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La temperatura dell’acqua influenza crescita e qualità del salmone

La temperatura dell’acqua influenza crescita e qualità del salmone

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Nel recente studio di Nofima, la temperatura dell’acqua nel salmone atlantico si è dimostrata un fattore decisivo per crescita, salute e qualità del prodotto finale. L’esperimento, condotto lungo tutto il ciclo vitale del pesce, ha permesso di comprendere come l’esposizione termica nelle prime fasi influenzi lo sviluppo successivo in acqua di mare.

La temperatura regola il metabolismo, la fisiologia e la smoltificazione — il passaggio che consente al salmone di adattarsi dall’acqua dolce a quella salata. Nelle moderne pratiche di acquacoltura, gestire correttamente questo parametro significa garantire pesci più robusti, una resa maggiore e un prodotto di qualità superiore.

Un esperimento a lungo termine

I ricercatori hanno allevato salmoni a tre differenti temperature: 8, 12 e 14 gradi Celsius. Dopo la smoltificazione, i pesci sono stati trasferiti in un impianto di acqua marina, dove sono stati monitorati crescita, benessere e sopravvivenza.

I risultati hanno confermato che i gruppi esposti a temperature più elevate in acqua dolce presentavano una crescita più rapida e una maggiore tolleranza all’ambiente marino. Tuttavia, sono emerse lievi differenze fisiologiche: i pesci cresciuti a temperature alte mostravano cuori leggermente più piccoli e una maggiore incidenza di cataratte nella fase finale di allevamento.

Questi segnali, seppur marginali, evidenziano la necessità di un equilibrio tra performance produttiva e benessere animale.

Implicazioni per l’acquacoltura

Secondo i ricercatori, temperature fino a 14 gradi non compromettono la salute complessiva dei salmoni, purché siano rispettati parametri ottimali di densità e qualità dell’acqua. In condizioni controllate, l’aumento termico può persino favorire una crescita più efficiente e un filetto di qualità superiore, caratterizzato da una pigmentazione più intensa.

Lo studio apre la strada a nuove strategie di gestione termica negli allevamenti, soprattutto in un contesto di cambiamenti climatici e crescente pressione sulla sostenibilità del settore. Il controllo della temperatura rappresenta uno strumento chiave per migliorare non solo la produttività, ma anche il profilo organolettico e commerciale del salmone allevato.

Verso un modello produttivo più resiliente

L’industria dell’acquacoltura norvegese, tra le più avanzate al mondo, potrà ora contare su dati sperimentali di lungo periodo per ottimizzare i protocolli di crescita. I risultati dello studio Nofima indicano che l’uso calibrato della temperatura, integrato con un monitoraggio accurato della salute dei pesci, consente di ottenere esemplari più robusti e un prodotto di maggiore qualità.

La ricerca conferma che una gestione scientifica dei parametri ambientali non è solo un fattore tecnico, ma una leva strategica per garantire sostenibilità e competitività.

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Blue Crab Pet Food: Italy’s Circular Economy Model

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In the debate on the future of the seafood supply chain, pet food is emerging as one of the most promising frontiers for creating value from what, until a few years ago, was considered waste.
The transformation of fish and shellfish into food for companion animals is no longer a marginal segment—it now represents a growing market built on quality, traceability, and sustainability. Companies in the sector are focusing on marine-based ingredients, valued for their nutritional contribution, digestibility, and natural omega-3 content.

In the premium segment, pet food companies enhance raw materials derived from fish processing by-products—such as heads, skins, bones, and trimmings—perfectly suitable from a sanitary standpoint and ideal for processing into protein meals or complete foods.
This integration between the seafood industry and high-end feed production is becoming a true model of circular economy, reducing waste while increasing profitability across the sector.

The Fil Blu Project

Within this context, Fil Blu stands out—a project promoted by the Consorzio Cooperative Pescatori del Polesine with the support of Confcooperative Fedagripesca. The initiative, conceived by Paolo Tiozzo, Vice President of Confcooperative Fedagripesca, and Paolo Manicin, President of the Polesine consortium, transforms the blue crab—an invasive species that has disrupted shellfish farming in the Po Delta—into a raw material for pet food production.

In 2024, 1,894 tons of blue crab were caught in Veneto, but only 38% was sold. Fil Blu provides a concrete response to this imbalance, involving the Universities of Milan and Padua, the startup Feed From Food, the company Sanypet (producer of the Forza10 brand), and the retail chain L’Isola dei Tesori.
With the help of an academic-backed processing technology, blue crab is transformed into protein flour, a key ingredient in animal nutrition.
At Sanypet’s facility, a special edition pâté for cats was developed and distributed through 400 L’Isola dei Tesori stores.
The net proceeds from sales will be donated to the fishermen’s consortium to purchase new machinery, ensuring the project’s long-term economic sustainability.

Exports to Sri Lanka and Mexico

At the same time, the consortium has opened an export channel to Sri Lanka and Mexico, in collaboration with Granchio Blu Trading, the Italian branch of multinational Taprobane Seafood.
In Scardovari, a former clam-processing facility has been converted for the treatment and preservation of blue crab for export, creating new economic opportunities in a region deeply affected by the collapse of traditional production.

In Tuscany, the Orbetello Fishermen’s Cooperative and Fedagripesca Toscana report a growing presence of the species and are evaluating containment strategies based on targeted biological stops and rotational management of repopulation areas.
This approach aligns perfectly with the Fil Blu philosophy: addressing the problem through innovation and cooperation, rather than through emergency measures alone.

From Invasive Species to Opportunity

The transformation of blue crab into pet food now stands as a tangible example of applied bioeconomy, capable of combining environmental sustainability with economic growth.
For the Mediterranean seafood supply chain, it demonstrates that even from a crisis, value can emerge—when driven by knowledge, technology, and collaboration between research and enterprise.

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Mammi: “Proroga UE sulle vongole tutela la nostra filiera”

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“La proroga della deroga europea che consente la pesca delle vongole Chamelea gallina a partire da 22 millimetri è un’ottima notizia per le marinerie dell’Emilia-Romagna. Un risultato concreto che tutela un’intera filiera fatta di imprese, lavoratori e famiglie, ottenuto grazie all’impegno congiunto di istituzioni, consorzi e operatori”.

È quanto dichiara l’assessore all’Agricoltura e alla Pesca della regione Emilia-Romagna, Alessio Mammi, in merito alla decisione della Commissione Pesca del Parlamento europeo, che ha approvato il regolamento delegato che proroga la deroga alla taglia minima prevista dal regolamento Ue 2019/1241. La misura, valida dal 1^ gennaio 2026 al 31 dicembre 2030, consente di continuare la pesca della Chamelea gallina (conosciuta anche come poverazza o lupino) a partire da 22 millimetri, nelle acque territoriali italiane, contro i 25 mm previsti dalla normativa generale.

“Questa deroga rappresenta una scelta di equilibrio tra sostenibilità economica, ambientale e sociale– prosegue Mammi-. In Emilia-Romagna, la pesca della Chamelea gallina è portata avanti dalla piccola pesca artigianale di costa, composta da decine di imprese e centinaia di famiglie. È una filiera di prodotto garantito, tracciato, controllato e riconosciuto per la sua qualità. Una tradizione che ha radici profonde nella nostra cultura marittima e che contribuisce in modo concreto all’economia costiera”.

“La Regione Emilia-Romagna ha sempre sostenuto il comparto, anche nelle sedi europee– conclude l’assessore-. Ringrazio i consorzi di gestione, le associazioni di categoria e tutti coloro che hanno lavorato con determinazione per questo risultato, che assicura continuità operativa e certezza normativa a uno dei settori più rappresentativi del nostro Adriatico”.

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L’accordo Walmart-OpenAI mostra al settore ittico la rotta dell’eCommerce intelligente

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Nel nuovo ecosistema del commercio globale, l’intelligenza artificiale applicata alla distribuzione dei prodotti ittici non è più un tema di frontiera ma una prospettiva concreta. La partnership tra Walmart e OpenAI, che consente di effettuare acquisti direttamente all’interno di ChatGPT, segna una svolta profonda nell’esperienza d’acquisto digitale. È un passaggio che ridefinisce il concetto stesso di customer journey, fondendo interazione conversazionale, analisi predittiva e logistica integrata.

L’accordo tra il più grande retailer del mondo e la principale piattaforma di intelligenza artificiale generativa non si limita a innovare l’eCommerce, ma introduce un modello operativo che potrebbe ispirare anche la filiera ittica. Attraverso l’uso del linguaggio naturale, il consumatore dialoga con un assistente virtuale in grado di comprendere esigenze, preferenze e contesto. Il sistema propone prodotti coerenti con gusti, dieta e disponibilità stagionale, finalizzando l’ordine con un checkout istantaneo.

Applicare un paradigma simile al comparto ittico significherebbe semplificare l’interazione tra produttori, distributori e buyer. Immaginare un sistema in cui l’intelligenza artificiale suggerisca in tempo reale le referenze più adatte alla stagione, all’area geografica o alle tendenze di consumo potrebbe migliorare l’efficienza della supply chain e ridurre sprechi. Allo stesso tempo, la logistica automatizzata, già al centro dell’accordo Walmart–OpenAI, rappresenterebbe un vantaggio decisivo nella gestione del fresco e nella pianificazione dei trasporti a temperatura controllata.

L’evoluzione tecnologica tocca anche la gestione dei dati e la personalizzazione delle esperienze d’acquisto. Nel modello che il colosso americano definisce “agentic commerce”, l’Ai non risponde soltanto a una richiesta, ma anticipa i bisogni. È una capacità che, traslata nel settore ittico, potrebbe supportare i buyer nella previsione della domanda, nella programmazione degli approvvigionamenti e nell’identificazione di nuovi mercati emergenti. L’apprendimento automatico consentirebbe di elaborare informazioni su preferenze regionali, variazioni di prezzo, performance di vendita e andamento delle scorte, favorendo decisioni più rapide e mirate.

Questa visione non è fantascienza. Le piattaforme di eCommerce specializzate in prodotti ittici, così come le imprese di trasformazione e distribuzione, stanno già esplorando l’uso dell’Ai per migliorare le proprie performance operative. Tuttavia, la vera sfida sarà creare un ecosistema condiviso in cui la tecnologia diventi strumento di connessione, non di frammentazione. L’obiettivo deve restare quello di garantire tracciabilità, sostenibilità e valore aggiunto al prodotto, preservando la qualità e l’identità del pesce mediterraneo.

In prospettiva, la partnership Walmart–OpenAI indica una direzione: un commercio “nativo digitale” dove la conversazione sostituisce la ricerca e l’intelligenza artificiale diventa mediatrice tra domanda e offerta. Per il settore ittico, significa ripensare l’intera catena distributiva in chiave predittiva e personalizzata. La tecnologia è già pronta; ciò che serve ora è la volontà di adottarla con una visione sistemica, capace di coniugare innovazione, logistica e tradizione.

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Il nuovo volto del reparto ittico nella GDO

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Il reparto ittico della grande distribuzione sta attraversando una delle sue trasformazioni più significative degli ultimi decenni. A cambiare non è soltanto il modo di acquistare, ma l’intero rapporto tra il consumatore e il prodotto. Il pesce, un tempo percepito come categoria complessa da gestire e da cucinare, è oggi al centro di una nuova attenzione che intreccia praticità, sicurezza, sostenibilità e gusto. Le esigenze di tempo, la crescente sensibilità ambientale e l’aumento dei costi hanno progressivamente orientato le scelte verso referenze lavorate, surgelate o pronte al consumo, ridefinendo così la fisionomia stessa del banco ittico.

In questo scenario, la grande distribuzione si trova a ripensare strategie e assortimenti, cercando un equilibrio tra innovazione, qualità percepita e accessibilità economica. La sfida è interpretare un consumatore sempre più informato, selettivo e guidato da valori che vanno oltre il prezzo. Oggi il pesce non è solo un alimento, ma un simbolo di scelte consapevoli, di filiera trasparente e di impegno ambientale.

Per comprendere meglio le dinamiche che stanno ridisegnando il mercato, Pesceinrete ha raccolto il punto di vista di Mirko Tomsi, buyer ittico CIA Conad, professionista con una visione concreta e appassionata del comparto, che offre una lettura lucida dei cambiamenti in atto nel reparto ittico della GDO.

Negli ultimi anni il comportamento del consumatore nei confronti del pesce è cambiato in modo evidente. Quali dinamiche ha osservato e come queste trasformazioni stanno influenzando la costruzione degli assortimenti?

Negli ultimi anni, il comportamento del consumatore verso il pesce ha subito una profonda evoluzione, guidata da nuove esigenze di praticità, sostenibilità e convenienza. Personalmente, trovo significativo che il pesce fresco, un tempo protagonista indiscusso del banco ittico, stia cedendo terreno a soluzioni più pratiche come i prodotti lavorati, surgelati e ready-to-eat. È un segnale chiaro di come i ritmi di vita moderni stiano influenzando anche le scelte alimentari più tradizionali. Questa transizione, a mio avviso, non è da leggere in chiave negativa. Al contrario, rappresenta un’opportunità per il settore: innovare, semplificare e avvicinarsi di più al consumatore reale, quello che ha poco tempo ma non vuole rinunciare alla qualità. L’aumento dei prezzi ha sicuramente accelerato questa tendenza, spingendo verso formati più accessibili e versatili.

Parallelamente, cresce l’attenzione verso la tracciabilità, la provenienza e le certificazioni ambientali, con una domanda sempre più orientata verso prodotti da pesca sostenibile. Anche il packaging e la comunicazione giocano un ruolo chiave, con un focus su trasparenza e valori nutrizionali. Questi cambiamenti stanno ridefinendo il modo in cui costruiamo gli assortimenti. Oggi, più che mai, è necessario essere flessibili, segmentati e orientati al valore percepito.

Le insegne stanno ampliando l’offerta di prodotti a marchio del distributore, introducendo linee bio, salutistiche e sostenibili, e ottimizzando la logistica per ridurre sprechi e migliorare la shelf-life. Credo che il nuovo assortimento ittico debba essere guidato dal consumatore, dalle sue abitudini e dai suoi valori, ma anche dalla capacità del settore di anticipare i bisogni e proporre soluzioni innovative. È un momento cruciale per chi lavora in questo ambito, e personalmente lo vivo come un’occasione per ripensare il ruolo del buyer: non più solo selezionatore, ma anche interprete delle nuove sensibilità del mercato.

Il reparto ittico oggi deve coniugare sostenibilità, innovazione e competitività. Quali strategie ritiene più efficaci per garantire un equilibrio tra qualità, convenienza e valore percepito dal cliente?

Oggi il reparto ittico è chiamato ad una sfida complessa ma stimolante: coniugare sostenibilità, innovazione e competitività, senza perdere di vista ciò che davvero conta per il cliente: qualità, convenienza e valore percepito. Come buyer, sento ogni giorno il peso di questa responsabilità, ma anche l’entusiasmo di poter contribuire a un cambiamento concreto. Il consumatore è cambiato, e lo vediamo chiaramente nei dati e nei comportamenti d’acquisto. È più attento, più informato, e cerca prodotti che non siano solo buoni da mangiare, ma anche coerenti con i propri valori. Personalmente trovo che questa evoluzione sia positiva: ci insegna ad essere più trasparenti, più etici, più strategici. La sostenibilità non può più essere un elemento accessorio: deve essere parte integrante dell’assortimento. Puntare su fornitori certificati, valorizzare l’acquacoltura responsabile e comunicare in modo chiaro la provenienza del pesce non è solo una scelta commerciale, ma una presa di posizione.

Ma la sostenibilità da sola non basta. Serve innovazione. E qui, a mio parere, il settore ha ancora molto da esprimere. I formati pratici, le soluzioni pronte da cucinare o da consumare, il packaging intelligente e informativo sono strumenti potenti, ma devono essere pensati davvero per semplificare la vita del cliente, senza comprometterne la qualità. Ultima, ma non per importanza, la competitività. In un contesto economico sfidante, il prezzo resta un fattore decisivo. Ma non si tratta solo di essere “economici”: si tratta di trasmettere valore.

Segmentare l’offerta, sviluppare linee a marchio del distributore con un posizionamento chiaro e costruire promozioni che raccontino il prodotto, anziché svilirlo, sono strategie che personalmente ritengo fondamentali. Il prezzo deve essere giusto, ma anche giustificato. In conclusione, ritengo che il reparto ittico debba evolvere da semplice punto vendita a luogo di relazione e racconto. Dove ogni referenza è una scelta consapevole, ogni etichetta è una promessa, e ogni acquisto è un gesto che parla di gusto, responsabilità e fiducia. È una visione ambiziosa, certo, ma anche necessaria se vogliamo davvero costruire un assortimento che rispecchi le nuove sensibilità del mercato.

Guardando al futuro, quali saranno secondo lei i principali fattori che determineranno l’evoluzione del reparto ittico nella GDO nei prossimi anni?

Il reparto ittico nella GDO è destinato a vivere una trasformazione profonda e, operando quotidianamente nel settore, posso dire che questa evoluzione è già in atto. È una sfida che richiede visione, adattabilità e una forte connessione con il consumatore, che oggi risulta essere molto diverso rispetto a qualche anno fa. Uno dei punti chiave sarà senza dubbio la sostenibilità. Non è più un “plus”, ma un requisito fondamentale. I clienti risultano più consapevoli e desiderosi di conoscere la provenienza del pesce, come è stato pescato o allevato, e se dietro quel prodotto ci sono pratiche rispettose dell’ambiente. Personalmente credo che questa sia una delle sfide più nobili del nostro lavoro: costruire assortimenti che non solo soddisfino il palato, ma anche la coscienza.

Collaborare con fornitori certificati, rivedere le filiere e comunicare in modo chiaro sono azioni che richiedono tempo e risorse, ma che generano fiducia e valore nel lungo periodo. Accanto alla sostenibilità, l’innovazione tecnologica sta cambiando il modo in cui gestiamo il reparto. Sistemi sempre più avanzati, uniti all’analisi dei dati, ci permettono di essere più precisi, più reattivi e più efficienti. Personalmente trovo affascinante come tutto ciò possa aiutarci a prevedere la domanda, ridurre gli sprechi e ottimizzare gli assortimenti. Anche il packaging sta evolvendo: oggi non è solo contenitore, ma un veicolo di informazione e identità. Un buon packaging racconta una storia, valorizza il prodotto e semplifica la scelta del cliente. Un altro punto cruciale è la Marca del Distributore (MDD). Se ben gestita, può diventare un asset strategico.

Le linee private label permettono di offrire prodotti di qualità a prezzi competitivi, ma devono essere costruite con cura, con un posizionamento chiaro e coerente. Personalmente vedo nella MDD una grande opportunità per differenziare l’offerta e rafforzare la relazione con il cliente. Sono convinto che il futuro del reparto ittico sarà guidato da un equilibrio tra etica, efficienza ed esperienza d’acquisto. Chi saprà interpretare questi cambiamenti con sensibilità e strategia, potrà trasformare il banco del pesce in un vero punto di forza della GDO. E per chi, come me, vive questo settore ogni giorno, è un momento stimolante, pieno di sfide ma anche di possibilità.

Dalle parole di Mirko Tomsi, emerge una fotografia chiara: il reparto ittico della grande distribuzione non è più un semplice spazio espositivo, ma un laboratorio di innovazione, sostenibilità e relazione con il consumatore. In un mercato in costante mutamento, la sfida è trasformare ogni assortimento in un racconto di fiducia e valore. È in questo equilibrio, tra responsabilità e visione, che si gioca il futuro del pesce nella GDO.

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