Categoria: Pesce In Rete Pagina 1 di 1119

Dall’UE nuove linee guida per la pesca sostenibile nei siti Natura 2000

 [[{“value”:”

La Commissione europea ha pubblicato nuove linee guida per la gestione della pesca nei siti marini Natura 2000, con l’obiettivo di rafforzare la protezione degli ecosistemi senza compromettere la vitalità del settore ittico europeo. La pesca sostenibile nei siti Natura 2000 rappresenta il nucleo di un documento che fornisce strumenti pratici agli Stati membri per armonizzare attività economiche e tutela ambientale.

La strategia si inserisce nel quadro della Direttiva Habitat e della Strategia europea sulla biodiversità 2030, e rappresenta un passo decisivo per garantire che mari sani continuino a sostenere comunità costiere e imprese di pesca.

Mari sani, comunità resilienti

Gli habitat ricchi di biodiversità, come barriere coralline, banchi di sabbia e praterie di fanerogame marine, sono il cuore pulsante della produttività ittica. Proteggerli non è solo un dovere ambientale, ma un investimento economico diretto. Un ecosistema marino equilibrato favorisce la riproduzione e la crescita delle specie commercialmente più rilevanti, rafforzando così la sostenibilità delle filiere.

La pesca sostenibile nei siti Natura 2000, quindi, non limita l’attività dei pescatori, ma ne tutela il futuro. Ridurre gli impatti sugli habitat significa preservare risorse e posti di lavoro, rafforzando il legame tra le comunità locali e il mare.

Strumenti concreti per gli Stati membri

Le nuove linee guida europee definiscono procedure chiare per valutare gli impatti delle attività di pesca sugli habitat e sulle specie protette. Gli Stati membri potranno adottare misure di conservazione nazionali o condivise a livello comunitario, basate su obiettivi specifici per ogni sito.

Questo approccio evita una gestione frammentata e favorisce un dialogo costruttivo con i pescatori, chiamati a contribuire attivamente alla definizione delle regole. La trasparenza e la partecipazione diventano così elementi chiave per costruire fiducia e corresponsabilità tra istituzioni e operatori del mare.

Un passo verso l’obiettivo 2030

Oggi oltre 3.000 siti marini Natura 2000 coprono più del 9% delle acque europee. L’obiettivo è arrivare al 30% entro il 2030, con una gestione realmente efficace e condivisa.

La Commissione europea sottolinea che la conservazione della biodiversità non può essere separata dalla sostenibilità economica della pesca. Solo attraverso un equilibrio tra protezione e produttività sarà possibile mantenere viva la cultura marittima europea e garantire un futuro competitivo alle imprese del settore.

Un modello europeo da rafforzare

Le nuove linee guida rappresentano un modello evolutivo di governance ambientale, capace di coniugare conoscenza scientifica, regolazione e partecipazione sociale. Se applicate con coerenza, potranno trasformare Natura 2000 da vincolo a risorsa, offrendo opportunità di innovazione e di riconversione sostenibile per la flotta europea.

Il futuro della pesca passa anche dalla capacità di preservare gli ecosistemi che la rendono possibile. Ed è proprio su questo terreno che l’Unione europea chiede oggi uno sforzo collettivo.

Ricevi ogni settimana le notizie più importanti del settore ittico

NEWSLETTER

L’articolo Dall’UE nuove linee guida per la pesca sostenibile nei siti Natura 2000 proviene da Pesceinrete.

“}]] ​ 

AI and Seafood Trade: From Conversation to Commerce

 [[{“value”:”

In the new ecosystem of global trade, artificial intelligence applied to seafood distribution is no longer a frontier topic—it’s a concrete perspective. The partnership between Walmart and OpenAI, which enables consumers to shop directly inside ChatGPT, marks a profound turning point in the digital purchasing experience. It redefines the very concept of the customer journey, merging conversational interaction, predictive analytics, and integrated logistics.

The agreement between the world’s largest retailer and the leading generative AI platform goes beyond eCommerce innovation—it introduces an operational model that could also inspire the seafood supply chain. Using natural language, consumers interact with a virtual assistant capable of understanding their needs, preferences, and context. The system recommends products aligned with taste, diet, and seasonal availability, completing the purchase with an instant checkout.

Applying a similar paradigm to the seafood sector would streamline communication between producers, distributors, and buyers. Imagine a system where AI suggests in real time the most suitable products based on seasonality, geography, or consumption trends—improving supply chain efficiency and reducing waste. At the same time, automated logistics, already central to the Walmart–OpenAI partnership, could offer a decisive advantage in managing fresh products and coordinating temperature-controlled transport.

Technological evolution also extends to data management and the personalization of purchasing experiences. In the model Walmart defines as “agentic commerce,” AI doesn’t just respond—it anticipates needs. Translated to the seafood industry, this capability could support buyers in demand forecasting, supply planning, and identifying emerging markets. Machine learning could process information about regional preferences, price variations, sales performance, and stock trends, enabling faster, more informed decisions.

This vision is not science fiction. eCommerce platforms specializing in seafood, as well as processing and distribution companies, are already exploring AI to enhance operational performance. Yet, the real challenge lies in building a shared ecosystem where technology becomes a tool for connection rather than fragmentation. The goal must remain ensuring traceability, sustainability, and added value, while preserving the quality and identity of Mediterranean seafood.

Looking ahead, the Walmart–OpenAI partnership points to a clear direction: a “digital-native commerce” where conversation replaces search, and artificial intelligence acts as a mediator between demand and supply. For the seafood industry, it means rethinking the entire distribution chain through a predictive, personalized lens. The technology is ready—what’s needed now is the will to adopt it with a systemic vision that combines innovation, logistics, and tradition.

Subscribe to receive the most important seafood industry news every week.

NEWSLETTER

L’articolo AI and Seafood Trade: From Conversation to Commerce proviene da Pesceinrete.

“}]] ​ 

In Scozia la pesca sfida l’eolico offshore

 [[{“value”:”

L’industrializzazione dell’economia ittica scozzese sta diventando un caso politico. Sotto la bandiera della transizione energetica, la Scozia sta trasformando i suoi mari in distretti industriali per l’eolico offshore. Ma le flotte di pesca, che di quei mari vivono, non ci stanno.

Da tempo la Scottish Fishermen’s Federation (SFF) denuncia decisioni prese senza un reale confronto. Troppi progetti, troppe concessioni, zero coordinamento. Gli impianti si moltiplicano e, con essi, le zone interdette alla pesca. Mentre il governo esulta per la velocità del programma ARROW – pensato per accelerare le autorizzazioni – i pescatori vedono ridursi lo spazio operativo e aumentare i rischi.

Mari industriali e pescatori ai margini

Il caso del Moray Firth è emblematico. Senza alcuna consultazione preventiva, un accordo tra Crown Estate Scotland e una società londinese ha trasformato l’area in deposito galleggiante per componenti eolici. Quelle acque erano rotte di pesca tradizionali per decine di imbarcazioni costiere. Ora sono vietate.

Il malumore è diffuso anche lungo le coste di Findhorn e Burghead, dove i piccoli pescherecci non hanno autonomia sufficiente per spostarsi altrove. Per molti di loro, la sostenibilità ambientale rischia di tradursi in insostenibilità economica. L’86% dei cittadini scozzesi ritiene che la produzione di cibo debba avere priorità rispetto a quella di energia. Un dato che pesa sul piano politico e spinge il governo di Edimburgo a un difficile equilibrio tra consenso e crescita verde.

Una moratoria per respirare

La SFF chiede una moratoria sui nuovi parchi eolici, almeno finché non verranno definiti criteri di compensazione e convivenza. Nessuno vuole fermare la transizione, ma la sensazione è che si stia correndo senza guardare dove si mette il piede.

Le associazioni dei pescatori parlano di corto circuito istituzionale: troppi ministeri coinvolti, nessun tavolo di coordinamento stabile, scarsa trasparenza sui piani di sviluppo marino. Intanto, la flotta continua a perdere quote di spazio e redditività. In molti porti si avverte lo stesso timore: che il mare, un tempo fonte di sostentamento, diventi il luogo dove la pesca viene lentamente spinta ai margini.

Due economie, un solo mare

La Scozia si trova davanti a una scelta che non riguarda solo l’energia o la pesca, ma l’identità stessa del suo rapporto con il mare. Se da un lato l’eolico offshore rappresenta il futuro dell’indipendenza energetica, dall’altro la pesca resta un pilastro economico e culturale.

Il vero nodo non è scegliere tra cibo o energia, ma costruire un modello in cui possano coesistere. Finora, la corsa al vento ha avuto il vento in poppa. Ma senza una rotta condivisa, rischia di lasciare a terra chi in quei mari ha sempre trovato la propria vita.

Ricevi ogni settimana le notizie più importanti del settore ittico

NEWSLETTER

L’articolo In Scozia la pesca sfida l’eolico offshore proviene da Pesceinrete.

“}]] ​ 

Pesca e biodiversità. Un equilibrio sull’orlo del collasso

 [[{“value”:”

La pesca non è solo un’attività economica o una tradizione che ha origine millenaria, è anche una forza ecologica che modella la vita dei mari e degli oceani. Ogni gettata di rete, ogni palangaro, strascico, calato in mare, può alterare gli equilibri di intere popolazioni di pesci. Ma non tutte le specie reagiscono allo stesso modo. La loro vulnerabilità dipende da un insieme di fattori biologici e comportamentali del tipo: dove vivono, come si muovono, quanto crescono e quando si riproducono.

Le abitudini dei pesci e la loro vulnerabilità

Proprio come noi, anche i pesci hanno abitudini, e alcune di queste li rendono più esposti al rischio di cattura. Le specie che amano vivere in gruppo, come il tonno rosso del Mediterraneo, per esempio, diventano prede facili per le grandi flotte di pesca a circuizione, che grazie ai radar riescono a individuare e chiudere interi banchi in poche ore. Al contrario, i pesci solitari o quelli che si rifugiano in ambienti complessi, come scogli o barriere coralline, riescono spesso a sfuggire alle reti.

Anche la velocità di nuoto, le rotte migratorie e la profondità a cui vivono influenzano le loro probabilità di sopravvivenza. Le moderne tecnologie di pesca conoscono bene questi comportamenti e li sfruttano per aumentare le catture, rendendo le specie più prevedibili e, di conseguenza, più vulnerabili.

Alcuni pesci crescono lentamente e si riproducono tardi: è il caso di squali e balene, che impiegano anni per raggiungere la maturità sessuale. Queste specie non riescono a sostenere un forte prelievo, bastano pochi anni di pesca intensiva per far crollare le loro popolazioni, e decenni per permettere loro di riprendersi. Altre specie, come sardine e acciughe, hanno invece una vita più “veloce” crescono rapidamente, si riproducono presto e in gran numero. Questo consente loro di recuperare più facilmente dopo periodi di sfruttamento. In biologia si parla di “strategie di vita”, e conoscerle è fondamentale per capire quanto una specie può sopportare la pesca senza collassare.

Ogni rete che cala in mare non cattura solo pesce, ma tocca un equilibrio. Gestire le risorse ittiche in modo sostenibile significa rispettare le differenze tra le specie, i loro ritmi biologici e i limiti naturali del mare. Ignorare questi equilibri può portare a conseguenze gravi. Intere popolazioni possono scomparire e, con loro, anche la stabilità degli ecosistemi marini da cui dipendiamo.

Mediterraneo: equilibrio tra pesca e sostenibilità

Negli ultimi anni il tema dell’equilibrio tra pesca e biodiversità è tornato al centro del dibattito internazionale. Secondo il rapporto FAO 2024 “The State of World Fisheries and Aquaculture”, nel Mediterraneo e nel Mar Nero soltanto il 35,1% degli stock ittici risulta sfruttato in modo biologicamente sostenibile. Sebbene il dato mostri un lieve miglioramento rispetto al passato, la maggior parte delle specie rimane sovrasfruttata, in particolare i pesci demersali come nasello, triglia e scampo, che continuano a subire un’eccessiva pressione di pesca.

Un ruolo fondamentale nella gestione delle risorse spetta alla General Fisheries Commission for the Mediterranean (GFCM), organo regionale della FAO incaricato di promuovere la cooperazione tra gli Stati costieri. Attraverso l’adozione di piani pluriennali di gestione, il potenziamento delle Aree Marine a Pesca Ristretta (FRA) e l’introduzione di limiti allo sforzo di pesca, la GFCM punta a favorire un modello produttivo che concili tutela ambientale e redditività per le comunità costiere. Le misure della GFCM si integrano con quelle previste dalla Politica Comune della Pesca (CFP) dell’Unione Europea, che mira a garantire la sostenibilità ambientale, economica e sociale dell’intero comparto.

La strada verso un Mediterraneo sostenibile è ancora lunga, ma i dati più recenti mostrano che le politiche di gestione condivisa e il rispetto dei limiti biologici possono produrre risultati concreti. La biodiversità marina non è un tema astratto: è la base stessa della produttività dei nostri mari e del futuro della pesca mediterranea.

Ricevi ogni settimana le notizie più importanti del settore ittico

NEWSLETTER

L’articolo Pesca e biodiversità. Un equilibrio sull’orlo del collasso proviene da Pesceinrete.

“}]] ​ 

Standard BAP 2.0 per molluschi, la GSA apre una consultazione pubblica

 [[{“value”:”

La Global Seafood Alliance (GSA) ha aperto una consultazione pubblica sullo Standard BAP 2.0 per molluschi, invitando operatori e stakeholder del settore a contribuire al miglioramento del protocollo. Il periodo per inviare commenti si chiuderà lunedì 15 dicembre. Le osservazioni, rese pubbliche in forma anonima, guideranno la bozza finale del documento. È un passaggio strategico per portare le esperienze della filiera mediterranea nel dibattito internazionale.

La nuova versione aggiorna risorse e collegamenti tecnici in ogni sezione. La responsabilità sociale innalza i requisiti per allinearli agli altri standard BAP attuali. Cresce l’attenzione verso condizioni di lavoro, contrattualistica e meccanismi di segnalazione. Le aziende dovranno documentare processi, formazione e controlli con maggiore rigore.

La responsabilità ambientale viene riorganizzata per chiarezza operativa. Il testo rafforza strumenti e metriche su capacità di carico e interazioni con gli ecosistemi. I gestori dovranno dimostrare coerenza tra densità di allevamento, ricambio idrico e qualità delle acque. La misurazione dei parametri diventa parte integrante delle decisioni di gestione.

L’approccio al benessere animale si allinea alla cornice BAP basata su responsabilità e tracciabilità. Le aziende dovranno codificare pratiche di manipolazione, trasporto e stabulazione. La previsione di indicatori misurabili riduce ambiguità. Il principio è semplice: procedure chiare generano risultati verificabili.

Standard più rigorosi per la filiera italiana

Per l’Italia, gli impatti toccano l’intera filiera delle vongole veraci, dei mitili e delle ostriche. Gli organismi di controllo chiedono dati più strutturati, audit trail e coerenza tra piani e registri. Le cooperative possono trarre vantaggio da protocolli condivisi e piattaforme digitali comuni. L’armonizzazione facilita le verifiche e riduce i costi nel medio periodo.

Conviene avviare fin d’ora una valutazione del divario rispetto alla versione 1.2. Le imprese possono analizzare i propri processi, individuare aree critiche e pianificare gli adeguamenti. Un programma triennale, con obiettivi graduali, consente di distribuire investimenti e formazione in modo sostenibile. Chi si muove prima otterrà un vantaggio competitivo nelle gare e nei rapporti commerciali.

La tracciabilità richiede un salto di qualità. Registri digitali, lotti univoci e integrazione con laboratori accelerano i tempi di risposta. La conformità non è solo adempimento, ma leva di reputazione nei confronti della distribuzione. I buyer cercano standard comparabili e prove documentali semplici da verificare.

Responsabilità sociale lungo tutta la filiera

Sul fronte sociale, il perimetro si estende alla catena di subfornitura. Servono clausole contrattuali chiare, controlli di due diligence e canali interni di segnalazione. La formazione periodica diventa essenziale per prevenire non conformità. Le cooperative possono centralizzare modelli e materiali per ridurre oneri.

L’ambiente resta la chiave per la licenza sociale ad operare. I consorzi dovrebbero investire in monitoraggi con cadenze stabili e metodologie replicabili. Dati coerenti nel tempo permettono di calibrare densità e cicli di raccolta. La trasparenza con le autorità facilita autorizzazioni e pianificazione delle aree.

Infine, partecipare alla consultazione conviene a tutti. I commenti pubblici indirizzano dettagli che impattano costi e controlli futuri. Portare casi reali mediterranei rende lo standard più aderente alla pratica. La competitività passa anche dalla capacità di farsi ascoltare.

Per partecipare alla consultazione è opportuno scaricare questo modulo e inviarlo via email a David Dietz all’indirizzo David.dietz@globalseafood.org.

Ricevi ogni settimana le notizie più importanti del settore ittico

NEWSLETTER

L’articolo Standard BAP 2.0 per molluschi, la GSA apre una consultazione pubblica proviene da Pesceinrete.

“}]] ​ 

Pagina 1 di 1119

Made with & by Matacotti Design

Privacy & Cookie Policy