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Norwegian Seafood Council: export ittico record e nuove prospettive per l’Italia

Norwegian Seafood Council: export ittico record e nuove prospettive per l’Italia

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Il settore ittico italiano sta attraversando una fase di profonda trasformazione. La sostenibilità è ormai un criterio chiave nelle scelte di acquisto e un fattore determinante per la competitività dei prodotti sul mercato nazionale ed europeo. Parallelamente, le abitudini di consumo si diversificano e lo scenario internazionale ridefinisce i flussi commerciali e le strategie di approvvigionamento. In questo contesto, la Norvegia si conferma un partner strategico per l’Italia, grazie a prodotti come salmone, stoccafisso e merluzzo artico, apprezzati per qualità, affidabilità e capacità di innovazione.

Abbiamo approfondito questi temi con Tom-Jørgen Gangsø, direttore Italia del Norwegian Seafood Council (NSC), l’ente ufficiale che promuove a livello mondiale il valore e la conoscenza dei prodotti ittici norvegesi.

Negli ultimi mesi le esportazioni ittiche norvegesi verso l’Italia sono cresciute in modo significativo. Quali fattori sostengono questa tendenza e quali specie sono più dinamiche?

Il mercato italiano sta esprimendo una domanda in costante aumento per i prodotti ittici norvegesi, sostenuta da fattori strutturali come qualità percepita, continuità dell’offerta e reputazione del Paese d’origine. Nella prima metà del 2025 le esportazioni hanno raggiunto il record di 38.234 tonnellate, il valore più alto mai registrato per questo periodo. La crescita è stata trainata soprattutto dal salmone norvegese, in aumento sia rispetto al 2024 sia al precedente record del 2022, grazie al miglioramento delle performance negli allevamenti. Oggi circa il 90% del salmone consumato in Italia proviene dalla Norvegia. È inoltre la specie più richiesta nella ristorazione, anche grazie alla popolarità di format come sushi e poké.
In totale, il salmone norvegese raggiunge 226 milioni di porzioni consumate ogni anno. Andamento diverso per lo stoccafisso, le cui esportazioni risentono della riduzione delle quote di pesca – misura adottata per garantire la sostenibilità degli stock – e dell’aumento dei prezzi. La Norvegia resta comunque l’unico Paese esportatore verso l’Italia, dove lo stoccafisso rafforza la propria presenza nei canali Horeca e retail, anche grazie ai nuovi formati convenience.

Il consumo italiano è tradizionalmente centrato sul fresco, ma affumicati, surgelati e ready-to-eat sono in crescita. Che opportunità offrono questi trend per i prodotti norvegesi?

L’evoluzione delle preferenze dei consumatori italiani rappresenta un’opportunità chiave per i prodotti ittici norvegesi. Accanto al fresco, che resta un punto di riferimento, i segmenti affumicato, surgelato e pronto al consumo stanno crescendo con forza, ampliando le occasioni di acquisto e rendendo il salmone norvegese sempre più presente nella vita quotidiana. La GDO, che ha registrato un +7,7% in valore (YTD aprile 2025) per le categorie a peso variabile, si conferma il motore principale di questa tendenza, mentre cresce anche l’acquisto online: oggi il 10% degli italiani compra salmone norvegese con regolarità tramite e-commerce o app dedicate. Il salmone fresco confezionato ha mostrato performance eccezionali (+26,1% nel 2024), confermando la forza dei formati pratici e porzionati. Per stoccafisso e baccalà, i ready-to-eat e ready-to-cook offrono la possibilità di reinterpretare piatti della tradizione, rendendoli accessibili anche a consumatori più giovani o con poco tempo, in un incontro tra innovazione e radici gastronomiche.

Il settore ittico, come molti altri, è sempre più coinvolto nelle sfide legate alla sostenibilità degli ecosistemi marini e alla tutela della fauna. Quali sono le pratiche più rilevanti adottate in questo ambito e in che modo vengono comunicate al consumatore italiano?

Il settore ittico norvegese è nel vivo di un’evoluzione significativa, guidata dall’innovazione tecnologica e da un approccio orientato alla sostenibilità. Opera come un ecosistema integrato in cui università, centri di ricerca, start-up, aziende e istituzioni collaborano per sviluppare soluzioni all’avanguardia. Ne sono esempio i mangimi di nuova generazione, basati su soia certificata deforestation free e materie prime alternative, che hanno già contribuito a ridurre l’impronta di CO₂. Sul fronte tecnologico, sistemi di telecamere e laser permettono di neutralizzare i pidocchi di mare senza compromettere il benessere animale, mentre i modelli di allevamento si diversificano: alle gabbie tradizionali si affiancano soluzioni chiuse o semi-chiuse, strutture offshore, impianti a terra e gabbie sommergibili capaci di proteggere i pesci da condizioni meteo estreme e parassiti. Parallelamente cresce l’impegno verso l’economia circolare, con il riutilizzo di oltre il 90% dei sottoprodotti e il riciclo delle gabbie, fino alla trasformazione dei residui in biogas e fertilizzanti. Anche la logistica evolve, con il progressivo passaggio dal trasporto aereo a quello via mare o terra e la sperimentazione di mezzi a idrogeno. Tutto questo viene comunicato attraverso il marchio Seafood from Norway, garanzia visibile e immediata di origine e qualità per i consumatori italiani.

Il salmone norvegese è sotto pressione competitiva internazionale: qual è oggi il suo posizionamento in termini di volumi, valore e canali distributivi?

Nonostante la concorrenza crescente, il salmone norvegese mantiene un posizionamento di leadership grazie alla combinazione di qualità, origine e fiducia che lo rendono la scelta preferita dagli italiani: circa il 73% dei consumatori indica la Norvegia come origine prediletta, contro una media globale del 61%. In termini di distribuzione, il prodotto è ben radicato in tutti i principali canali: nella GDO, con performance positive e una crescita dei formati confezionati; nel canale Horeca, dove il salmone norvegese è ormai parte integrante delle proposte culinarie, rappresentando un valore aggiunto sia nelle ricette più ricercate sia in quelle tradizionali; infine nell’e-commerce, che continua a guadagnare peso grazie a modalità di acquisto sempre più agili e personalizzate. Anche nel 2025 il salmone norvegese si conferma dunque non solo come uno dei principali prodotti ittici importati in Italia, ma come un punto fermo nelle abitudini alimentari del Paese.

Come stanno evolvendo GDO, Horeca ed e-commerce per i prodotti norvegesi e quali prospettive sono più interessanti?

L’Italia è oggi uno dei mercati più rilevanti per i prodotti ittici norvegesi e il consumo continua a crescere, soprattutto nel fuori casa, dove nel 2024 sono state servite oltre 1,093 miliardi di porzioni, trainate in particolare dal salmone (+6,2%) e dai prodotti lavorati del merluzzo. I Quick Service Restaurant hanno avuto un ruolo decisivo in questa dinamica. Accanto al canale Horeca, che resta centrale per i prodotti ad alto valore aggiunto, la GDO si conferma il principale motore di crescita: qui, oltre al fresco, stanno guadagnando spazio i piatti pronti e i formati più pratici come poké e ready-to-cook, molto apprezzati da un pubblico giovane e urbano. Per accompagnare questi trend, con il marchio Seafood from Norway sono state avviate collaborazioni con brand italiani innovativi come Capatoast, Pescaria, Bar Atlantic – Esselunga, Iper – La Grande i e Investfood, realtà capaci di interpretare il salmone norvegese in chiave contemporanea. L’obiettivo è offrire ai consumatori italiani un’esperienza che unisca tradizione, innovazione e sostenibilità, seguendo da vicino l’evoluzione dei gusti e degli stili di vita.

Guardando al medio periodo, quali sono le priorità strategiche del Norwegian Seafood Council per l’Italia, con attenzione ai giovani e alla domanda di ready-to-eat?

Guardando al futuro, la priorità del Norwegian Seafood Council in Italia è rafforzare la fiducia dei consumatori e consolidare il legame storico che unisce i due Paesi. Tra i più giovani, l’obiettivo è promuovere il salmone norvegese come prodotto sano, sostenibile e versatile, perfettamente in linea con uno stile di vita dinamico ma attento alla qualità. La sostenibilità e la tracciabilità restano valori fondamentali, che continueremo a comunicare per favorire scelte sempre più consapevoli. Questo impegno contribuirà a valorizzare l’offerta nei canali della distribuzione – dai prodotti tradizionali alle soluzioni pronte al consumo – e a rafforzare il dialogo diretto e coinvolgente attraverso canali digitali, iniziative educative e collaborazioni con partner locali.

Una partnership solida e proiettata al futuro

La Norvegia continua dunque a rappresentare per l’Italia un punto di riferimento per qualità, innovazione e sostenibilità nel settore ittico. I dati confermano un mercato maturo ma in evoluzione, in cui trasparenza e fiducia restano i principali driver. Il Norwegian Seafood Council guarda avanti con una strategia orientata alle nuove generazioni e all’innovazione di prodotto, confermando che la collaborazione tra Italia e Norvegia può ancora crescere nel segno di una filiera responsabile, moderna e competitiva.

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La Generazione X è il motore invisibile dei consumi globali e del cambiamento nel food

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Si parla spesso di generazioni emergenti, ma la vera forza economica globale non appartiene ai giovanissimi. È la Generazione X, quella dei nati tra il 1965 e il 1980, a sostenere la gran parte dei consumi mondiali. Un segmento spesso trascurato dal marketing, ma centrale nella realtà.

Secondo l’ultimo rapporto The X Factor pubblicato da NielsenIQ e World Data Lab, i membri della Generazione X si trovano da alcuni anni nel periodo di massima capacità di spesa. Rappresentano oggi il gruppo con la spesa pro capite più alta al mondo e continueranno a esserlo almeno fino al 2033. Si stima che nel 2025 raggiungeranno i 15,2 trilioni di dollari di spesa globale, destinati a crescere fino a 23 trilioni entro il 2035.

La loro influenza è profonda e trasversale. In molte famiglie, i 45-60enni di oggi sostengono due generazioni contemporaneamente: figli adulti e genitori anziani. È per questo che vengono definiti “sandwich generation”. Ma, al di là del ruolo familiare, si collocano al centro del sistema dei consumi. Le donne di questa fascia d’età controllano circa metà della spesa globale e influenzano oltre il 70% delle decisioni di acquisto domestiche.

In Italia, la Generazione X vale oggi circa 369,8 miliardi di dollari in consumi, con una previsione di crescita del 23% entro il 2030. Parliamo di circa 14 milioni di persone che uniscono stabilità economica, esperienza e curiosità verso l’innovazione. Non sono pionieri digitali, ma adottano la tecnologia in modo funzionale. Usano piattaforme di acquisto online, dispositivi smart e sistemi automatizzati per la gestione della casa, senza però rinunciare al contatto umano e alla fiducia personale nei brand.

Nel comparto alimentare, questa generazione privilegia qualità, provenienza e trasparenza. Non si lascia sedurre da slogan, ma cerca coerenza e valore. È disposta a pagare di più per prodotti autentici, sostenibili e tracciabili, soprattutto se legati alla salute o al benessere della famiglia. Nel settore ittico, questo atteggiamento si traduce in una domanda crescente di prodotti certificati (ASC – MSC) trasformati con cura e provenienti da filiere responsabili.

La Generazione X, insomma, compra meno per impulso e più per convinzione. È curiosa, ma prudente. Aperta alle novità, ma fedele alla qualità. Le aziende che sanno interpretarne le esigenze costruiscono relazioni solide e durature, basate su fiducia e riconoscimento reciproco.

Oggi, che la comunicazione sembra ruotare intorno alla Generazione Z, la Gen X resta il baricentro silenzioso dell’economia. È lei che tiene insieme passato e futuro, tradizione e innovazione, consumo e consapevolezza. Capirla non significa solo vendere di più, ma costruire un mercato più maturo, sostenibile e realistico.

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Il pesce perde peso nella dieta del Giappone moderno

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Il Giappone, patria della cucina a base di pesce più raffinata del mondo, sta attraversando una fase di profonda trasformazione nei consumi alimentari. Proprio il calo del consumo di pesce in Giappone si conferma come una tendenza strutturale, non più legata solo alle oscillazioni economiche o stagionali. I dati più recenti mostrano che le famiglie giapponesi spendono di più per acquistare meno, un segnale chiaro di mutamento sociale e culturale.

A luglio 2025, la spesa media per i prodotti ittici per famiglia si è attestata a 5.553 yen, pari a circa 37,4 dollari, registrando un calo dell’1% su base annua in termini nominali e dell’1,6% in termini reali. È il sesto mese consecutivo di contrazione, a conferma di un trend che preoccupa produttori, importatori e analisti del settore.

Anche il volume di acquisto del pesce fresco è sceso a 1,3 chilogrammi per famiglia, con una riduzione dello 0,6%. Un dato che, insieme all’aumento medio dei prezzi, suggerisce una dinamica di consumo selettiva: i cittadini giapponesi preferiscono comprare meno ma privilegiare la qualità o la praticità dei prodotti.

Le differenze tra le categorie di prodotto rivelano una fotografia ancora più complessa. Il salmone, nonostante un incremento del 29% nella spesa, ha perso il 16,9% in peso. Il tonno, simbolo per eccellenza della cucina nipponica, è in calo del 2%, mentre crostacei come capesante e granchi segnano rispettivamente -54% e -44%. Persino i gamberi, da sempre tra i più richiesti, arretrano del 14%.

Non mancano però segnali positivi. La costardella del Pacifico ha registrato un incremento di quasi il 100% grazie al miglioramento delle catture, e i prodotti salati o essiccati, pratici e più economici, sono aumentati del 3,3%. È il riflesso di un adattamento del mercato a nuovi stili di vita, dove la conservabilità e la facilità di preparazione diventano valori chiave.

Il consumo pro capite di pesce in Giappone si è dimezzato rispetto all’inizio degli anni Duemila. Questo declino non è solo un problema di mercato, ma una questione identitaria. Il pesce è parte integrante della cultura giapponese, della sua salute pubblica e del suo immaginario collettivo. La perdita di centralità di questo alimento tradizionale evidenzia un cambiamento nei ritmi di vita, nella struttura familiare e nella percezione del valore del cibo.

Per l’industria ittica giapponese, la sfida è duplice: mantenere sostenibilità e redditività in un contesto di domanda in calo e di costi crescenti. Le soluzioni dovranno passare dall’innovazione tecnologica, dall’educazione alimentare e da strategie di promozione capaci di riconnettere i consumatori alla loro eredità gastronomica. Il Giappone, che ha insegnato al mondo il valore del mare, deve ora trovare un nuovo equilibrio tra tradizione e modernità.

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Tilapia, merluzzo e pangasio: il pesce bianco che domina il mercato USA

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Gli Stati Uniti restano uno dei mercati più forti al mondo per i prodotti a base di pesce bianco, con una domanda in costante crescita. Secondo i dati del World Trade Center (ITC), nei primi sette mesi del 2025 le importazioni di pesce bianco negli Stati Uniti hanno superato 1,1 miliardi di dollari, segnando un aumento del 42% rispetto allo stesso periodo del 2024. Un risultato che conferma il peso strategico di questo comparto nel commercio globale dei prodotti ittici trasformati e congelati.

Tilapia

Il prodotto più richiesto è il filetto di tilapia congelato, proveniente quasi interamente dalla Cina. Questo prodotto ha raggiunto un valore di 262 milioni di dollari, in crescita del 68% rispetto all’anno precedente. Oggi rappresenta il 23% del valore totale del pesce bianco importato dagli Stati Uniti. Il successo della tilapia è legato alla sua versatilità, al costo competitivo e alla capacità di adattarsi a molteplici tipologie di consumo, dal retail alla ristorazione collettiva.

Merluzzo

Dietro la tilapia, il secondo protagonista del mercato statunitense è il merluzzo. I filetti congelati hanno totalizzato oltre 260 milioni di dollari, in aumento del 13% rispetto al 2024. Anche in questo caso, la Cina è il principale fornitore, con una quota del 62% e un valore che sfiora i 162 milioni di dollari. Il merluzzo resta una scelta di riferimento per il mercato americano, grazie al suo sapore neutro e alla capacità di soddisfare le esigenze dell’industria alimentare e dei fast food.

Pangasio

In terza posizione si conferma il pangasio vietnamita. I dati della dogana del Vietnam indicano esportazioni verso gli Stati Uniti pari a 234 milioni di dollari nei primi otto mesi del 2025, in aumento del 4% rispetto all’anno precedente. Nonostante un calo temporaneo ad agosto (-20%), la specie continua a mantenere una solida posizione competitiva. Gli Stati Uniti sono il secondo mercato più importante per il pangasio dopo la Cina, un risultato che premia l’impegno del Vietnam nella diversificazione delle produzioni e nell’aumento del valore aggiunto.

Oltre a questi tre protagonisti, il mercato statunitense mostra segnali interessanti anche per altre specie di pesce bianco. I filetti di eglefino congelati hanno raggiunto 78 milioni di dollari, in crescita del 164% rispetto al 2024. In crescita anche la tilapia fresca o refrigerata, con un incremento del 56% e un valore di 27 milioni di dollari. Queste variazioni riflettono l’evoluzione delle abitudini di consumo, orientate verso prodotti più convenienti, facilmente reperibili e coerenti con la crescente attenzione alla salute.

Leadership del Sud-est asiatico nel mercato mondiale del pesce bianco

La spinta del pangasio e della tilapia conferma il ruolo centrale del Sud-est asiatico nel mercato mondiale del pesce bianco. Il Vietnam, in particolare, sta investendo in nuove filiere di allevamento e nella lavorazione di prodotti ready-to-cook, puntando a espandere le esportazioni e raggiungere l’obiettivo di 10 miliardi di dollari per l’intero comparto ittico nel 2025.

Dietro i numeri si legge un trend strutturale: la leadership asiatica nel pesce bianco non è solo questione di prezzo, ma di capacità produttiva, innovazione e adattamento ai mercati. Per i player globali, dagli Stati Uniti all’Europa, il confronto con queste economie è ormai inevitabile.

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India verso la certificazione MSC: una svolta per la pesca sostenibile e competitiva

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Durante la fiera World Food India, la pesca indiana ha mostrato segnali concreti di maturazione verso la sostenibilità. L’obiettivo di ottenere la certificazione MSC per dieci specie marine rappresenta una tappa decisiva per l’intero comparto ittico nazionale.

Il processo, coordinato dal Marine Stewardship Council insieme alla Sustainable Seafood Network of India e alla Seafood Exporters Association of India, è ormai entrato nella fase tecnica finale. Le valutazioni sugli stock di gamberi, calamari, seppie e polpi sono in via di completamento e la prima specie potrebbe ottenere la certificazione entro il 2026.

La sfida va oltre la mera conformità ambientale. La certificazione MSC per dieci specie marine aprirà nuovi spazi di competitività per l’industria ittica indiana, permettendo l’accesso a mercati premium come Stati Uniti e Unione Europea. Secondo le analisi del settore, i prodotti certificati riescono mediamente a spuntare prezzi superiori fino al 30%.

L’iniziativa è sostenuta da istituti di ricerca nazionali come CMFRI e CIFT e dal Ministero Federale della Pesca, che ha previsto fondi dedicati attraverso il programma PMSSY 2.0 per potenziare la tracciabilità e la ricerca applicata. La collaborazione tra autorità pubbliche, industria e scienza evidenzia un approccio sistemico alla sostenibilità, elemento chiave per un riconoscimento internazionale stabile.

Certificazione MSC come strumento di governance

La certificazione MSC non è soltanto un sigillo di garanzia, ma uno strumento di governance. Consente di migliorare la gestione delle risorse marine e di creare nuove opportunità economiche per i pescatori artigianali, oggi più esposti agli effetti dei cambiamenti climatici e delle fluttuazioni del mercato.

In un contesto globale in cui quasi il 40% degli stock ittici risulta sovrasfruttato, l’impegno dell’India segna un cambio di paradigma. La transizione verso la certificazione MSC per dieci specie marine non rappresenta solo un vantaggio competitivo, ma un atto di responsabilità ambientale che può rafforzare l’intera catena del valore del pescato.

Se completato con successo, il percorso offrirà un modello replicabile in altri Paesi emergenti, dimostrando come sostenibilità e redditività possano coesistere in una pesca moderna, tracciabile e socialmente inclusiva.

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