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L’industrializzazione dell’economia ittica scozzese sta diventando un caso politico. Sotto la bandiera della transizione energetica, la Scozia sta trasformando i suoi mari in distretti industriali per l’eolico offshore. Ma le flotte di pesca, che di quei mari vivono, non ci stanno.
Da tempo la Scottish Fishermen’s Federation (SFF) denuncia decisioni prese senza un reale confronto. Troppi progetti, troppe concessioni, zero coordinamento. Gli impianti si moltiplicano e, con essi, le zone interdette alla pesca. Mentre il governo esulta per la velocità del programma ARROW – pensato per accelerare le autorizzazioni – i pescatori vedono ridursi lo spazio operativo e aumentare i rischi.
Mari industriali e pescatori ai margini
Il caso del Moray Firth è emblematico. Senza alcuna consultazione preventiva, un accordo tra Crown Estate Scotland e una società londinese ha trasformato l’area in deposito galleggiante per componenti eolici. Quelle acque erano rotte di pesca tradizionali per decine di imbarcazioni costiere. Ora sono vietate.
Il malumore è diffuso anche lungo le coste di Findhorn e Burghead, dove i piccoli pescherecci non hanno autonomia sufficiente per spostarsi altrove. Per molti di loro, la sostenibilità ambientale rischia di tradursi in insostenibilità economica. L’86% dei cittadini scozzesi ritiene che la produzione di cibo debba avere priorità rispetto a quella di energia. Un dato che pesa sul piano politico e spinge il governo di Edimburgo a un difficile equilibrio tra consenso e crescita verde.
Una moratoria per respirare
La SFF chiede una moratoria sui nuovi parchi eolici, almeno finché non verranno definiti criteri di compensazione e convivenza. Nessuno vuole fermare la transizione, ma la sensazione è che si stia correndo senza guardare dove si mette il piede.
Le associazioni dei pescatori parlano di corto circuito istituzionale: troppi ministeri coinvolti, nessun tavolo di coordinamento stabile, scarsa trasparenza sui piani di sviluppo marino. Intanto, la flotta continua a perdere quote di spazio e redditività. In molti porti si avverte lo stesso timore: che il mare, un tempo fonte di sostentamento, diventi il luogo dove la pesca viene lentamente spinta ai margini.
Due economie, un solo mare
La Scozia si trova davanti a una scelta che non riguarda solo l’energia o la pesca, ma l’identità stessa del suo rapporto con il mare. Se da un lato l’eolico offshore rappresenta il futuro dell’indipendenza energetica, dall’altro la pesca resta un pilastro economico e culturale.
Il vero nodo non è scegliere tra cibo o energia, ma costruire un modello in cui possano coesistere. Finora, la corsa al vento ha avuto il vento in poppa. Ma senza una rotta condivisa, rischia di lasciare a terra chi in quei mari ha sempre trovato la propria vita.
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