle componenti più volatili come energia e alimentari freschi, sale leggermente al +2,1%. Un segnale che la tendenza non riguarda più soltanto i settori maggiormente esposti a shock esterni, ma anche le dinamiche interne e strutturali del mercato.

Per il settore ittico, l’aumento dei prezzi alimentari significa maggiore pressione sui prodotti trasformati, come conserve e surgelati, che costituiscono una parte rilevante dei consumi domestici. Anche i costi logistici e di distribuzione incidono, rendendo più complesso mantenere competitività senza sacrificare qualità e accessibilità.

A livello complessivo, l’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA) segna a sua volta un -0,2% su base mensile, riflettendo l’effetto dei saldi estivi, mentre conferma una variazione annua del +1,7%. L’inflazione acquisita per il 2025 si colloca al +1,7% per l’indice generale e al +2,1% per la componente di fondo.

In sintesi, le stime ISTAT sull’inflazione agosto 2025 indicano un rallentamento moderato, ma l’alimentare continua a trainare verso l’alto i prezzi più vicini alla vita quotidiana dei cittadini. Per la filiera ittica, come per l’agroalimentare nel suo complesso, il nodo resta la capacità di coniugare sostenibilità economica e stabilità dei consumi, in un contesto di inflazione ancora lontano dalla piena normalizzazione.

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Il Mediterraneo si scalda: nel Mar Ligure ricompare il gambero rosso

Il Mediterraneo si scalda: nel Mar Ligure ricompare il gambero rosso

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I segnali più nitidi di un Mediterraneo che si riscalda provengono oggi dal Mar Ligure. Nelle profondità, intorno ai cinquecento metri si registra la ricomparsa del gambero rosso, un ritorno che conferma come le comunità ittiche stiano riorganizzandosi sotto la pressione termica. A raccontarlo, in un’intervista raccolta da Elisa Folli su Il Secolo XIX, è Fabio Fiorentino, dirigente di ricerca dell’IRBIM-CNR e associato alla Stazione Zoologica Anton Dohrn.

Fiorentino osserva che il gambero rosso, a lungo confuso con il viola nelle classificazioni commerciali, torna in quantità interessanti. Al suo fianco cresce il gambero bianco, che trent’anni fa era una presenza marginale e oggi è stabilmente parte delle catture a strascico. È un indizio di come gli habitat profondi, riscaldandosi, favoriscano specie termofile e riducano la competitività di quelle più legate ad acque fredde.

La stessa dinamica si riflette nelle popolazioni pelagiche. La sardina mostra un calo sensibile, mentre l’alaccia occupa lo spazio lasciato libero, con implicazioni diverse sia dal punto di vista nutrizionale sia nella gestione del prodotto. Nei cefalopodi, il moscardino, storicamente importante per la pesca ligure, arretra vistosamente. Parallelamente si diffondono piccoli polpi (Sceurgus unicirrhus) adattati a condizioni termiche più elevate: un ricambio che sposta equilibri trofici consolidati.

Anche sugli sgombri la lettura richiede chiarezza. Gran parte di ciò che giunge sui mercati italiani proviene dall’Atlantico, mentre lo sgombro “cavalla” resta la vera specie locale. La distinzione, sottolinea Fiorentino, non è di dettaglio ma sostanziale, perché incide sulla corretta interpretazione delle disponibilità reali del bacino.

Il caso più emblematico è quello del potassolo. Negli anni Ottanta i pescherecci liguri ne sbarcavano due o tre tonnellate l’anno; oggi la cattura si riduce a poche decine di chili. È un crollo che esprime meglio di qualsiasi grafico la vulnerabilità di certe specie quando la temperatura del mare supera soglie di tolleranza ecologica.

Fabio Fiorentino, dirigente di ricerca dell’IRBIM-CNR
Fabio Fiorentino, dirigente di ricerca dell’IRBIM-CNR

Queste osservazioni trovano riscontro nelle ricerche scientifiche più aggiornate. Secondo un recente studio del CSIC di Barcellona, la costa catalana ha già visto ridursi le specie fredde e aumentare la presenza di quelle legate a climi caldi, con effetti diretti anche sulla redditività della pesca. Analisi pubblicate su Frontiers in Marine Science mostrano come le piccole pelagiche del Mediterraneo occidentale, in particolare sardina e acciuga, abbiano condizioni corporee peggiori in acque più calde e stratificate, riducendo la loro resilienza. Parallelamente, indagini sul gambero rosa (Parapenaeus longirostris) confermano che temperatura e profondità sono i principali fattori che ne guidano abbondanza e distribuzione.

In questo quadro, l’intervento di Fabio Fiorentino restituisce al Mar Ligure il ruolo di laboratorio naturale. La ricomparsa del gambero rosso, l’affermazione del gambero bianco e l’arretramento di potassolo, moscardino e sardina con l’avanzata dell’alaccia non sono episodi isolati, ma indicatori di un bacino che sta mutando in modo strutturale. Comprendere queste traiettorie richiede monitoraggi costanti, rigore tassonomico e lettura critica delle serie storiche.

L’analisi sarà oggetto di un incontro pubblico con Fiorentino alla biblioteca di Castiglione Chiavarese, venerdì alle 17, promosso dalla Pro Loco in collaborazione con il Comune.

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OHissa: Natural Fish Products Processed in Maremma

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In the fish industry, Italian consumers often face a paradox: much of the market is saturated with products processed abroad, while Italian tradition and expertise risk being overshadowed. Not to mention the greater environmental impact of products processed abroad and then transported back to Italy.
In this scenario, OHissa chooses to stand out decisively, offering a product processed in Italy, in the extraordinary land of Maremma.

A deep bond with the territory

Maremma is a place that preserves a unique environmental heritage. Here, nature dictates its rhythms and the sea intertwines with a millennia-old culture of fishing, work, and respect for the ecosystem. It is precisely from this territory that our company was born: a product uncompromising on quality, the result of a path that unites innovation and tradition.
Choosing to produce in Italy is not just an act of identity, but also a choice of responsibility. It means guaranteeing high standards of safety and quality, while also supporting a production model that enhances local labor.

Naturalness as a philosophy, not a slogan

In a sector where supply is often flattened by price, OHissa invests in the value of naturalness, of a supply chain certified MSC and ASC, of the IFS Food certification – which certifies compliance with the highest standards of food safety and quality in product processing and packaging – and of the Ecovadis badge – officially placing it among the top 35% of companies assessed by the body in environmental, ethical, and social fields.
This is not a trend, but a deep conviction: health and well-being are closely tied to what we eat. For this reason, in our company, naturalness and sustainability certifications are not just a marketing position, but pillars of our corporate philosophy.
Every production choice is guided by this idea: to offer the consumer a genuine product, free of shortcuts, capable of conveying the authenticity of its origin. It is a daily commitment, reflected in the care of the process and the will to respect natural rhythms, without forcing.
“We respect the nature of the product: we don’t force it with additives, we simply leave it genuine, just as it is,” says Maurizio Manno, CEO of OHissa.

A niche that becomes value

The natural product market represents a fast-growing niche. More and more families are choosing to buy foods that offer guarantees of wholesomeness, traceability, and environmental respect. OHissa positions itself in this scenario as a benchmark for those seeking the best without compromise.
We do not aim to compete with the large volumes arriving from thousands of kilometers away, often at the expense of quality. Our strength lies elsewhere: in presenting a product processed in Italy, carrying the values of a territory, and promoting a more conscious consumption model.

Italy that innovates without forgetting tradition

Working in Maremma also means preserving a centuries-old tradition while looking ahead. OHissa is the result of this balance: solid roots in local culture and a constant eye on technological innovation that allows us to improve processes without compromising the naturalness of the product.
Our vision is clear: to combine the best of tradition with modern tools that enable us to maintain thorough temperature control of the product at every stage, guaranteeing high quality standards, always within a sustainable path.

The conscious choice

Choosing OHissa does not just mean buying a product: it means sharing a vision. It means supporting the work of those who believe that Italy must enhance its excellences and that health and food safety cannot be sacrificed on the altar of the lowest price.
For us, the future starts here: a natural, healthy product, processed in Maremma.

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Allarme clima: le specie ittiche migrano e la pesca vacilla

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Una crescente mole di dati scientifici conferma come il cambiamento climatico e le popolazioni ittiche siano ormai due elementi indissolubilmente legati. Le analisi satellitari e gli studi a lungo termine rivelano una tendenza chiara: le specie equatoriali stanno diminuendo, mentre quelle polari mostrano un’espansione significativa.

La clorofilla, pigmento presente nel fitoplancton che costituisce la base della catena alimentare marina, è monitorata dagli scienziati come indicatore primario della produttività degli oceani. Le immagini satellitari della NASA, raccolte tra il 2003 e il 2022, mostrano un oceano che cambia colore: le acque polari diventano più verdi, segno di maggiore attività biologica, mentre quelle tropicali si impoveriscono. Se questo comporti davvero un incremento o un calo della biomassa di fitoplancton resta un interrogativo, ma l’impatto sulle catene trofiche e quindi sulle risorse ittiche globali appare inevitabile.

Nelle regioni polari si osservano già nuove dinamiche: specie tipiche di habitat meridionali prosperano in mari un tempo inadatti, mentre altre, tradizionalmente settentrionali, iniziano a regredire sotto la pressione dell’aumento termico. Le conseguenze sono tangibili non solo per l’ecosistema, ma anche per le flotte pescherecce, che si trovano a inseguire stock migranti oltre le aree storiche di cattura. In Europa, ad esempio, le quote assegnate decenni fa non riflettono più la distribuzione attuale delle specie, generando tensioni tra Paesi e operatori.

Lo stesso fenomeno si replica nelle acque dolci. Uno studio multicontinentale ha evidenziato un riscaldamento medio dei fiumi pari a 0,21 °C per decennio dal 1958 al 2019. Le popolazioni equatoriali di pesci d’acqua dolce, fondamentali per la sicurezza alimentare di Asia, Africa e Sud America, mostrano un calo significativo, mentre nei bacini fluviali temperati e polari alcune specie vedono un’espansione. Qui il cambiamento climatico e le popolazioni ittiche si intrecciano con le sfide della sicurezza alimentare, mettendo a rischio milioni di persone che dipendono dalla pesca e dall’acquacoltura.

Gli esperti sottolineano che il riscaldamento globale non agisce in modo isolato. Temperature più alte, acidificazione delle acque, riduzione dell’ossigeno disciolto e pressione antropica della pesca concorrono a modellare un futuro incerto. Per alcuni stock, come il salmone della Baia di Bristol, il riscaldamento ha paradossalmente portato a rese record, ma non esistono vincitori universali: la traiettoria è diversa per ogni specie, Paese e comunità costiera.

Cambia la geografia della pesca

La conclusione è netta: il cambiamento climatico e le popolazioni ittiche stanno già modificando la geografia della pesca mondiale. Gli interventi necessari non si limitano all’adattamento della filiera, ma richiedono una riduzione delle emissioni, la tutela delle aree di riproduzione e politiche di gestione più flessibili.

Il quadro che emerge è complesso e in rapida evoluzione. L’industria ittica globale è chiamata a ripensare modelli di gestione e strategie di approvvigionamento, mentre le comunità costiere più vulnerabili rischiano di pagare il prezzo più alto. Il monitoraggio continuo e la cooperazione internazionale saranno determinanti per affrontare questa sfida.

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