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Oltre ai prospetti contabili che impone il Codice civile e ai principi stabiliti dall’organismo italiano di contabilità (OIC) per la loro redazione, si fa largo il “bilancio di sostenibilità,” che è un documento, divenuto imprescindibile per le imprese che tengono al rispetto dell’ambiente, e dunque verso la società tutta.
In base alla Direttiva europea 2022/2464 (CSRD), recepita anche in Italia, le imprese obbligate alla redazione di tale importante strumento, sono le grandi imprese di interesse pubblico — come società quotate, banche, assicurazioni e grandi gruppi con oltre 500 dipendenti. Dal 2026 l’obbligo si estenderà gradualmente anche ad altre imprese, comprese quelle con più di 250 dipendenti o con determinati requisiti di fatturato e stato patrimoniale.
Molte sono le aziende che scelgono comunque su base volontaria di redigere il bilancio di sostenibilità. È una scelta che migliora l’immagine aziendale e la reputazione presso gli stakeholder, facilita l’accesso a bandi e finanziamenti europei, consente una gestione più consapevole delle risorse e rafforza la competitività in mercati sempre più sensibili ai temi ambientali e sociali.
Nel settore ittico e della pesca, questo tema rappresenta una frontiera pressoché nuova. Oggi le imprese del comparto non sono tenute a rendicontare il proprio impatto nell’ambiente circostante, ma è probabile che nel breve anche loro dovranno adeguarsi. Chi vive del mare conosce meglio di chiunque altro il valore della sostenibilità ma non è più sufficiente saperlo necessiterà a breve comunicare come e quali criteri adotta per rispettarla.
Le aziende della pesca ma anche quelli che si occupano di trasformazione, commercializzazione ,acquacoltura, che decidono di intraprendere questo percorso, possono ispirarsi agli standard internazionali come il GRI (Global Reporting Initiative), criteri allineati e coerenti con gli obiettivo di agenda 2030, in particolare quelli relativi al consumo e alla produzione responsabili, alla vita sott’acqua, alla lotta contro il cambiamento climatico, al lavoro dignitoso e alla promozione dell’innovazione sostenibile.
Redigere un bilancio di sostenibilità significa rendere conto, spiegare come vengono gestite le risorse marine, l’impatto energetico delle attività, l’inquinamento, il rispetto delle stagionalità e degli stock ittici, la tracciabilità del prodotto, le condizioni di lavoro dei pescatori e molto altro. Ciò è ovvio che comporterà sostenere altri costi per le imprese ma i benefici sperati genereranno sicuramente valore e nuove opportunità di mercato.
Per il comparto della pesca, la redazione del bilancio di sostenibilità, ancorché volontario è un ulteriore atto di responsabilità. Significa diventare ambasciatori di una cultura del mare più consapevole, capace di unire tradizione e innovazione e di garantire che la ricchezza del mare resti fonte di vita, lavoro e futuro per le generazioni che verranno.
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