[[{“value”:”

Rabobank prevede che, se il settore non adotterà contromisure in tempi utili, l’offerta globale di farina di pesce possa entrare in una fase di carenza a partire dal 2028. Il ragionamento non è legato a un singolo fattore, ma all’incrocio di tre dinamiche: volumi di cattura che non crescono più perché molte pesche operano entro limiti e quote, formulazioni dei mangimi già vicine a soglie minime di impiego di materie prime marine, e un contesto climatico che può comprimere l’offerta in modo improvviso quando si ripresentano cicli sfavorevoli, come quelli associati a El Niño.

Il punto di partenza dell’analisi è che l’offerta “primaria” di ingredienti marini non è facilmente espandibile. La farina e l’olio di pesce dipendono in larga parte da catture di piccoli pelagici e da stock gestiti con regimi di controllo sempre più stringenti. In questo quadro, anche quando la domanda cresce, la produzione non può semplicemente aumentare per inseguire il mercato senza generare pressione sugli ecosistemi o scontrarsi con vincoli normativi. Negli ultimi anni la filiera ha compensato parte della rigidità dell’offerta migliorando l’efficienza e aumentando l’utilizzo di sottoprodotti di lavorazione, ma Rabobank osserva che, senza una strategia più ampia, questi aggiustamenti potrebbero non essere sufficienti a fronteggiare un eventuale shock di disponibilità.

Sul lato domanda, Rabobank evidenzia un tema tecnico che i produttori di mangimi conoscono bene: la progressiva riduzione della quota di farina e olio di pesce nei mangimi, portata avanti per ragioni di costo e disponibilità, sta avvicinando molte formulazioni a livelli minimi “obbligatori” o comunque difficili da ridurre ulteriormente senza impatti. In pratica, la leva del taglio lineare degli ingredienti marini si sta esaurendo. Quando si arriva vicino al minimo, la domanda diventa più rigida: se l’offerta scende, è più complicato ribilanciare il mangime senza compromettere performance zootecniche, qualità nutrizionale o caratteristiche del prodotto finale.

È in questo passaggio che Rabobank colloca il rischio 2028. Se l’impiego globale di farina e olio di pesce non continuerà a diminuire e se l’acquacoltura manterrà tassi di crescita sostenuti nelle specie “fed” (quelle alimentate con mangimi), la domanda potrebbe superare l’offerta in presenza di un evento che riduca i volumi disponibili. La citazione di El Niño, in questo contesto, funziona come indicatore di vulnerabilità: non è necessario che si verifichi un singolo evento identico al passato perché il mercato entri in tensione; basta un calo significativo dell’offerta in un sistema già vicino ai limiti.

Per ridurre l’esposizione al rischio, Rabobank suggerisce di non affidarsi esclusivamente alle forze di mercato e di puntare su una strategia globale, coordinata lungo la catena del valore. L’idea è che la gestione del rischio di scarsità non possa essere affrontata solo con aggiustamenti di prezzo e acquisti spot: serve una pianificazione che metta insieme produttori di ingredienti, mangimifici, allevatori e, dove rilevante, trasformazione e retail, con obiettivi misurabili di riduzione della dipendenza e di incremento di fonti alternative.

Una prima linea d’azione riguarda le formulazioni. Rabobank indica la necessità di ridurre la percentuale di ingredienti marini dove possibile e di aumentare in modo strutturale l’utilizzo di sottoprodotti ittici nella produzione di farina e olio. Questo punto è operativo: l’incremento dei sottoprodotti non dipende dal “pescare di più”, ma dalla capacità di intercettare e valorizzare flussi che già esistono nella trasformazione. Implica però investimenti in logistica, raccolta, stabilizzazione, standard qualitativi e tracciabilità, perché la variabilità del sottoprodotto può trasformarsi in variabilità del prodotto finito, con effetti sulle ricette e sui risultati in allevamento.

La seconda linea d’azione riguarda l’integrazione con nuovi ingredienti. Rabobank cita come opzioni potenziali l’olio di alghe, la farina di insetti e le proteine monocellulari (ad esempio da fermentazione). Il ruolo di queste soluzioni, nella lettura proposta, è duplice: coprire parte del fabbisogno proteico e, soprattutto, contribuire alla disponibilità di componenti nutrizionali critiche come gli omega-3 a lunga catena, che tradizionalmente provengono dall’olio di pesce. In un mercato dove la competizione per l’olio è elevata, fonti alternative di omega-3 possono diventare un elemento di stabilizzazione.

Rabobank, tuttavia, non presenta queste alternative come una soluzione già pronta “a scaffale”. Il tema centrale resta la scalabilità, insieme al costo. Per molte materie prime emergenti, passare da volumi dimostrativi a volumi industriali richiede investimenti consistenti, disponibilità di impianti, continuità di approvvigionamento e modelli economici sostenibili. Inoltre, l’adozione su larga scala dipende dalla compatibilità regolatoria nei diversi mercati, dalle specifiche tecniche richieste dai produttori di mangimi, e dalla capacità di integrare nuove materie prime senza aumentare eccessivamente il costo finale del mangime, già sotto pressione.

Da qui il terzo elemento della proposta Rabobank: un cambio di modello nelle relazioni di filiera. Per garantire un approvvigionamento sostenibile nel lungo periodo, l’industria dovrebbe spostarsi da rapporti transazionali a breve termine verso partnership strategiche. Significa creare stabilità finanziaria e prevedibilità della domanda per consentire investimenti a monte: se chi produce alternative non può contare su contratti, volumi e orizzonti temporali adeguati, sarà difficile attrarre capitali e costruire capacità produttiva sufficiente. In sostanza, Rabobank collega la resilienza della materia prima non solo alla tecnologia, ma anche alla struttura contrattuale e finanziaria del settore.

Per l’Europa, il tema è particolarmente rilevante perché una parte significativa della catena del valore acquicola opera su standard qualitativi elevati e su segmenti dove la componente nutrizionale (inclusi gli omega-3) è parte della promessa al consumatore. In scenari di scarsità o volatilità, il rischio non è solo un aumento dei costi, ma anche una maggiore instabilità nelle formulazioni e nelle performance, con ricadute su programmazione produttiva e prezzi lungo la filiera. L’adozione di alternative, quindi, non è soltanto una scelta di sostenibilità: diventa una scelta di gestione del rischio industriale.

Il messaggio complessivo dell’analisi è pragmatico: se l’offerta resta rigida e la domanda continua a crescere, il settore deve usare il tempo disponibile per ridurre la dipendenza da ingredienti marini, aumentare l’efficienza attraverso i sottoprodotti e costruire un portafoglio di materie prime alternative credibili. Il 2028, nella previsione Rabobank, è un possibile punto di stress del sistema. La differenza tra un mercato teso e un mercato gestibile dipenderà da quanto rapidamente la filiera riuscirà a spostare volumi, investimenti e relazioni verso un modello più stabile.

L’articolo Farina di pesce: Rabobank vede rischio carenza dal 2028 proviene da Pesceinrete.

“}]] ​