Categoria: Pesce In Rete Pagina 1 di 1158

Adottata all’ONU la Giornata Internazionale della Dieta Mediterranea

Adottata all’ONU la Giornata Internazionale della Dieta Mediterranea

 [[{“value”:”

La Giornata Internazionale della Dieta Mediterranea ONU, fissata per il 16 novembre, riconosce ufficialmente un modello alimentare in cui il pesce rappresenta un elemento cardine per valore nutrizionale e sostenibilità. Il negoziato sul testo della risoluzione si è concluso e il documento passerà ora all’adozione formale da parte dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.

L’annuncio è arrivato durante l’evento “Dieta Mediterranea: scienza, sostenibilità ed eredità culturale”, organizzato da Italia, Libano e Marocco al Palazzo di Vetro (New York). Il confronto ha ribadito come la Dieta Mediterranea sia un sistema alimentare completo che fonde salute, tradizione, biodiversità e uso responsabile delle risorse naturali. Un’impostazione che coinvolge direttamente il settore ittico, chiamato a fornire prodotti di qualità, sicuri e sostenibili in linea con i principi del modello mediterraneo.

La presenza dei rappresentanti permanenti di FAO e UNESCO, insieme a studiosi che hanno contribuito alla validazione scientifica della Dieta Mediterranea, ha confermato la dimensione internazionale del progetto. Centrale anche il ruolo delle Comunità Emblematiche coordinate dal Comune di Pollica, territorio simbolo delle ricerche di Ancel Keys e sede del Museo Vivente della Dieta Mediterranea.

Per il comparto ittico, la ricorrenza del 16 novembre diventa una piattaforma globale per valorizzare il pesce mediterraneo come alimento identitario, equilibrato e fondamentale per la salute pubblica. La Giornata potrà rafforzare le campagne in favore di un consumo consapevole, sostenere la promozione delle specie locali e dare visibilità alle pratiche di pesca sostenibile e alla gestione responsabile delle risorse marine.

L’iniziativa arriva in un contesto internazionale in cui la sostenibilità alimentare è una priorità strategica. La Dieta Mediterranea è riconosciuta dalla comunità scientifica come uno dei modelli più coerenti con gli obiettivi di sostenibilità ambientale, sociale ed economica. In questo quadro, il pesce contribuisce con apporto proteico di alta qualità, basso impatto ambientale e forte legame con i territori costieri.

Il voto finale dell’Assemblea Generale offrirà alla Dieta Mediterranea una cornice istituzionale ancora più solida e riconoscibile. Per le imprese della pesca e dell’acquacoltura rappresenta un’occasione concreta per valorizzare prodotti, processi e territori all’interno di un discorso globale sulla sostenibilità.

 

L’articolo Adottata all’ONU la Giornata Internazionale della Dieta Mediterranea proviene da Pesceinrete.

“}]] ​ 

La nuova classificazione del merluzzo: dentro anche Molva e Brosme

La nuova classificazione del merluzzo: dentro anche Molva e Brosme

 [[{“value”:”

Da anni la filiera del pesce bianco vive sospesa fra due immagini speculari: da un lato la tradizione, consolidata e rassicurante, del merluzzo; dall’altro, la crescente consapevolezza che affidarsi quasi esclusivamente a una sola specie rappresenti una vulnerabilità per il mercato, per gli stock e per la stessa capacità del settore di offrire continuità ai consumatori europei.
Nel mezzo, una realtà complessa, fatta di dinamiche biologiche che non sempre si piegano alle esigenze dell’industria e di oscillazioni di disponibilità che impongono nuove riflessioni.

Per molto tempo il merluzzo ha impersonato la stabilità. La sua storia commerciale è legata a filiere solide, a volumi prevedibili, a una presenza costante nei mercati all’ingrosso e sugli scaffali della distribuzione moderna. Le abitudini dei consumatori europei si sono modellate su quel profilo inconfondibile: carne bianca, sapore delicato, resa affidabile.
Ma il mercato, come spesso accade, si evolve più rapidamente delle sue certezze.
Nel corso dell’ultimo decennio, il sistema ha iniziato a mostrare tensioni sottili ma evidenti. Le oscillazioni nelle disponibilità, la crescente competizione internazionale e la sensibilità crescente verso la sostenibilità hanno rivelato quanto fragile possa essere un modello basato su una specie cardine. La domanda non si è ridotta; al contrario, si è ampliata, e la filiera ha cominciato a interrogarsi su come affrontare un futuro in cui la stabilità non può più essere data per scontata.

È in questo contesto che entra in scena un elemento apparentemente semplice ma profondamente trasformativo: la decisione normativa italiana di estendere ufficialmente la denominazione “merluzzo” a Molva molva e Brosme brosme.
Una norma che, di per sé, non riscrive il mercato da un giorno all’altro, ma modifica la cornice entro cui il mercato stesso può muoversi.
E a volte, è proprio la cornice a determinare la direzione.

Molva e Brosme non sono specie emergenti né nuove scoperte. Sono pesci ben conosciuti agli addetti ai lavori, che da sempre ne riconoscono la vicinanza — biologica e gastronomica — al merluzzo tradizionale. La differenza non è nella loro natura, bensì nella loro visibilità: per decenni sono rimasti sullo sfondo, pur possedendo tutte le caratteristiche necessarie per assumere un ruolo più centrale.

La loro inclusione nella categoria “merluzzo” restituisce loro dignità commerciale e offre alla filiera qualcosa che oggi vale più del semplice aumento dell’offerta: una possibilità concreta di ridisegnare il concetto stesso di pesce bianco.

Diversificare non significa spezzare una tradizione; significa renderla più solida.
Molva e Brosme portano con sé carni bianche, compatte, pulite nel gusto, naturalmente predisposte alla trasformazione industriale e alla distribuzione moderna. Sono specie che garantiscono una buona resa in filetti, che reagiscono bene ai processi di lavorazione e che presentano una costanza qualitativa elevata.
Sono, in altre parole, ciò che il mercato del pesce bianco chiede da sempre: affidabilità.

Eppure, per emergere, avevano bisogno di un riconoscimento formale. La normativa lo ha finalmente fornito.
Ma la norma, come spesso accade, non arriva nel vuoto: arriva dopo che qualcuno ha già iniziato a tracciare un percorso.
In questo caso, quel percorso porta il nome di Unifrigo Gadus.

L’azienda ha lavorato per anni su una convinzione semplice ma controcorrente: il futuro del pesce bianco non può essere prigioniero dell’inerzia. Servono alternative credibili, coerenti, in linea con ciò che l’industria richiede e con ciò che i consumatori riconoscono come qualità.
Molva e Brosme, per Unifrigo Gadus, non sono mai state “specie secondarie” o “ripieghi”. Sono state — e oggi lo sono ancor di più — un tassello strategico per proteggere la stabilità della filiera, ridurre la dipendenza da oscillazioni cicliche e costruire un equilibrio più armonico tra domanda e disponibilità.

Il fatto che la normativa le riconosca come merluzzo non fa che formalizzare un’identità già evidente: si tratta di pesci bianchi pienamente allineati al profilo gastronomico e industriale che il mercato conosce e apprezza.
E questo riconoscimento offre un vantaggio aggiuntivo: consente agli operatori di comunicare in modo più trasparente, riducendo l’ambiguità e permettendo ai consumatori di orientarsi con maggiore chiarezza.

Se si osserva attentamente il quadro generale, l’impatto della norma appare ancora più significativo.
Non riguarda solo l’etichettatura: riguarda la possibilità, per l’intera filiera, di respirare.
Di non trovarsi intrappolata nella dipendenza da una sola specie.
Di costruire un futuro in cui la stabilità non sia una coincidenza, ma il risultato di scelte consapevoli.

Il contributo di Unifrigo Gadus in questo processo non consiste nel cavalcare un cambiamento, ma nell’averlo anticipato. L’azienda ha creduto nella diversificazione del pesce bianco prima che diventasse una necessità, ha lavorato sui prodotti, sulla comunicazione e sulla cultura di filiera in un momento in cui l’argomento sembrava secondario.
Oggi, quella visione si rivela centrale.

Molva e Brosme, diventati ufficialmente merluzzi, rappresentano una nuova pagina nella storia del pesce bianco.
Una pagina che non cancella la tradizione, ma la estende; non interrompe un ciclo, ma ne apre uno nuovo; non sostituisce un protagonista, ma ne affianca altri due, capaci di portare equilibrio in un settore che della stabilità ha un bisogno vitale.

La normativa ha fornito il linguaggio.
Ora spetta al mercato usarlo per costruire un futuro più solido, e a realtà come Unifrigo Gadus il compito — già avviato — di trasformarlo in realtà industriale.

L’articolo La nuova classificazione del merluzzo: dentro anche Molva e Brosme proviene da Pesceinrete.

“}]] ​ 

EU Fishing Limits 2026: AIC Pesca President’s Harsh Response

 [[{“value”:”

“If Europe’s goal is to wipe out Italian fisheries, then it should have the courage to say so openly—and give us a government job, because with these measures we can no longer fish. We barely survive.”

With these harsh and provocative words, Natale Amoroso, President of AIC Pesca, responds to the European Commission’s proposals on fishing opportunities for 2026.

The new measures—which include a 64% reduction in trawling effort, a 25% cut for longlines, catch limits for deep-water shrimps and pelagic species, and additional restrictions in the Strait of Sicily and the Ionian Sea—represent, according to Amoroso, “a direct attack on the dignity and survival of the Italian fleet.”

“You cannot speak of sustainability while imposing cuts that make work impossible. It’s like asking a farmer to cultivate without land. If Europe truly wants the end of fishing, then give us a public contract and put us behind a desk. But don’t deceive us with the word ‘transition’ while taking the sea out from under our feet.”

Amoroso calls on Minister Lollobrigida for a clear and immediate stance:
“We cannot passively accept a proposal that is not only economically unsustainable but also socially devastating. Coastal communities risk emptying out, traditions risk disappearing, and fishermen risk becoming museum pieces.”

The AIC Pesca president says he is ready to join a European mobilization with French and Spanish colleagues:
“We need a strong response—a united front. We cannot allow Brussels to decide our future without listening to us. The Mediterranean is not a laboratory; it is our home.”

For more insights on the future of Italian fisheries and the blue economy, follow ongoing coverage and analysis on Pesceinrete.

NEWSLETTER

L’articolo EU Fishing Limits 2026: AIC Pesca President’s Harsh Response proviene da Pesceinrete.

“}]] ​ 

Pubblicata la relazione economica 2025 sulla flotta peschereccia UE

Pubblicata la relazione economica 2025 sulla flotta peschereccia UE

 [[{“value”:”

La relazione economica annuale sulla flotta peschereccia dell’UE 2025 fornisce una lettura aggiornata e definitiva dello stato del settore a due anni dall’inizio della fase più acuta delle turbolenze post-pandemiche e post-energetiche. Il documento della Commissione europea analizza nel dettaglio i risultati.

Il quadro di riferimento resta segnato dalle difficoltà del 2023, un anno di forte compressione dei margini che ha inciso profondamente sulle dinamiche operative delle flotte. In quell’anno la flotta UE contava 70.280 imbarcazioni, 53.260 delle quali attive, per una capacità di 1,15 milioni di GT e 4,36 milioni di kW. Con 119.479 pescatori equivalenti a 73.974 unità lavorative annue, il settore mostrava già un ridimensionamento strutturale, in parte attenuato dal ruolo trainante della piccola pesca costiera, che rappresentava il 77% delle unità operative.

La produzione aveva raggiunto 3,39 milioni di tonnellate per un valore di 6,1 miliardi di euro, un dato penalizzato dal calo dei prezzi medi alla prima vendita e dalla volatilità dei costi. L’utile netto si era fermato a 59 milioni di euro, con un crollo del 61% rispetto all’anno precedente e un margine vicino all’1%. Il 2023 resta quindi il punto più critico della serie storica recente, condizionato in particolare dall’impatto ritardato degli shock energetici del 2022.

Il 2024 segna però l’inizio di una fase di recupero. Le stime raccolte nella Relazione economica 2025 indicano un miglioramento dell’utile lordo e un parziale riallineamento dell’utile netto, grazie alla riduzione del costo del carburante, alla normalizzazione dell’inflazione e al riposizionamento dei prezzi di alcune specie chiave sul mercato europeo. Questo andamento positivo appare trasversale, seppur con differenze tra segmenti produttivi: la piccola pesca costiera mostra un incremento della redditività più netto, mentre le flotte più energivore evidenziano una ripresa più graduale.

La pesca in acque lontane mantiene una traiettoria positiva e contribuisce ancora in modo rilevante ai volumi totali, seppur con dinamiche di profitto meno marcate rispetto al passato. Per la flotta su larga scala, che nel 2023 aveva registrato un utile netto negativo, il 2024 rappresenta un anno di riequilibrio, con un ritorno verso margini operativi più sostenibili.

I risultati per il 2025,  evidenziati nella parte conclusiva del report, delineano un settore più stabile rispetto al biennio precedente. Le flotte europee stanno beneficiando di un contesto macroeconomico meno volatile, della riduzione dei costi variabili e di una domanda più prevedibile all’interno del mercato unico. Pur non essendo ancora un ritorno ai livelli pre-crisi, il 2025 appare come un anno di consolidamento, con una ripresa più uniforme tra bacini e segmenti di flotta.

Il dato generale che emerge dalla Relazione economica 2025 è chiaro: dopo il minimo storico del 2023, il settore della pesca dell’UE sta gradualmente recuperando sostenibilità economica e stabilità operativa. La resilienza mostrata dalle flotte, soprattutto da quelle di piccola scala, conferma l’importanza di un modello produttivo radicato nei territori e più capace di mitigare gli shock di mercato. Restano però nodi aperti sulla struttura dei costi, sulla capacità di attrarre nuova forza lavoro e sulla competitività dei prezzi in alcuni mercati chiave.

L’articolo Pubblicata la relazione economica 2025 sulla flotta peschereccia UE proviene da Pesceinrete.

“}]] ​ 

In UE cresce la dipendenza dal pesce importato

In UE cresce la dipendenza dal pesce importato

 [[{“value”:”

L’Unione europea chiude il 2025 con un dato che pesa come un segnale strutturale: solo il 38,1% della domanda di prodotti ittici viene coperta dalla produzione interna. È uno dei livelli più bassi dell’ultimo decennio e, come evidenziato dal rapporto EU Fish Market 2025 della Commissione europea, riflette un equilibrio industriale sempre più fragile.

La riduzione dell’autosufficienza non è episodica. Da anni l’Europa produce meno di quanto consuma e il 2023 – ultimo anno con dati consolidati – segna il punto più critico, con un calo simultaneo di pesca e acquacoltura. Una contrazione che arriva in un momento in cui le importazioni, storicamente il pilastro su cui poggia la sicurezza alimentare europea, rallentano a causa delle tensioni globali su logistica, disponibilità delle specie e politiche di gestione delle risorse.

Una dipendenza concentrata su cinque specie strategiche

L’aspetto più rilevante, in termini di rischio, è la concentrazione della dipendenza europea su un numero ridotto di prodotti. Salmone, tonno, Alaska pollock, gamberi e merluzzo assorbono quasi metà del consumo dell’UE e sono per la quasi totalità importati.

Il caso del salmone è emblematico: il mercato europeo è quasi completamente legato alla produzione norvegese e, in misura minore, britannica e cilena. Per l’Alaska pollock, la dipendenza è assoluta. I gamberi restano un mercato dominato dai produttori asiatici e latinoamericani, mentre per il merluzzo i tagli alle quote nei principali stock del Nord Atlantico hanno spinto i prezzi verso l’alto.

Questa esposizione rende l’UE vulnerabile non solo alle fluttuazioni di mercato, ma anche alle scelte politiche e regolatorie dei Paesi fornitori.

Italia: consumi resilienti, bilancia commerciale in peggioramento

Tra i Paesi membri, l’Italia merita una nota specifica. È uno dei pochi mercati in cui i consumi apparenti crescono, segnando un incremento dell’1%. Ma l’aspetto più rilevante riguarda il commercio: il deficit della bilancia ittica italiana si amplia, segno di una dipendenza che si fa più profonda.

Il Paese si trova in una posizione particolarmente delicata: forte domanda interna, filiera trasformativa consistente, una quota rilevante di prodotti premium nel segmento horeca – ma capacità produttiva interna insufficiente.

Il Mediterraneo, con l’acquacoltura di orata e spigola e la produzione di mitili, resta uno dei pochi comparti in cui l’UE mostra autosufficienza significativa. Tuttavia, non basta a riequilibrare un mercato sbilanciato su specie per le quali l’Europa non dispone di volumi adeguati.

La questione non è più solo economica: è geopolitica

L’Economia blu europea dipende oggi da un gruppo ristretto di fornitori esterni: Norvegia, Cina, Ecuador, Vietnam e India tra i principali. Questo quadro, evidenziato dal rapporto, colloca il settore ittico all’incrocio tra commercio internazionale, sicurezza alimentare e diplomazia economica.

La volatilità delle quote di pesca nel Nord Atlantico, le crescenti restrizioni fitosanitarie e le tensioni geopolitiche possono trasformarsi rapidamente in shock di offerta. Per un’Unione che importa oltre il 60% dei prodotti ittici che consuma, qualsiasi perturbazione esterna può avere ripercussioni significative sui prezzi e sulla stabilità delle filiere interne.

Uno scenario che impone scelte politiche e industriali

Il declino dell’autosufficienza mette sotto pressione la strategia europea sul food system. Le imprese chiedono stabilità normativa, investimenti nella trasformazione e incentivi all’innovazione in acquacoltura.

Al tempo stesso, il rapporto evidenzia che l’UE dovrà affrontare un nodo sempre più urgente: come garantire approvvigionamenti sicuri in un mercato globale che non è più in espansione come dieci anni fa.

Per l’Italia – tra i maggiori consumatori europei e tra i mercati più sensibili alle dinamiche dei prezzi – la sfida è duplice: rafforzare la capacità produttiva interna e preservare la competitività della filiera trasformativa, oggi più esposta alla volatilità internazionale.

L’articolo In UE cresce la dipendenza dal pesce importato proviene da Pesceinrete.

“}]] ​ 

Pagina 1 di 1158

Made with & by Matacotti Design

Privacy & Cookie Policy