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C’è un filo rosso che lega tutte le voci della pesca italiana: la necessità di tornare a una politica che ascolti il mare e chi lo vive ogni giorno. La pesca italiana attraversa una delle fasi più difficili degli ultimi decenni, eppure resta un pilastro economico e culturale per molte comunità costiere del Paese. È questo il messaggio emerso ieri dal convegno “I Custodi del Mare: per una Nuova Politica della Pesca Sostenibile – Pescatori, Istituzioni e Territori a confronto”, organizzato da Forza Italia alla presenza del vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani e del ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica Gilberto Pichetto Fratin.

Giandiego Gatta, deputato di Forza Italia e responsabile nazionale del Dipartimento Pesca e Acquacoltura, ha voluto riportare al centro del dibattito una questione troppo spesso dimenticata: il futuro del comparto. “Negli ultimi anni – ha osservato – lo sforzo di pesca si è ridotto di oltre il 40%, mentre il reddito dei pescatori è crollato fino al 50% in alcune marinerie. In molti casi siamo ai limiti della sopravvivenza. È una realtà che non possiamo più ignorare.”

Una fotografia che parla chiaro: l’Italia possiede la flotta peschereccia più numerosa d’Europa, pari al 17,5% delle imbarcazioni totali, ma si trova oggi a fare i conti con un declino strutturale. Ai nodi interni – flotta invecchiata, scarsa ricambio generazionale, costi energetici elevati – si sommano fattori globali come i cambiamenti climatici, l’alterazione degli ecosistemi marini e la proliferazione di specie invasive come il granchio blu e il vermocane, che mettono in crisi gli equilibri biologici e le economie locali.

Serve un cambio di passo

“Serve un cambio di passo – ha ribadito Gatta –. Non possiamo limitarci a politiche proibizioniste, né a una visione ideologica della sostenibilità. Occorre una strategia che accompagni la transizione verso una pesca capace di garantire tutela delle risorse e redditività per gli operatori.” Il riferimento è chiaro: il sistema di finanziamenti comunitari, oggi percepito come eccessivamente complesso e distante dalle esigenze concrete dei pescatori. “Chi lavora in mare – ha detto – non è un ragioniere o un ingegnere. Ha bisogno di strumenti semplici, chiari e pratici, per poter investire nell’ammodernamento delle strutture, nella decarbonizzazione dei motori e nell’adeguamento delle attrezzature di pesca.”

La pesca non è solo pesca

Dietro le cifre e le dichiarazioni, resta un punto fermo: la pesca è anche cultura, identità e presidio territoriale. Nelle parole di Gatta risuona la consapevolezza che il mare non è solo risorsa economica ma anche eredità sociale. “Sostenere chi lavora il mare significa sostenere l’Italia. Servono meno vincoli burocratici e più sostegno concreto agli operatori del settore, unendo tutela ambientale, crescita economica e salvaguardia delle nostre tradizioni.”

Il convegno di Forza Italia ha riaperto un dibattito che non può restare confinato ai tavoli politici: quello su una pesca sostenibile ma anche sostenuta, capace di conciliare la protezione dell’ambiente marino con la dignità del lavoro. Una sfida che, più che di slogan, ha bisogno di pragmatismo, collaborazione e di una visione nazionale che riconosca il mare come parte integrante della nostra economia reale.

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L’articolo Pesca italiana tra crisi e prospettive: serve una nuova politica di equilibrio proviene da Pesceinrete.

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