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L’accordo raggiunto lo scorso 16 dicembre tra Regno Unito, Norvegia, Isole Faroe e Islanda sulla gestione dello sgombro nell’Atlantico nord-orientale segna un nuovo passaggio critico per la pesca pelagica europea. Le quattro parti hanno concordato per il 2026 un totale ammissibile di catture pari a 299.010 tonnellate, definendo tra loro la ripartizione delle opportunità di pesca senza il coinvolgimento dell’Unione europea e di altri Stati costieri interessati.

A sollevare apertamente il problema è Tim Heddema (Pelagic Freezer-trawler Association – PFA), che individua nell’intesa una frattura ormai evidente nella governance dello stock. Secondo Heddema, l’accordo premia di fatto la fissazione unilaterale di quote considerate eccessive, praticata negli ultimi anni da alcuni Paesi terzi, ignorando precedenti storici, criteri di sostenibilità e i legittimi interessi economici dell’UE e dei suoi pescatori.

Dal punto di vista numerico, la portata dell’intesa è significativa. La quota collettiva assegnata a Regno Unito, Norvegia, Isole Faroe e Islanda raggiunge il 79,45%, lasciando uno spazio negoziale estremamente limitato per l’Unione europea. Una dinamica che si inserisce in netto contrasto con l’approccio adottato da Bruxelles, che per il primo semestre del 2026 ha fissato un limite di cattura preliminare di 156.921 tonnellate, pari al 90% del valore principale raccomandato dal CIEM, in linea con una gestione prudenziale dello stock.

Il nodo non riguarda soltanto la ripartizione delle quote, ma il metodo con cui viene gestita una risorsa condivisa. L’accordo, così strutturato, esclude non solo l’UE ma anche la Groenlandia e non introduce alcun meccanismo per contrastare la pesca eccessiva esercitata da altri attori, Russia compresa. Per il comparto europeo, questo approccio rischia di consolidare un modello frammentato, in cui la sostenibilità scientifica viene subordinata a equilibri politici e bilaterali.

Le ricadute per la filiera ittica europea sono tutt’altro che marginali. Minori opportunità di pesca per le flotte comunitarie si traducono in difficoltà di programmazione, riduzione della disponibilità di materia prima e progressivo indebolimento della posizione di mercato rispetto ai concorrenti extra-UE. Una pressione che, nel medio periodo, può riflettersi anche sull’industria di trasformazione e sugli scambi commerciali, alterando gli equilibri lungo tutta la catena del valore.

Nel suo intervento, Heddema solleva inoltre interrogativi diretti sul rispetto degli accordi di cooperazione e commercio tra Unione europea e Regno Unito e sulla capacità dell’UE di tutelare concretamente i propri diritti di pesca. Il punto più critico, sottolinea, è l’esclusione dell’UE dai negoziati effettivi, nonostante il ruolo formale di presidenza delle consultazioni sullo sgombro. Una contraddizione che, nelle sue parole, configura una vera e propria crisi di governance.

Alla luce di questo scenario, il settore pelagico europeo chiede un intervento più incisivo da parte delle istituzioni comunitarie per favorire un accordo globale che coinvolga tutti gli Stati costieri. Tra le opzioni sul tavolo viene richiamato anche il peso dell’UE come principale mercato di sbocco per le esportazioni di prodotti ittici provenienti dai Paesi coinvolti, suggerendo che la leva commerciale non possa più restare uno strumento solo teorico.

Cosa significa per le aziende italiane della filiera ittica

Pur non essendo direttamente coinvolta nella pesca dello sgombro nell’Atlantico nord-orientale, l’Italia risente degli effetti di questa situazione soprattutto sul piano commerciale e industriale.

Lo sgombro è una specie rilevante per l’approvvigionamento europeo e per l’industria di trasformazione, in particolare nel segmento dei prodotti lavorati e delle conserve. Una gestione frammentata delle quote e l’eventuale ricorso a misure commerciali da parte dell’UE possono incidere sulla disponibilità di materia prima, sulla stabilità dei flussi di importazione e sui prezzi lungo la filiera.

Per importatori, trasformatori e operatori della distribuzione italiani, il dossier sgombro rappresenta quindi un tema da monitorare attentamente, più per i riflessi di mercato che per l’impatto diretto sulle catture nazionali.

 

L’articolo Sgombro Atlantico 2026, l’intesa tra quattro Paesi isola l’UE e riapre il nodo della governance proviene da Pesceinrete.

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