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Quando la scorsa primavera a Barcellona è stato presentato il nuovo Farm Standard dell’Aquaculture Stewardship Council (ASC), non è sembrato il solito aggiornamento di un disciplinare. Per chi lavora nell’acquacoltura è apparso subito come un cambio di impostazione: meno documenti separati, più sistema. Il 2025 si chiude così come un anno in cui l’ASC ha concentrato in un unico quadro standard, mangimi, diritti dei lavoratori, benessere animale e strumenti digitali, provando a tenere insieme tutte le dimensioni della produzione di pesce allevato per i mercati internazionali.

Un unico standard per un settore frammentato

Per anni la certificazione ASC è cresciuta sommando standard di specie: salmone, gambero, pesce gatto e via via gli altri. Funzionava, ma generava un mosaico complesso.

Il nuovo Farm Standard interviene proprio qui: unifica requisiti ambientali, sociali e di benessere animale in una struttura unica, applicabile a specie diverse. Per ottenere o mantenere la certificazione, un allevamento deve mostrare dati verificati su utilizzo dell’acqua, impatti sugli habitat, gestione dei medicinali e delle emissioni, insieme a condizioni di lavoro, rapporto con le comunità locali, salute e benessere degli animali.

Nel 2025 l’ASC ha affiancato produttori e auditor con corsi mirati, materiale operativo e simulazioni di audit in Asia, America Latina, Africa ed Europa. L’obiettivo è stato pratico: ridurre il rischio che la transizione si traduca in blocchi o ritardi e costruire un vocabolario comune tra chi produce, chi controlla e chi compra.

Benessere animale e diritti umani al centro

Il nuovo impianto rende più evidente qualcosa che fino a pochi anni fa restava spesso ai margini: il benessere animale.

Densità di allevamento, mortalità, prevenzione delle malattie, trasporto, metodi di stordimento e abbattimento entrano tra i parametri centrali di valutazione. Per molte aziende significa rivedere protocolli interni, registrazione dei dati e gestione operativa, con l’effetto collaterale – non secondario – di misurare meglio perdite, efficienza e rischi sanitari.

In parallelo, l’ASC ha rafforzato il capitolo diritti umani. Nel 2025 sono stati sviluppati strumenti per affrontare salario dignitoso, partecipazione dei lavoratori, impatto sugli insediamenti locali e sui popoli indigeni nelle aree dove l’acquacoltura è presente in modo significativo.

Il modulo sulla Catena di Custodia, che regola ciò che succede dopo l’uscita del prodotto dall’allevamento, è stato avviato a revisione proprio con un focus sui diritti umani. Le proposte saranno discusse pubblicamente nel 2026. Il segnale al mercato è semplice: sapere da dove viene il pesce non basta più, serve capire in quali condizioni è stato prodotto e lavorato.

Mangimi: l’obbligo di coerenza lungo la filiera

La seconda leva su cui l’ASC è intervenuto nel 2025 riguarda i mangimi.

Il Programma di Certificazione dei Mangimi ha esteso la copertura a temi come deforestazione, conversione dei suoli, pressione sugli stock marini usati come materia prima, tracciabilità e prevenzione del lavoro forzato nelle filiere degli ingredienti.

Il passaggio più netto è scattato il 31 ottobre: da quella data gli allevamenti certificati ASC sono tenuti a utilizzare esclusivamente mangimi provenienti da stabilimenti anch’essi certificati ASC.

In pratica, l’organizzazione ha collegato in modo diretto la conformità dell’allevamento alla conformità dei suoi fornitori di feed. Alla fine del 2025 il programma conta decine di impianti certificati in 29 paesi, segno di un adeguamento rapido da parte dei principali produttori di mangimi per l’acquacoltura.

Espansione di specie e programmi di miglioramento

Il 2025 è stato anche un anno di estensione del perimetro.

L’inclusione del merluzzo atlantico nello standard combinato con il salmone e il lavoro in corso su diverse specie di pesce gatto indicano la volontà di allineare la certificazione alla reale composizione del mercato, che non si esaurisce nelle poche specie su cui si concentra l’attenzione mediatica.

Per i produttori che non sono ancora in grado di soddisfare i requisiti completi, resta strategico il programma Improver: venti progetti attivi in sei paesi accompagnano allevamenti e aree produttive in percorsi graduali di miglioramento, con obiettivi intermedi e supporto agli enti locali incaricati di attuare gli interventi.

È una scelta pragmatica: chi non è pronto alla certificazione non viene escluso dal discorso, ma inserito in un percorso misurabile.

Accordi sul campo: Corea, Ecuador, Ghana

Una parte importante del lavoro dell’ASC nel 2025 è passata attraverso accordi con istituzioni e imprese in diversi contesti.

In Corea del Sud è stato firmato un protocollo d’intesa con l’Istituto nazionale di scienze della pesca, con l’obiettivo di far convergere ricerca pubblica e requisiti della certificazione. In Ecuador, l’ASC ha collaborato con un grande marchio della trasformazione e un produttore locale per un progetto di ripristino delle mangrovie collegato alla produzione di gambero certificato.

In Ghana, la cooperazione con la Camera di Commercio dell’Acquacoltura ha portato alla definizione di un Codice di Buone Pratiche nazionale, pensato per rendere più facilmente verificabili le condizioni di produzione e facilitare l’accesso a mercati che richiedono standard riconosciuti.

Sul fronte della domanda, il 2025 ha visto campagne con retailer e ristorazione in Nord America, iniziative in Europa per invitare i consumatori a controllare il marchio in etichetta e una Settimana del Pesce Sostenibile in Giappone costruita con partner locali. Premi dedicati al seafood responsabile in diversi paesi hanno contribuito a rendere il logo ASC più visibile fuori dagli addetti ai lavori.

Il ruolo dell’Italia e dell’Europa meridionale

In Europa meridionale, e in Italia in particolare, il tema tocca un tessuto produttivo e culturale dove il consumo di pesce è parte della quotidianità.

Nel 2025, l’ASC ha consolidato la presenza nel Sud Europa attraverso accordi con la distribuzione moderna e la ristorazione organizzata. Spigola, trota e salmone certificati ASC sono comparsi con maggiore continuità sugli scaffali delle grandi insegne, spesso accompagnati da materiale informativo dedicato.

Per i produttori italiani di acquacoltura marino-costiera e per l’industria di trasformazione, la certificazione non è più solo un plus di immagine: diventa un requisito competitivo per mantenere l’accesso ai mercati esteri e rispondere alle richieste di buyer che chiedono dati, non solo dichiarazioni.

La comunicazione specializzata gioca qui un ruolo di cerniera: raccontare in modo chiaro cosa significa aderire agli standard ASC e come cambia la gestione in azienda aiuta allevatori, trasformatori, distribuzione e consumatori a muoversi all’interno di uno stesso quadro di riferimento.

Tracciabilità digitale e contatto diretto con gli allevamenti

Accanto agli standard, il 2025 ha segnato un passo avanti anche sul piano degli strumenti.

Il progetto di tracciabilità digitale TraceASC è stato presentato nei principali appuntamenti dedicati al comparto del gambero come esempio di come un sistema informatico possa ridurre carichi burocratici e migliorare la qualità dei dati lungo la filiera.

Il lancio del Programme Centre – un portale che organizza standard, linee guida e documenti interpretativi – e dell’Online Farm Mapping Tool, che migliora la qualità e la leggibilità delle informazioni geografiche sugli allevamenti, ha reso più accessibili regole e requisiti per chi deve affrontare un audit o aggiornare le proprie procedure interne.

Nonostante la spinta digitale, il contatto diretto con il campo è rimasto decisivo. Nel 2025 i team ASC hanno preso parte a decine di fiere e conferenze, intervenendo come relatori e organizzando Discovery Tour in Norvegia e Scozia. Qui buyer, distributori e altri stakeholder hanno potuto visitare allevamenti certificati, vedere come vengono monitorati i parametri ambientali, come si gestiscono i cicli di produzione e quali dati vengono registrati.

Dopo l’anno di svolta

Alla fine del 2025, l’ASC esce con un profilo più definito: non solo ente che rilascia certificazioni, ma piattaforma che collega standard, formazione, strumenti digitali, dialogo con i governi e lavoro con i grandi compratori.

Resta aperta una domanda chiave: quanto velocemente il settore sceglierà di allinearsi a questa impostazione? La risposta dipenderà dalle decisioni di produttori, mangimifici, trasformatori, retailer e ristorazione, e dalla disponibilità a investire in dati e processi, non solo in comunicazione.

Dal canto suo, l’ASC rivendica nel 2025 progressi concreti e un obiettivo semplice da enunciare, meno da raggiungere: fare in modo che il pesce allevato in modo responsabile diventi la scelta normale, non l’eccezione. I prossimi anni diranno se questo impianto sarà stato davvero il punto di svolta o solo il primo passo di un percorso ancora lungo.

 

L’articolo Nel 2025 l’ASC riscrive le regole dell’acquacoltura responsabile proviene da Pesceinrete.

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