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UE, al via la consultazione sulla revisione della norme a tutela dell’ambiente marino

UE, al via la consultazione sulla revisione della norme a tutela dell’ambiente marino

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Il 16 dicembre la Commissione europea ha avviato una consultazione pubblica e un invito a presentare contributi sulla prossima revisione della Direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino (MSFD), uno dei pilastri della politica europea per la tutela dei mari e degli oceani. La consultazione resterà aperta fino al 9 marzo 2026 e si rivolge a un pubblico ampio: istituzioni, imprese, operatori economici, comunità scientifica, associazioni e cittadini.

La revisione arriva dopo la pubblicazione, all’inizio del 2025, di una valutazione approfondita sull’efficacia della direttiva, in vigore dal 2008. Il bilancio tracciato dalla Commissione è articolato: la MSFD ha costruito un quadro ambizioso e condiviso per monitorare lo stato dei mari europei e contrastare l’inquinamento e le pressioni antropiche, ma non è riuscita a raggiungere pienamente l’obiettivo del “buono stato ambientale” fissato entro il 2020.

In molte aree marine dell’Unione la biodiversità continua a diminuire e i livelli di inquinamento, in particolare da nutrienti e sostanze chimiche, restano elevati. Un dato che fotografa con chiarezza la distanza ancora esistente tra gli obiettivi politici e la realtà degli ecosistemi marini.

Accanto a queste criticità, la valutazione evidenzia anche risultati concreti: la direttiva ha rafforzato la cooperazione tra gli Stati membri e tra le diverse regioni marine, ha contribuito a costruire un quadro europeo per la protezione della biodiversità e l’uso sostenibile delle risorse e ha generato una mole significativa di dati e conoscenze. Informazioni che hanno migliorato la comprensione dell’impatto delle attività umane sul mare e che hanno sostenuto l’adozione di normative mirate, come la Direttiva sulla plastica monouso.

È proprio da questa base che la Commissione intende ripartire. La revisione della MSFD punta a rafforzare la protezione dell’ambiente marino, ma anche a semplificare l’attuazione della normativa, riducendo gli oneri amministrativi e migliorando la gestione e l’utilizzo dei dati. Un passaggio tutt’altro che secondario per gli operatori economici e per le amministrazioni chiamate ad applicare le regole sul campo.

A chiarire l’impostazione politica è intervenuta la Commissaria europea per l’Ambiente, la resilienza idrica e un’economia circolare competitiva, Jessika Roswall, sottolineando come mari e oceani sani, puliti e produttivi siano essenziali non solo per la tutela dell’ambiente, ma anche per permettere all’economia blu europea di crescere in modo sostenibile. L’obiettivo, ha spiegato, è raccogliere contributi utili per rendere le norme dell’UE più efficaci e più semplici da applicare.

La revisione della direttiva si inserisce inoltre in un quadro strategico più ampio. Come annunciato nella Strategia sulla resilienza idrica, l’aggiornamento della MSFD è considerato necessario per rafforzare l’approccio “dalla sorgente al mare”, sempre più centrale nella gestione integrata delle pressioni ambientali. La direttiva mantiene anche un ruolo chiave nel Patto europeo per gli oceani, affiancando la legislazione marittima e della pesca e contribuendo alla costruzione di un’economia blu sostenibile.

Non a caso, il lavoro sulla MSFD sarà condotto in stretto coordinamento con la preparazione del futuro Atto europeo sugli oceani, pensato per rendere più coerente e integrata la governance marina dell’Unione. Su questo nuovo strumento è già prevista, all’inizio del 2026, una specifica richiesta di informazioni e una consultazione pubblica.

Per il settore ittico, la consultazione rappresenta un passaggio di rilievo. Le scelte che emergeranno dalla revisione della direttiva influenzeranno nel tempo il quadro regolatorio, le attività di monitoraggio, le misure di riduzione delle pressioni sugli ecosistemi e il coordinamento tra Stati membri. Partecipare significa avere l’opportunità di portare nel dibattito europeo osservazioni operative, criticità concrete e proposte basate sull’esperienza reale dei territori e delle filiere.

Tutti gli stakeholder interessati possono inviare il proprio contributo attraverso il portale europeo Have Your Say. La scadenza è fissata al 9 marzo 2026. Un arco temporale ampio, che segnala la volontà della Commissione di costruire una revisione solida, condivisa e capace di incidere realmente sul futuro dei mari europei.

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Skretting Italia tra innovazione sostenibile e responsabilità di filiera

Skretting Italia tra innovazione sostenibile e responsabilità di filiera

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In un contesto in cui l’acquacoltura è sempre più chiamata a contribuire alla sicurezza alimentare europea, riducendo al contempo il proprio impatto ambientale e rispondendo alle crescenti richieste di trasparenza da parte dei mercati, il ruolo dei mangimi assume una centralità strategica spesso sottovalutata. È lungo questo segmento della filiera che si concentrano alcune delle decisioni più rilevanti in termini di sostenibilità, efficienza produttiva, benessere animale e credibilità complessiva del settore.

Skretting, parte del gruppo Nutreco, rappresenta uno degli attori industriali che più stanno incidendo su queste dinamiche a livello globale. In Italia, dove l’acquacoltura opera in un contesto complesso e fortemente regolato, la strategia di Skretting si articola su più livelli: dall’innovazione nutrizionale alla certificazione di filiera, dalla digitalizzazione degli allevamenti alla relazione con i territori e le comunità locali.

Ne abbiamo parlato con Giovanni Serrini, General Manager di Skretting Italia, per approfondire priorità strategiche, scelte industriali e visione di lungo periodo. L’intervista che segue offre uno sguardo puntuale su come questi elementi si traducano in azioni concrete, delineando il contributo di Skretting allo sviluppo di un’acquacoltura sempre più sostenibile, resiliente e orientata al futuro.

Quali sono oggi le priorità strategiche di Skretting Italia e in che modo si integrano con la visione globale di Nutreco per l’acquacoltura del futuro?

In linea con il purpose di Nutreco “Feeding the Future“, la priorità strategica di Skretting Italia è contribuire a soddisfare una richiesta di prodotti ittici in continuo aumento in modo sostenibile. Per questo siamo alla costante ricerca di innovazioni che migliorino l’efficienza e il valore nutrizionale dei nostri prodotti, la produttività nostra e dei nostri clienti, riducendo al contempo gli impatti ambientali della nostra filiera.

La certificazione ASC Feed vi ha collocato tra i pionieri a livello internazionale. In che misura questo riconoscimento rafforza la competitività della filiera e quali nuove responsabilità introduce nei confronti di mercati e distribuzione?

Siamo stati il primo mangimificio italiano a ottenere questa certificazione, a testimonianza di quanto la sostenibilità sia centrale nelle nostre scelte strategiche. Il nuovo Feed Standard ASC si estende oltre l’allevamento a includere una valutazione del mangimificio e dei suoi fornitori, promuovendo trasparenza e responsabilità lungo tutta la filiera di approvvigionamento. La trasparenza in particolare porta benefici agli ecosistemi, ai lavoratori, alle comunità e ai consumatori, attivando anche un meccanismo di continuo miglioramento. Condividendo dati e buone pratiche, possiamo creare una filiera dell’acquacoltura più resiliente e responsabile, in grado di influenzare in modo positivo e durevole la produzione di organismi acquatici, le persone e il pianeta. Trasparenza che è stata anche alla base della serie di workshop “Stop Lattococcosi? Insieme si può!” che abbiamo realizzato in collaborazione con il Centro di referenza nazionale per le malattie dei pesci, molluschi e crostacei di Legnaro e con l’Associazione Piscicoltori Italiani in risposta all’emergenza sanitaria che ha colpito la maricoltura mediterranea.

Dal packaging più sostenibile all’utilizzo di ingredienti alternativi come l’olio di alghe: come riuscite a coniugare innovazione, sostenibilità ambientale ed equilibrio economico per gli allevatori?

La sostenibilità non può essere disgiunta dall’innovazione, e l’equilibrio economico è la base su cui l’innovazione sostenibile deve basarsi. Se pensiamo in termini di economia circolare, è peraltro evidente la riduzione dell’uso delle risorse si traduce necessariamente in una maggiore efficienza e quindi un minore costo di produzione. Un esempio su tutti: l’innovazione nel packaging che ci ha portato a vincere il Bando CONAI 2025 per l’ecodesign degli imballaggi nell’economia circolare, ma potete trovare altri esempi nel nostro Impact Report 2024.

Strumenti come AquaSim, Skaila Datahub e MyFeedPrint stanno portando la digitalizzazione nella gestione degli allevamenti. Quali trasformazioni reali stanno producendo e quale ruolo può giocare l’Italia in questo cambiamento?

I big data e la digitalizzazione sono tra i megatrend che influenzeranno sempre di più la filiera dell’acquacoltura. L’allevamento di precisione o “precision farming”, supportato da tecnologie all’avanguardia, è uno dei pilastri del servizio Skretting 360+ che offriamo ai nostri clienti e che li aiuta a migliorare efficienza tecnica ed economica della loro attività. Attraverso questo servizio forniamo loro tecnologie come telecamere per il controllo della biomassa e del comportamento alimentare dei pesci, integrate con sonde per il controllo dei parametri ambientali, e stiamo sviluppando insieme ai nostri partner algoritmi per la valutazione dello stato di benessere degli animali. Riscontriamo un interesse sempre maggiore da parte degli allevatori nei mercati in cui operiamo, a testimonianza dell’evoluzione in corso nel settore.

Skretting Italia è anche un attore rilevante per comunità e territori. In che modo integrate responsabilità sociale e radicamento locale nella vostra strategia di lungo periodo?

Skretting Italia ha la sua sede a Mozzecane, a 30 km da Verona, fino dal 1972. In questi anni abbiamo sviluppato un forte legame con il territorio, che si è concretizzato in iniziative interne come il coastal clean-up che abbiamo trasformato in un clean-up del territorio circostante alla nostra azienda e strade limitrofe, nella sponsorizzazione della “corsa in rosa”, una bellissima corsa annuale per sensibilizzare la cittadinanza rispetto alle tante tematiche che riguardano l’universo femminile. Ci siamo anche letteralmente sporcati le mani quando abbiamo deciso di ricolorare e rinfrescare “casa Nazareth“, una realtà di Mozzecane che dà a ragazzi diversamente abili l’opportunità di integrarsi con diritti e doveri nel contesto civile. Responsabilità sociale e radicamento locale sono quindi parte integrante della nostra strategia di lungo periodo, di nuovo in piena sintonia con i valori Nutreco.

Guardando al 2030, quali sono le sfide decisive e le opportunità più rilevanti per Skretting Italia nel consolidare l’acquacoltura come leva strategica per la sicurezza alimentare europea?

Torniamo a dove abbiamo cominciato l’intervista: innovazione sostenibile che assicuri prodotti ittici sani e sicuri per tutti.

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1 milione di euro alla Capitale del Mare 2026

1 milione di euro alla Capitale del Mare 2026

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Il mare entra ufficialmente tra le grandi politiche di valorizzazione territoriale del Paese. A partire dal 2026 sarà istituito il titolo di “Capitale italiana del mare”, un riconoscimento annuale destinato ai Comuni costieri che sapranno interpretare il mare non solo come risorsa naturale, ma come leva culturale, economica e sociale. Al Comune vincitore sarà assegnato un contributo di un milione di euro, destinato alla realizzazione del programma di attività presentato in fase di candidatura.

Il provvedimento è stato adottato dal ministro per la Protezione civile e le politiche del mare, Nello Musumeci, di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, e rappresenta un passaggio significativo nella costruzione di una visione nazionale più strutturata e consapevole sul ruolo strategico del mare per lo sviluppo del Paese.

L’obiettivo è chiaro: promuovere una cultura del mare moderna e responsabile, capace di tenere insieme tutela ambientale, biodiversità, uso sostenibile delle risorse marine e crescita dell’economia blu. Il titolo di Capitale italiana del mare nasce infatti per valorizzare le specificità dei territori costieri, stimolare progettualità di qualità e favorire una competizione virtuosa tra realtà diverse, ma accomunate da una forte identità marittima.

A partire dal 2026, la selezione avverrà tramite procedura pubblica. I Comuni interessati dovranno presentare un piano annuale di iniziative, costruito su basi concrete e misurabili, che includa interventi di valorizzazione del patrimonio marittimo, azioni di sostenibilità ambientale e obiettivi verificabili nel tempo.

I progetti saranno esaminati da una commissione composta da cinque esperti indipendenti, chiamati a valutare la coerenza complessiva delle proposte, il grado di innovazione, la capacità di collaborazione istituzionale e le ricadute economiche, sociali e ambientali sul territorio. Un’attenzione particolare sarà riservata alla capacità dei Comuni di trasformare il mare in un fattore di sviluppo reale, duraturo e condiviso.

L’iniziativa si inserisce in un contesto più ampio, che guarda alle politiche nazionali ed europee sul mare come a un asse strategico del futuro. Il titolo di Capitale italiana del mare è infatti coerente con il Piano del mare 2023-2025 e con il Patto europeo per gli oceani, che pone al centro temi come l’alfabetizzazione oceanica, il coinvolgimento dei cittadini e la costruzione di una nuova consapevolezza collettiva sul valore degli ecosistemi marini.

Il Comune designato dovrà garantire trasparenza nella gestione delle risorse e presentare, al termine dell’anno di mandato, un rapporto dettagliato sui risultati ottenuti, trasformando il riconoscimento in un vero banco di prova per la qualità della governance locale.

Con la nascita della Capitale italiana del mare, il mare smette di essere solo cornice geografica e diventa protagonista delle politiche pubbliche. Un segnale forte per i territori costieri, per le filiere produttive legate alla pesca e all’acquacoltura, per il turismo marittimo e per tutte quelle realtà che, ogni giorno, lavorano per dare al mare un futuro sostenibile e competitivo. Un’occasione che, se ben interpretata, può segnare un cambio di passo nel modo in cui l’Italia guarda al proprio patrimonio blu.

La scadenza per la presentazione delle domande è fissata per il 20 gennaio 2026. Tutte le informazioni per partecipare e inviare la candidatura sono disponibili qui.

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Pesce allevato e fiducia: le leve su cui il produttore deve lavorare oggi

Pesce allevato e fiducia: le leve su cui il produttore deve lavorare oggi

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Chi produce pesce allevato conosce bene quella distanza, a volte silenziosa, che ancora separa una parte dei consumatori dal prodotto finale. Non è una distanza legata alla sicurezza alimentare — tema su cui il comparto ha lavorato con rigore per anni — né alla qualità intrinseca, che spesso è più costante e controllabile rispetto a molte alternative. È una distanza culturale, fatta di immagini e convinzioni sedimentate: “allevato” per qualcuno suona ancora come “meno naturale”, più industriale, più opaco.

Per il produttore, il punto non è inseguire questi pregiudizi né tentare di smontarli uno per uno. Il punto è più concreto: capire quali leve attivare per ridurre l’incertezza del consumatore senza trasformare la comunicazione in propaganda. Perché la fiducia, nel food, si costruisce con coerenza e continuità, non con una frase ad effetto.

La prima leva è la trasparenza operativa, ma nel senso giusto. Non è “dire tutto”, né riempire l’etichetta di parole. È rendere comprensibile il proprio lavoro: dove nasce il prodotto, come viene allevato, quali controlli accompagnano le fasi critiche, quali procedure scattano quando qualcosa non rientra nei parametri. Il consumatore non pretende un manuale tecnico, ma riconosce subito quando dietro un prodotto esiste un processo governato, e quando invece esiste solo una promessa generica.

Subito dopo viene il benessere animale, che per molte aziende è già parte della gestione quotidiana, ma che raramente viene espresso con la chiarezza che merita. Densità di allevamento, qualità dell’acqua, gestione sanitaria, riduzione dello stress: sono aspetti che incidono sia sul risultato finale sia sulla credibilità del comparto. Qui la comunicazione funziona quando resta sobria: pochi concetti, spiegati bene, senza toni autocelebrativi. Il messaggio implicito è semplice e potente: “noi lavoriamo per prevenire, non per rincorrere i problemi”.

Una terza leva, sempre più determinante, è quella delle verifiche indipendenti. Il consumatore di oggi, anche quando non lo dichiara apertamente, si fida poco delle auto-dichiarazioni e molto di più di sistemi in cui esistono regole, controlli e audit. In questo quadro, alcune imprese scelgono di aderire a standard internazionali riconosciuti, come quello dell’Aquaculture Stewardship Council, non per “mostrare un marchio”, ma per rendere misurabile e confrontabile il proprio percorso, soprattutto quando si lavora con mercati e canali distributivi che pretendono evidenze e tracciabilità.

C’è poi un elemento meno tecnico, ma decisivo: il radicamento territoriale. Quando l’acquacoltura viene percepita come una fabbrica senza volto, la diffidenza cresce. Quando invece emerge la dimensione reale — impianti, persone, competenze, relazioni con il contesto costiero — cambia anche la lettura del prodotto. Qui non si tratta di storytelling nel senso leggero del termine, ma di ricostruire un nesso: quel pesce non è un oggetto anonimo, è il risultato di un lavoro e di un presidio economico in un territorio.

Infine, c’è la leva più sottovalutata: la coerenza nel tempo. Il consumatore percepisce l’opportunismo e tende a punirlo. Un produttore che mantiene una linea comunicativa stabile, che non rincorre ogni moda, che non promette perfezione ma spiega il proprio metodo, costruisce una credibilità più robusta. E nel medio periodo quella credibilità diventa un vantaggio competitivo reale, perché riduce il “costo” della diffidenza: meno domande sospese, meno resistenze, più disponibilità all’acquisto.

Chi produce in acquacoltura non deve impostare la relazione con il mercato in termini “difensivi”, ma in termini di riduzione dell’incertezza. La fiducia del consumatore si conquista quando l’azienda riesce a dimostrare, in modo coerente e verificabile, la solidità del proprio sistema: tracciabilità di lotto, controllo dei parametri di processo, gestione del benessere animale, presidio ambientale e governance delle non conformità.

Trasparenza, certificazioni e radicamento territoriale funzionano quando sono l’espressione di un impianto produttivo misurabile, auditabile e stabile nel tempo. In quel momento la sostenibilità esce dal piano dichiarativo e diventa un indicatore di affidabilità industriale, con un effetto diretto sulla percezione del prodotto e sulla sua capacità di posizionarsi nei canali più esigenti.

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Climate Resilience: Why EU Conclusions Matter for the Seafood Industry

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The conclusions of the EU Council on climate resilience are not staying on paper: they are strongly confirmed by data and real-world cases. A recent Planet Tracker report, supported by scientific evidence referenced by the IPCC, shows how climate change is already becoming a financial risk for fisheries, aquaculture and seafood processing. Climate change is no longer only an environmental issue; it is increasingly a concrete economic and financial challenge for the global seafood industry, as demonstrated by data, case studies and scenario-based projections.

According to Planet Tracker, under a high-emissions scenario, climate change could cost the global fisheries sector up to $15 billion by 2050—a figure the authors describe as conservative, built on IPCC data and representing the lower end of a potentially larger impact. Extreme weather is already causing lost fishing days, damaged gear and operational disruptions, while slower structural pressures—ocean warming, deoxygenation, acidification and sea level rise—are reshaping marine ecosystems in ways that reinforce one another. The report also highlights how shifts in species distribution are affecting seafood prices: reduced catches and quota revisions translate into rising costs absorbed by companies, with ripple effects across processing, distribution and consumption. Even under low-emissions scenarios, more than half of transboundary stocks could move from exclusive economic zones to the high seas by 2050.

Planet Tracker’s estimate may still understate the real exposure. Gorjan Nikolik (Rabobank) argues that for an industry generating over $500 billion in annual value, a $15 billion loss seems relatively limited; other analyses, including from the University of Cambridge, point to annual losses between $17 and $41 billion. The report’s examples underline that value is already being lost: declining cod and flounder stocks in warming waters, the Baltic Sea crisis linked to deoxygenation, and rising costs for oyster production in the north-western Pacific driven by acidification. Aquaculture is also impacted as warmer waters increase stress, support the spread of parasites and disease, and make mass mortality events more frequent. Climate variability such as El Niño is already affecting fishmeal and fish oil production in key regions like Peru, driving up feed costs and putting pressure on the entire value chain.

The report asks a decisive question: financially, is it better to maintain the status quo or invest now in adaptation? Planet Tracker’s answer is clear—long-term resilience does not come from delaying decisions, but from building adaptive capacity today. Climate change is turning physical risks into financial risks: ports, facilities, concessions and business models built on outdated environmental conditions may lose value. For the seafood sector, the message is direct: adaptation is not optional—it is a requirement for the economic stability of the value chain in the decades ahead.

For more insights on the future of Italian fisheries and the blue economy, follow ongoing coverage and analysis on Pesceinrete.

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