Si cercano nuove strade per utilizzare il crostaceo

Il granchio blu, specie invasiva che sta cambianbo l’ecosistema dell’Adriatico, potrebbe trasformarsi da problema a risorsa, diventando (anche) ingrediente per la produzione di cibo per gatti. Pescato in grandi quantità, potrebbe avere un possibile utilizzo virtuoso nell’industria del pet food, che già in molti casi ricorre alle farine di pesce.

Nuova vita per il granchio blu

La struttura del progetto

Il progetto di FilBlu, una filiera che mette insieme diversi soggetti (il consorzio delle cooperative di pescatori del Polesine, le università di Milano e Padova e la start-up Feed from food da esse generata; l’azienda Sanypet-Forza10 che produce il nuovo paté, la catena di punti vendita «L’isola dei tesori» che si occupa della distribuzione) sta mettendo in pratica un nuovo utilizzo. I proventi, al netto dei costi e delle tasse, verranno destinati allo stesso progetto che punta a dare una nuova prospettiva agli operatori del settore ittico, che nell’ultimo biennio hanno subito perdite considerevoli.

L’iniziativa è stata presentata nello stabilimento di Forza10 a Bagnoli di Sopra (Padova) dove la produzione in forma di «special edition» è già cominciata. Sostanzialmente dal granchio blu – ma volendo anche solo dalla parte di scarto che non viene utilizzata per l’alimentazione umana -, attraverso un processo meccanico di disidratazione e triturazione si ricava una materia prima seconda, una sorta di granulato da utilizzare come ingrediente nelle formulazioni di cibo per animali. Si è partiti dal gatto, anche perché il sapore del granchio è più affine alla abituale dieta dei felini. La distribuzione è iniziata nei circa 370 negozi della catena specializzata o ora si attende il test più importante, quello del gradimento da parte dei consumatori finali, gli amati quadrupedi. Se il riscontro sarà positivo le filiera si strutturerà per operare su una scala più vasta. 

L’impatto del granchio blu sull’economia ittica

«Nel 2023, c’è stata la prima invasione su vasta scala e la nostra pesca di vongole è stata decimata – le parole di Paolo Mancin, presidente del Consorzio delle cooperative di pescatori del Polesine -. Tiravamo su le vongole e contemporaneamente i granchi blu che se le stavano mangiando. Circa 1.500 pescatori hanno visto in poche settimane crollare le loro entrate».

Un’immagine ravvicinata del pericoloso crostaceo

Quei pescatori, nel giro di due anni, si sono ridotti di un terzo. «Oggi siamo meno di mille – conferma ancora Mancin -, gli altri hanno dovuto cambiare lavoro».