Mese: Luglio 2025 Pagina 4 di 28

Oceana avverte: “Senza trasparenza, la pesca illegale non si ferma”

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È uno dei punti ciechi più insidiosi del sistema pesca europeo: la trasparenza sulla titolarità effettiva nel settore della pesca resta un nodo irrisolto che alimenta, senza ostacoli, pratiche illegali e operazioni opache. Lo denuncia Oceana Europe, l’organizzazione internazionale per la tutela degli oceani, che in un recente approfondimento firmato da Arin Owoturo chiede riforme urgenti per rendere visibili e perseguibili i veri beneficiari delle flotte pescherecce.

La “titolarità effettiva” identifica chi, in ultima istanza, possiede, controlla e trae profitto da un peschereccio o da un’intera compagnia di pesca, anche se non compare nei registri ufficiali. Spesso si tratta di persone fisiche o aziende che, per convenienza o per evitare sanzioni, operano tramite società fittizie registrate in Paesi terzi, noti per normative permissive e controlli scarsi: le cosiddette bandiere di comodo.

Secondo Oceana, molti operatori europei aggirano così le regole comunitarie, continuando a beneficiare del pescato ottenuto fuori dai radar normativi dell’Unione. Il risultato è una flotta d’altura europea molto più estesa di quanto appaia nei dati ufficiali. Se si includono le imbarcazioni con bandiere estere ma controllate da soggetti UE, le dimensioni della flotta sarebbero più che raddoppiate.

Il problema non è solo quantitativo. È sistemico. Il diritto dell’Unione vieta espressamente a cittadini e aziende europee di finanziare o trarre vantaggio da attività di pesca illegale, ovunque avvengano. Tuttavia, attualmente non esiste alcun obbligo di dichiarare interessi economici in pescherecci registrati fuori dall’UE. Questo vuoto normativo rende praticamente impossibile risalire al vero proprietario di una nave coinvolta in attività non conformi.

Il meccanismo è già stato osservato in casi concreti. Una nave sorpresa a pescare illegalmente nell’Oceano Indiano, ad esempio, può risultare intestata a una società registrata in una piccola isola. Il legale rappresentante è un intermediario locale privo di potere decisionale. I profitti, però, tornano a un soggetto europeo che resta giuridicamente intoccabile, perché non compare in alcun registro pubblico consultabile dalle autorità.

In questo scenario, invocare la trasparenza sulla titolarità effettiva nel settore della pesca non è un esercizio accademico, ma una priorità per la tenuta del sistema. Oceana chiede agli Stati membri di introdurre l’obbligo per cittadini e imprese di dichiarare ogni interesse – legale, finanziario o operativo – in imbarcazioni battenti bandiere extra-UE. E chiede alla Commissione europea di creare una banca dati unica e accessibile, in grado di raccogliere e rendere pubbliche queste informazioni.

L’opacità, infatti, non tutela solo gli illeciti. Inquina la concorrenza, danneggia le imprese che operano correttamente e indebolisce le strategie di sostenibilità marina. Chi trae profitto dalla pesca illegale può permettersi prezzi più bassi, ignorare le stagioni di fermo biologico e aggirare i limiti imposti per la tutela degli stock ittici.

La trasparenza sulla titolarità effettiva nel settore della pesca è l’unico strumento efficace per impedire che i veri responsabili continuino a nascondersi. Come osserva Oceana, finché i beneficiari reali resteranno al sicuro dietro una rete di società offshore e prestanome, ogni sforzo contro la pesca illegale sarà vanificato.

Il mancato obbligo di dichiarare gli interessi economici nelle flotte estere permette ai beneficiari europei di trarre profitto da attività non sempre lecite. Oceana propone una riforma strutturale per imporre trasparenza e rendere visibili i veri attori della filiera. Senza questa misura, la lotta alla pesca illegale rischia di restare solo sulla carta.

Serve un impegno comune per riportare trasparenza e legalità in mare. Restiamo informati, parliamone, facciamoci sentire.

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T.I.D.E. Pescaturismo in Sicilia, giovedì 31 luglio incontro con gli operatori

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Prosegue ufficialmente il percorso di ascolto e coinvolgimento delle imprese siciliane di pescaturismo e ittiturismo nell’ambito del progetto T.I.D.E. – Tradition, Inclusivity, Diversification, and Ecotourism for Sustainable Seas.
L’iniziativa è rivolta sia agli operatori già attivi che a giovani e nuove realtà interessate ad avviare un’attività nel settore. L’obiettivo è chiaro: dare voce a chi vive il mare ogni giorno, raccogliere idee e bisogni, e avviare un percorso condiviso per costruire un’offerta turistica autentica, rigenerativa e integrata con le eccellenze enogastronomiche del territorio.

L’incontro sarà strutturato come un focus group partecipativo, guidato da facilitatori esperti. I partecipanti condivideranno esperienze e aspettative, contribuendo alla raccolta dati attraverso la compilazione di questionari collettivi.

Perché partecipare
Per raccontare la propria attività o idea imprenditoriale.

Per contribuire allo sviluppo del turismo costiero siciliano.

Per entrare in una rete di operatori orientati alla qualità, alla sostenibilità e all’innovazione.

Come iscriversi
La partecipazione è gratuita ma i posti sono limitati. Per iscriversi è sufficiente inviare una mail con oggetto “Partecipazione incontro pescaturismo 31 luglio” a: info@pesceinrete.com

L’appuntamento è per giovedì 31 luglio alle ore 18:00 presso il Civic Center di Mazara del Vallo, a seguire  aperitivo di networking.

Partecipare significa prendere parte al futuro del pescaturismo siciliano. Non mancare.

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Fisheries Must Be Central to the Post-2027 CAP, Says Minister Lollobrigida

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The post-2027 Common Agricultural Policy must recognize the central role of fisheries, on par with agriculture.
This was the key message delivered by Minister Francesco Lollobrigida during the Senate’s Question Time on July 24, 2025.

Today more than ever, the Common Agricultural Policy and the fisheries sector are closely intertwined in a critical debate on the future of European policies. During the Senate’s Question Time, the Minister of Agriculture, Food Sovereignty and Forests, Francesco Lollobrigida, addressed a series of questions concerning the proposed CAP 2028–2034 framework. He emphasized the urgent need to avoid a one-size-fits-all approach to EU funds that could undermine strategic sectors—fisheries included.

The Minister recalled how Italy played a leading role in promoting a joint position paper critical of the European Commission’s initial draft. The document gained support from 17 other Member States, and was later joined by Spain. The shared objective is clear: to defend dedicated allocations for the agricultural and fisheries sectors within the EU budget, preventing them from being left to the discretion of individual Member States.

“We believe that a single, undifferentiated fund does not reflect a truly European vision capable of ensuring food sovereignty. What is needed are targeted instruments that recognize—not a privilege, but the specificity—of both agriculture and fisheries,” the Minister stated, reaffirming Italy’s commitment to correcting what he described as a strategic mistake.

Lollobrigida also announced the upcoming presentation of a draft bill, linked to the national budget law, allocating one billion euros in national funding to support agriculture. Although not explicitly mentioned, it is reasonable to expect that part of this funding could benefit aquaculture and fisheries supply chains, as part of an integrated agrifood strategy.

Finally, another point of relevance for the fisheries sector emerged from the Minister’s reply to a question on the implications of new U.S. tariffs on European agri-food products. Lollobrigida highlighted that agri-food exports—including processed fish products—account for 12% of Italy’s total exports, with a 17% increase compared to the previous year. This growth underscores the strategic importance of dialogue with the United States to avoid harmful tariff measures.

The fisheries sector was explicitly referenced by Minister Lollobrigida in the context of the CAP 2028–2034 reform, as Italy firmly calls for its specificity to be recognized within the EU budget. At the same time, the introduction of new U.S. tariffs on agri-food products poses new challenges for processed seafood exports, highlighting the urgent need to defend the sector’s competitiveness with a coherent and proactive strategy.

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I dazi USA al 15% mettono in allerta l’export ittico italiano

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È arrivato l’accordo tra Ursula von der Leyen e Donald Trump, e con esso una nuova stagione di dazi sull’export europeo verso gli Stati Uniti. La misura prevede un’imposta doganale uniforme del 15% sulla maggior parte dei beni esportati, lasciando fuori solo alcuni comparti strategici come l’aerospazio e la microelettronica. Ma per l’agroalimentare italiano, di cui l’ittico è parte integrante, la notizia rischia di trasformarsi in un freno alla competitività.

L’intesa evita l’ipotesi ben più penalizzante di un dazio al 30%, paventata fino a pochi giorni fa, ma non è indolore. L’export ittico italiano verso gli Stati Uniti, seppur non il segmento dominante, rappresenta un canale ad alto valore aggiunto per le imprese che operano nella trasformazione, nel premium e nei prodotti certificati. Le preparazioni a base di tonno, acciughe e sgombro, i crostacei di pregio e i filetti affumicati destinati alla ristorazione e al retail gourmet potrebbero vedere i propri margini contratti o la domanda rallentata.

Secondo gli operatori del comparto, il rischio è duplice: da un lato l’aumento dei costi rende i prodotti italiani meno appetibili sullo scaffale statunitense rispetto ai concorrenti extraeuropei; dall’altro, la combinazione con il deprezzamento del dollaro aggrava ulteriormente il quadro per le imprese esportatrici. Il settore ittico si ritrova così nella posizione scomoda di dover assorbire un impatto commerciale non causato da squilibri interni, ma da tensioni geopolitiche e dinamiche macroeconomiche esterne.

Le associazioni italiane del settore agroalimentare hanno già lanciato l’allarme, chiedendo a Bruxelles e al Governo italiano misure specifiche per i comparti più esposti. Anche l’industria della pesca e della trasformazione ittica guarda con attenzione agli sviluppi: in gioco non c’è solo la tenuta dell’export, ma anche il mantenimento di una posizione di eccellenza nel mercato USA, dove l’origine italiana è spesso sinonimo di qualità.

Sebbene non siano ancora stati pubblicati i dettagli merceologici completi dell’accordo, è ragionevole ipotizzare che gran parte delle voci doganali dell’ittico trasformato rientrino nella tariffazione maggiorata. Un elemento che rende necessaria una riflessione strategica per chi opera nel commercio con gli Stati Uniti: rivedere il posizionamento, pianificare promozioni mirate o valutare, laddove possibile, l’accesso ad agevolazioni bilaterali alternative.

In definitiva, l’accordo evita un’escalation dannosa, ma impone un cambio di passo. Per il comparto ittico italiano, che ha saputo negli anni costruire una reputazione solida nei mercati internazionali, sarà fondamentale monitorare l’evoluzione normativa e intervenire con strumenti di mitigazione. La politica commerciale europea è chiamata ora a non lasciare sole le filiere strategiche che contribuiscono al valore del made in Italy nel mondo.

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Acquacoltura a bordo: la Cina converte una nave cargo in allevamento galleggiante

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Non è più una visione del futuro: la acquacoltura a bordo è già realtà in Cina, dove una nave cargo da 80.000 tonnellate è stata trasformata in una piattaforma galleggiante per la produzione ittica. Si chiama Zhe Dai Yu Yang 60001 e rappresenta la risposta tecnologica del Paese asiatico alla crescente esigenza di sicurezza alimentare e alla salvaguardia delle risorse marine.

Costruita originariamente come portarinfuse, l’imponente nave lunga 225 metri è stata convertita in appena tre mesi in un allevamento marino mobile con capacità produttiva annua di 2.800 tonnellate di pesce. Un progetto che si inserisce nell’ambiziosa strategia del “granaio marino” promossa dal governo cinese per rispondere ai cambiamenti climatici e alle incertezze geopolitiche che mettono sotto pressione le filiere alimentari tradizionali.

La trasformazione è stata curata da una filiale della China State Shipbuilding Corporation (CSSC), colosso statale della cantieristica, che dal 2017 guida le sperimentazioni sulle riconversioni navali in ambito ittico. La nave è ora dotata di sette camere di allevamento che occupano un volume d’acqua di 80.000 metri cubi, alimentate da un sistema dinamico che sfrutta il ricambio naturale con l’oceano tramite aperture laterali e di fondo. Un modello di acquacoltura mobile, quindi, capace di spostarsi durante l’anno tra mari del nord e del sud per garantire condizioni ottimali di allevamento.

L’armatore, Senhai Muge Zhejiang Marine Technology, ha già annunciato l’intenzione di costruire altre quattro imbarcazioni nei prossimi tre anni, confermando che la Zhe Dai Yu Yang 60001 entrerà in attività il mese prossimo. Un passo che va ben oltre l’innovazione tecnica: la Cina mira a ridurre la dipendenza dalle catture selvatiche, affrontando al tempo stesso il problema della sovrapesca e stabilizzando l’approvvigionamento interno.

Le potenzialità del nuovo modello sono enormi. Secondo CSSC, esistono almeno 1.500 imbarcazioni dismesse o riconvertibili in Cina e nel mondo. L’azienda stima che il solo mercato dell’acquacoltura a bordo possa valere fino a 100 miliardi di yuan (circa 14 miliardi di dollari), aprendo una nuova fase nella blue economy internazionale.

A supporto di questa visione, Pechino ha adottato nuove linee guida nazionali che puntano a integrare la crescita dell’acquacoltura marina con la tutela ambientale. Nel primo trimestre del 2025, i dati ufficiali mostrano un incremento del 5,7% nella produzione di acquacoltura marina e un +4,5% nella produzione totale di prodotti acquatici marini, segno di un settore in piena espansione.

Con la Zhe Dai Yu Yang 60001, la Cina inaugura una nuova era per l’acquacoltura a bordo, combinando tecnologia navale e sostenibilità per rispondere alle sfide globali. Un esperimento che potrebbe riscrivere le regole della produzione ittica mondiale.

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