Categoria: Pesce In Rete Pagina 1 di 1157

EU Fishing Limits 2026: AIC Pesca President’s Harsh Response

 [[{“value”:”

“If Europe’s goal is to wipe out Italian fisheries, then it should have the courage to say so openly—and give us a government job, because with these measures we can no longer fish. We barely survive.”

With these harsh and provocative words, Natale Amoroso, President of AIC Pesca, responds to the European Commission’s proposals on fishing opportunities for 2026.

The new measures—which include a 64% reduction in trawling effort, a 25% cut for longlines, catch limits for deep-water shrimps and pelagic species, and additional restrictions in the Strait of Sicily and the Ionian Sea—represent, according to Amoroso, “a direct attack on the dignity and survival of the Italian fleet.”

“You cannot speak of sustainability while imposing cuts that make work impossible. It’s like asking a farmer to cultivate without land. If Europe truly wants the end of fishing, then give us a public contract and put us behind a desk. But don’t deceive us with the word ‘transition’ while taking the sea out from under our feet.”

Amoroso calls on Minister Lollobrigida for a clear and immediate stance:
“We cannot passively accept a proposal that is not only economically unsustainable but also socially devastating. Coastal communities risk emptying out, traditions risk disappearing, and fishermen risk becoming museum pieces.”

The AIC Pesca president says he is ready to join a European mobilization with French and Spanish colleagues:
“We need a strong response—a united front. We cannot allow Brussels to decide our future without listening to us. The Mediterranean is not a laboratory; it is our home.”

For more insights on the future of Italian fisheries and the blue economy, follow ongoing coverage and analysis on Pesceinrete.

NEWSLETTER

L’articolo EU Fishing Limits 2026: AIC Pesca President’s Harsh Response proviene da Pesceinrete.

“}]] ​ 

Pubblicata la relazione economica 2025 sulla flotta peschereccia UE

Pubblicata la relazione economica 2025 sulla flotta peschereccia UE

 [[{“value”:”

La relazione economica annuale sulla flotta peschereccia dell’UE 2025 fornisce una lettura aggiornata e definitiva dello stato del settore a due anni dall’inizio della fase più acuta delle turbolenze post-pandemiche e post-energetiche. Il documento della Commissione europea analizza nel dettaglio i risultati.

Il quadro di riferimento resta segnato dalle difficoltà del 2023, un anno di forte compressione dei margini che ha inciso profondamente sulle dinamiche operative delle flotte. In quell’anno la flotta UE contava 70.280 imbarcazioni, 53.260 delle quali attive, per una capacità di 1,15 milioni di GT e 4,36 milioni di kW. Con 119.479 pescatori equivalenti a 73.974 unità lavorative annue, il settore mostrava già un ridimensionamento strutturale, in parte attenuato dal ruolo trainante della piccola pesca costiera, che rappresentava il 77% delle unità operative.

La produzione aveva raggiunto 3,39 milioni di tonnellate per un valore di 6,1 miliardi di euro, un dato penalizzato dal calo dei prezzi medi alla prima vendita e dalla volatilità dei costi. L’utile netto si era fermato a 59 milioni di euro, con un crollo del 61% rispetto all’anno precedente e un margine vicino all’1%. Il 2023 resta quindi il punto più critico della serie storica recente, condizionato in particolare dall’impatto ritardato degli shock energetici del 2022.

Il 2024 segna però l’inizio di una fase di recupero. Le stime raccolte nella Relazione economica 2025 indicano un miglioramento dell’utile lordo e un parziale riallineamento dell’utile netto, grazie alla riduzione del costo del carburante, alla normalizzazione dell’inflazione e al riposizionamento dei prezzi di alcune specie chiave sul mercato europeo. Questo andamento positivo appare trasversale, seppur con differenze tra segmenti produttivi: la piccola pesca costiera mostra un incremento della redditività più netto, mentre le flotte più energivore evidenziano una ripresa più graduale.

La pesca in acque lontane mantiene una traiettoria positiva e contribuisce ancora in modo rilevante ai volumi totali, seppur con dinamiche di profitto meno marcate rispetto al passato. Per la flotta su larga scala, che nel 2023 aveva registrato un utile netto negativo, il 2024 rappresenta un anno di riequilibrio, con un ritorno verso margini operativi più sostenibili.

I risultati per il 2025,  evidenziati nella parte conclusiva del report, delineano un settore più stabile rispetto al biennio precedente. Le flotte europee stanno beneficiando di un contesto macroeconomico meno volatile, della riduzione dei costi variabili e di una domanda più prevedibile all’interno del mercato unico. Pur non essendo ancora un ritorno ai livelli pre-crisi, il 2025 appare come un anno di consolidamento, con una ripresa più uniforme tra bacini e segmenti di flotta.

Il dato generale che emerge dalla Relazione economica 2025 è chiaro: dopo il minimo storico del 2023, il settore della pesca dell’UE sta gradualmente recuperando sostenibilità economica e stabilità operativa. La resilienza mostrata dalle flotte, soprattutto da quelle di piccola scala, conferma l’importanza di un modello produttivo radicato nei territori e più capace di mitigare gli shock di mercato. Restano però nodi aperti sulla struttura dei costi, sulla capacità di attrarre nuova forza lavoro e sulla competitività dei prezzi in alcuni mercati chiave.

L’articolo Pubblicata la relazione economica 2025 sulla flotta peschereccia UE proviene da Pesceinrete.

“}]] ​ 

In UE cresce la dipendenza dal pesce importato

In UE cresce la dipendenza dal pesce importato

 [[{“value”:”

L’Unione europea chiude il 2025 con un dato che pesa come un segnale strutturale: solo il 38,1% della domanda di prodotti ittici viene coperta dalla produzione interna. È uno dei livelli più bassi dell’ultimo decennio e, come evidenziato dal rapporto EU Fish Market 2025 della Commissione europea, riflette un equilibrio industriale sempre più fragile.

La riduzione dell’autosufficienza non è episodica. Da anni l’Europa produce meno di quanto consuma e il 2023 – ultimo anno con dati consolidati – segna il punto più critico, con un calo simultaneo di pesca e acquacoltura. Una contrazione che arriva in un momento in cui le importazioni, storicamente il pilastro su cui poggia la sicurezza alimentare europea, rallentano a causa delle tensioni globali su logistica, disponibilità delle specie e politiche di gestione delle risorse.

Una dipendenza concentrata su cinque specie strategiche

L’aspetto più rilevante, in termini di rischio, è la concentrazione della dipendenza europea su un numero ridotto di prodotti. Salmone, tonno, Alaska pollock, gamberi e merluzzo assorbono quasi metà del consumo dell’UE e sono per la quasi totalità importati.

Il caso del salmone è emblematico: il mercato europeo è quasi completamente legato alla produzione norvegese e, in misura minore, britannica e cilena. Per l’Alaska pollock, la dipendenza è assoluta. I gamberi restano un mercato dominato dai produttori asiatici e latinoamericani, mentre per il merluzzo i tagli alle quote nei principali stock del Nord Atlantico hanno spinto i prezzi verso l’alto.

Questa esposizione rende l’UE vulnerabile non solo alle fluttuazioni di mercato, ma anche alle scelte politiche e regolatorie dei Paesi fornitori.

Italia: consumi resilienti, bilancia commerciale in peggioramento

Tra i Paesi membri, l’Italia merita una nota specifica. È uno dei pochi mercati in cui i consumi apparenti crescono, segnando un incremento dell’1%. Ma l’aspetto più rilevante riguarda il commercio: il deficit della bilancia ittica italiana si amplia, segno di una dipendenza che si fa più profonda.

Il Paese si trova in una posizione particolarmente delicata: forte domanda interna, filiera trasformativa consistente, una quota rilevante di prodotti premium nel segmento horeca – ma capacità produttiva interna insufficiente.

Il Mediterraneo, con l’acquacoltura di orata e spigola e la produzione di mitili, resta uno dei pochi comparti in cui l’UE mostra autosufficienza significativa. Tuttavia, non basta a riequilibrare un mercato sbilanciato su specie per le quali l’Europa non dispone di volumi adeguati.

La questione non è più solo economica: è geopolitica

L’Economia blu europea dipende oggi da un gruppo ristretto di fornitori esterni: Norvegia, Cina, Ecuador, Vietnam e India tra i principali. Questo quadro, evidenziato dal rapporto, colloca il settore ittico all’incrocio tra commercio internazionale, sicurezza alimentare e diplomazia economica.

La volatilità delle quote di pesca nel Nord Atlantico, le crescenti restrizioni fitosanitarie e le tensioni geopolitiche possono trasformarsi rapidamente in shock di offerta. Per un’Unione che importa oltre il 60% dei prodotti ittici che consuma, qualsiasi perturbazione esterna può avere ripercussioni significative sui prezzi e sulla stabilità delle filiere interne.

Uno scenario che impone scelte politiche e industriali

Il declino dell’autosufficienza mette sotto pressione la strategia europea sul food system. Le imprese chiedono stabilità normativa, investimenti nella trasformazione e incentivi all’innovazione in acquacoltura.

Al tempo stesso, il rapporto evidenzia che l’UE dovrà affrontare un nodo sempre più urgente: come garantire approvvigionamenti sicuri in un mercato globale che non è più in espansione come dieci anni fa.

Per l’Italia – tra i maggiori consumatori europei e tra i mercati più sensibili alle dinamiche dei prezzi – la sfida è duplice: rafforzare la capacità produttiva interna e preservare la competitività della filiera trasformativa, oggi più esposta alla volatilità internazionale.

L’articolo In UE cresce la dipendenza dal pesce importato proviene da Pesceinrete.

“}]] ​ 

La Norvegia ferma l’estrazione mineraria in acque profonde fino al 2029

La Norvegia ferma l’estrazione mineraria in acque profonde fino al 2029

 [[{“value”:”

La moratoria norvegese sull’estrazione mineraria in acque profonde rappresenta uno dei blocchi più significativi decisi da un Paese artico negli ultimi anni, con potenziali ripercussioni anche per le politiche europee e internazionali di tutela degli oceani.

La decisione del Parlamento norvegese sospende ogni attività legata al mining nei fondali profondi dell’Artico almeno fino all’autunno del 2029, termine dell’attuale legislatura. Per i prossimi quattro anni non saranno quindi rilasciate licenze di esplorazione né di sfruttamento, un segnale politico netto verso una maggiore prudenza ambientale. Contestualmente, il governo ridurrà in maniera significativa i finanziamenti destinati alla mappatura dei fondali, una componente chiave per l’eventuale apertura dell’industria mineraria in acque ultra-profonde.

La Deep Sea Conservation Coalition (DSCC), una delle principali organizzazioni globali impegnate nella difesa degli ecosistemi abissali, ha accolto con favore la scelta norvegese. Secondo Sofia Tsenikli, Direttrice della Campagna Globale del DSCC, si tratta di “una grande vittoria per l’oceano, il clima e la natura”, sottolineando come il blocco totale di esplorazioni e attività minerarie “rappresenti un altro chiodo nella bara di un’industria inutile, sconsiderata e altamente distruttiva”. La moratoria viene interpretata come l’unico strumento in grado di garantire che i benefici forniti dagli ecosistemi profondi—dalla regolazione climatica alla biodiversità—possano essere preservati per le generazioni future.

La posizione sorprende anche perché la Norvegia, fino ad ora, è stata tra i sostenitori più convinti dello sviluppo del settore, sia nelle proprie acque nazionali sia in sede internazionale, in particolare presso l’Autorità Internazionale per i Fondali Marini (ISA). Il cambio di direzione appare invece pienamente coerente con i pareri scientifici che, negli ultimi anni, hanno evidenziato rischi ambientali elevatissimi e ancora non quantificabili: dalla distruzione irreversibile degli habitat profondi alla dispersione di sedimenti ricchi di metalli pesanti, con possibili impatti sulle catene trofiche e sui cicli biogeochimici globali.

Per la DSCC e per numerosi organismi scientifici, la decisione norvegese rappresenta un precedente politico di grande peso. L’organizzazione invita il governo di Oslo – e la comunità internazionale nel suo complesso – a unirsi ai 40 Paesi che hanno già formalizzato misure precauzionali, sostenendo una moratoria globale che impedisca danni permanenti a uno degli ultimi ambienti incontaminati del pianeta.

In un contesto in cui gli oceani sono sempre più al centro delle strategie economiche, energetiche e alimentari, la sospensione norvegese apre una riflessione politica più ampia: rallentare oggi può essere la condizione necessaria per evitare, domani, un impatto irreversibile sugli equilibri degli ecosistemi profondi.

L’articolo La Norvegia ferma l’estrazione mineraria in acque profonde fino al 2029 proviene da Pesceinrete.

“}]] ​ 

Federpesca. Verso una pesca mediterranea sostenibile e competitiva

Federpesca. Verso una pesca mediterranea sostenibile e competitiva

 [[{“value”:”

Si è svolto ieri al Parlamento europeo di Bruxelles il convegno “Verso una pesca mediterranea sostenibile e competitiva: governance e Blue Deal europeo”. L’evento, promosso da Federpesca, è stato un confronto dedicato al futuro della pesca mediterranea nel quadro delle nuove politiche europee di transizione blu.

I lavori sono stati ospitati e aperti dall’On. Marco Falcone (Commissione Pech), che ha espresso forte preoccupazione per le possibili riduzioni dei fondi europei. “Stiamo ragionando sul prossimo quadro finanziario pluriennale. Non possiamo estremizzare la sostenibilità ambientale a discapito di quella sociale ed economica. In molte regioni la pesca è identità territoriale”. L’On. Falcone ha inoltre sottolineato la necessità di rendere il settore più attrattivo, favorendo l’ammodernamento della flotta e il ricambio generazionale.

Tra i partecipanti anche la dott.ssa Francesca Arena, vicecapo di gabinetto del Commissario Kadis, che ha illustrato i temi al centro dei recenti confronti istituzionali: quote di pesca, concorrenza sleale, ammodernamento delle flotte in chiave di decarbonizzazione e misure per il ricambio generazionale.
“La Politica Comune della Pesca è in fase di revisione, con una semplificazione del quadro normativo – ha dichiarato la dott.ssa Arena – Stiamo rafforzando nuovi progetti di cooperazione nel Mediterraneo e iniziative di formazione rivolte ai Paesi terzi, così come l’introduzione di controlli più stringenti sulle infrazioni”.

Il presidente di Federpesca, Giovanni Azzone, ha poi aperto la sessione tematica richiamando l’attenzione sui tre pilastri della pesca sostenibile: ambientale, sociale ed economica.
C’è il rischio che un eccesso di regolamentazione possa ostacolare il necessario rinnovo della flotta – ha dichiarato il presidente – Bisogna valorizzare il potenziale dell’innovazione, soprattutto per ridurre l’impatto ambientale e rafforzare il dialogo con la ricerca. L’aumento dei vincoli proposti dalla Commissione è una risposta del tutto disfunzionale alle necessità del settore che va rigettata con decisione.”
Azzone ha inoltre ricordato l’esigenza di manodopera qualificata, inclusa la possibilità di coinvolgere lavoratori stranieri con competenze specifiche, accompagnata da maggiori investimenti nella formazione.

Sulla stessa linea anche l’On. Giorgio Salvitti (Masaf), che ha sottolineato l’impegno del Ministro Lollobrigida nella difesa del comparto e l’importanza dell’innovazione tecnologica e delle opportunità offerte dai finanziamenti europei, individuando nella formazione un ulteriore pilastro per la crescita del comparto.

pesca mediterranea sostenibile

La seconda sessione è stata moderata dalla direttrice di Federpesca, Francesca Biondo, che ha illustrato i principali nodi legati alla proposta sulle possibilità di pesca per il 2026 emersi nel dialogo con il Commissario Kadis.
“Abbiamo rappresentato al Commissario la necessità di rivedere completamente la proposta di riduzione dell’attività per il 2026 – ha spiegato – e presentato tre le priorità la necessità di considerare lo sforzo di pesca soltanto quando vi è un effettivo prelievo delle risorse, la questione del rinnovo della flotta, oggi non consentito dall’attuale Feampa, e l’importanza di considerare nelle scelte di gestione  non solo i dati biologici ma anche quelli socio-economici, che raccontano di un settore ormai al traguardo”.
La direttrice ha poi richiamato il ruolo determinante dei cambiamenti climatici e della crescente pressione derivante da altri usi del mare, fattori che incidono profondamente sulla sofferenza di numerosi stock del Mediterraneo.

A seguire è intervenuto Ivan Lopez (European Bottom Fisheries Alliance), che ha ribadito l’importanza di difendere la pesca a strascico.
“Per parlare di sostenibilità – ha dichiarato – dobbiamo parlare di una flotta che esiste e che può continuare a operare. Senza sostenibilità economica non può esserci sostenibilità ambientale”. Lopez ha inoltre richiamato l’attenzione sul tema della concorrenza dei Paesi terzi, per cui è necessaria una regolamentazione più rigorosa dei prodotti immessi sul mercato europeo.

Tra gli interventi anche quello di Sergio Vitale (CNR-IRBIM), che è intervenuto sui temi della decarbonizzazione e della selettività, e del prof. Ike Olivotto (Università Politecnica delle Marche), che ha affrontato il rapporto tra ricerca, cambiamento climatico e competitività delle imprese.

Sul tema della sostenibilità è intervenuta anche Stefania Valentini (Federpesca Europa e CEO di Netec), che ha illustrato le iniziative del progetto “Life Dream”, dedicate alla tutela delle barriere coralline profonde e al recupero dei rifiuti plastici, sottolineando la necessità di rivedere la proposta di fondo unico europeo per i prossimi anni al fine di non penalizzare ulteriormente il settore della pesca.

La prospettiva delle istituzioni regionali è stata portata da Grazia Gulluni (Regione Lazio), che ha ricordato come il Lazio sia stata la prima regione a integrare l’economia del mare nelle proprie politiche di sviluppo, mentre Fabio Carella (Regione Veneto) ha evidenziato l’importanza della pianificazione dello spazio marittimo come strumento di governance integrata e di sviluppo condiviso della Blue Economy.

In chiusura, la direttrice Francesca Biondo ha ringraziato i partecipanti e l’On. Falcone per il sostegno, lanciando il Forum permanente europeo su pesca e acquacoltura e dando appuntamento ai prossimi incontri dedicati al futuro della pesca mediterranea.

L’articolo Federpesca. Verso una pesca mediterranea sostenibile e competitiva proviene da Pesceinrete.

“}]] ​ 

Pagina 1 di 1157

Made with & by Matacotti Design

Privacy & Cookie Policy