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Mitili da record: la Scozia firma il suo massimo storico nel 2024

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La produzione di mitili in Scozia nel 2024 ha raggiunto quota 11.690 tonnellate, segnando il valore più alto mai registrato a livello nazionale. È il dato che apre lo Scottish Shellfish Farm Production Survey 2024, pubblicato dal governo scozzese, e che evidenzia un incremento del 13% rispetto al 2023.

A trainare il settore è la regione delle Shetland, con oltre 10.200 tonnellate prodotte, pari all’88% del totale nazionale. Un risultato che consolida la centralità della mitilicoltura nel panorama dell’acquacoltura britannica ed europea, offrendo segnali positivi nonostante le flessioni in altre specie molluschi.

Ostriche in calo, ma crescono le native

Accanto al primato dei mitili, lo stesso report segnala una netta contrazione nella produzione di ostriche del Pacifico (Magallana gigas), scese da 3,9 a 2,4 milioni di esemplari (-38%). Il calo è legato all’interruzione delle attività da parte di un grande produttore dell’area Highland.

Crescono però le ostriche native (Ostrea edulis), passate da 111.000 a 170.000 esemplari, con un incremento del 53% che riaccende l’interesse su questa specie storicamente più fragile e selettiva. Resta marginale invece la produzione di capesante, con 23.000 esemplari complessivi nel 2024.

Un comparto da 14 milioni di sterline

Sommando i dati di prima vendita, il valore complessivo della mitilicoltura e della molluschicoltura scozzese nel 2024 si attesta intorno ai 14 milioni di sterline, in leggero calo rispetto ai 14,1 milioni del 2023. Il mitilo si conferma la colonna portante del settore con circa 12,3 milioni di sterline generati, seguito da ostriche del Pacifico (1,5 mln), ostriche native e capesante (entrambe stimate intorno alle 100.000 sterline).

La produzione di mitili in Scozia nel 2024 mostra un’elevata concentrazione: solo 11 aziende hanno prodotto oltre l’88% del totale nazionale. Due sole imprese hanno superato le 300.000 ostriche prodotte.

Spat settlement in ripresa, ma calano le imprese

Un altro indicatore positivo arriva dallo spat settlement, ovvero la disponibilità naturale di seme per l’avvio dei cicli produttivi: nel 2024 i siti con raccolta sufficiente per i mitili sono cresciuti dell’80%, da 54 a 97. Un segnale incoraggiante dopo anni di criticità legate a fattori ambientali e biologici.

Tuttavia, il settore continua a registrare una progressiva riduzione del numero di imprese autorizzate: 100 nel 2024 contro le 144 del 2015, con una perdita del 31% in dieci anni. Le difficoltà maggiori si riscontrano nei siti più remoti, dove logistica e costi di commercializzazione penalizzano la continuità operativa.

Monitoraggi sanitari e resilienza ambientale

Il Marine Directorate ha proseguito anche nel 2024 le attività di controllo sanitario su 120 siti, con ispezioni basate sul rischio e verifiche documentali su altri 41. Non sono emerse malattie soggette a notifica obbligatoria, ma continuano a essere applicate restrizioni in zone sensibili alla Bonamia ostreae, come Loch Sunart, Dornoch Firth e West Loch Tarbert.

Nel frattempo, la Scozia mantiene lo status sanitario favorevole anche per Marteilia refringens e OsHV-1 µvar, con un regime che vieta la movimentazione di stock infetti, proteggendo le produzioni locali e le aree ancora indenni.

La produzione di mitili in Scozia nel 2024 rappresenta un caso virtuoso in un contesto europeo segnato da incertezze e adattamenti climatici. Se da un lato la mitilicoltura mostra slancio e capacità di consolidamento, le ostriche richiedono strategie mirate di rilancio.

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Il fish burger come simbolo della nuova trasformazione ittica

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Oggi, 28 maggio, in occasione dell’Hamburger Day, è utile volgere lo sguardo oltre la tradizione per valutare ciò che il comparto ittico ha saputo costruire nel tempo: l’hamburger di pesce non è più una nicchia di prodotto, ma uno dei formati più evoluti nel campo della trasformazione alimentare. Il settore ittico, da tempo, sviluppa una delle soluzioni più efficienti e coerenti con le dinamiche del consumo moderno: l’hamburger di pesce.

Integrato stabilmente nei portafogli prodotto dell’industria della trasformazione, questo formato rappresenta un punto d’incontro tra esigenze nutrizionali, sostenibilità di filiera e standardizzazione tecnologica. Nel comparto dei ready-to-eat, il fish burger consolida la propria posizione grazie alla compatibilità con i criteri di salubrità, tracciabilità e impatto ambientale ridotto, rispondendo così alle traiettorie evolutive della domanda.

Un formato semplice per una filiera complessa

Dietro un’apparente semplicità di fruizione, l’hamburger di pesce rivela una struttura tecnica complessa. Ogni fase – dalla selezione della materia prima alla formatura, dalla conservazione alla distribuzione – è governata da logiche di efficienza, sicurezza alimentare e valorizzazione del prodotto.

Le variabili progettuali sono numerose: consistenza e stabilità della massa proteica, gestione dell’umidità, resistenza termica alla cottura, profilo lipidico controllato, uniformità delle pezzature, assenza di spine, compatibilità con tecnologie IQF o MAP, adattamento ai requisiti di shelf life. La sfida è raggiungere una sintesi tra precisione industriale e riconoscibilità gastronomica.

Anche la composizione organolettica – spesso frutto di bilanciamenti tra proteine pure e ingredienti funzionali – è frutto di iterativi cicli di testing. Nulla è lasciato al caso in un alimento che deve essere accessibile, replicabile e coerente con i parametri sensoriali attesi dal mercato.

Dalla tracciabilità al linguaggio del consumo

Il fish burger si inserisce perfettamente nel paradigma contemporaneo di “cibo funzionale consapevole”. È un veicolo narrativo, oltre che nutrizionale: porta con sé valori ambientali, visioni di filiera corta, biodiversità, processi produttivi tracciati. Il formato, lungi dall’essere anonimo, si presta a rappresentare identità territoriali e approcci circolari.

In un contesto in cui la narrazione del prodotto è determinante per l’accettazione commerciale, l’hamburger di pesce risponde a più livelli: consente la valorizzazione di specie meno note, il recupero di eccedenze e sottomisure, la compatibilità con politiche di pesca sostenibile e il dialogo con il linguaggio nutrizionale della nuova generazione di consumatori.

Per la distribuzione moderna e la ristorazione organizzata, il formato burger rappresenta una soluzione ad alta logistica: porzionabile, versatile, adatto a diverse modalità di cottura e facilmente comunicabile sul piano del marketing alimentare.

La sfida dell’identità ittica nei formati del futuro

L’hamburger di pesce, pur nella sua apparente neutralità, interroga profondamente il futuro dell’identità ittica. Può il prodotto trasformato essere ancora portatore del valore culturale, ambientale ed economico del mare? La risposta dipende dalla capacità dell’industria di costruire un linguaggio tecnico che non smarrisca l’origine della materia prima, ma la traduca con intelligenza in forme coerenti con i mercati globali.

In questo senso, il fish burger non è una banalizzazione, ma una possibilità: quella di rileggere la complessità del comparto ittico attraverso i codici del consumo contemporaneo. Un laboratorio permanente, dove si incontrano biotecnologia, gastronomia, sostenibilità e cultura del mare.

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Dal banco alla strategia: il settore ittico alla prova del 2025

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Il Rapporto Coop 2025 offre una lettura nitida della condizione economica e psicologica del Paese. In un contesto in cui le parole chiave sono “preoccupazione” e “sfiducia”, anche il settore ittico si trova coinvolto in una crisi che va ben oltre l’andamento dei consumi: riguarda la percezione stessa del valore del cibo, della qualità e della sicurezza alimentare.

I numeri lo confermano. La crescita prevista dei consumi si ferma allo 0,7%, mentre il carrello della spesa si fa più essenziale, selettivo, orientato a beni primari a basso impatto economico. In questo scenario, la filiera ittica italiana è chiamata a rivedere il proprio posizionamento: da comparto produttivo a componente strategica dell’economia nazionale.

Il carrello della fiducia: il pesce non basta, servono garanzie

Non è solo una questione di prezzo. I consumatori oggi chiedono qualità certa, tracciabilità verificabile, etichette leggibili. Il comparto ittico, con le sue molteplici declinazioni — dal fresco alle conserve, dal surgelato ai piatti pronti — è al centro di questa richiesta di trasparenza.

Il settore ittico nel 2025 non può più affidarsi alla tradizione mediterranea o all’appeal salutista. Serve un salto di paradigma. Le scelte di consumo sono ormai atti culturali, e ciò che finisce nel carrello riflette un’intera visione del presente. I prodotti ittici che non comunicano in modo efficace rischiano di essere esclusi, indipendentemente dalla loro qualità intrinseca.

Rafforzare il sistema: filiere digitali e politiche industriali

L’industria ittica italiana ha le risorse per affrontare questa sfida. Le competenze esistono: tecnologie per la tracciabilità, piattaforme logistiche integrate, impianti di trasformazione avanzati. Ma troppo spesso queste eccellenze restano isolate. Manca una regia nazionale che trasformi l’insieme in sistema.

Serve un investimento coordinato in filiere digitali, dalla barca allo scaffale, e una semplificazione radicale delle procedure autorizzative. La burocrazia è oggi uno dei principali freni all’innovazione industriale, soprattutto per le PMI del settore. Senza un ambiente normativo favorevole, nemmeno la migliore innovazione può scalare.

Il settore ittico nel 2025 ha davanti un bivio: restare adattivo o diventare strategico. Il primo atteggiamento porta alla sopravvivenza, il secondo alla crescita strutturale.

Una nuova narrazione per una nuova economia del mare

In un clima sociale segnato dalla stanchezza comunicativa e da una continua esposizione all’allarme, anche il modo di raccontare il cibo deve cambiare. L’ittico non fa eccezione. Raccontare bene significa educare, costruire fiducia, distinguersi senza sensazionalismo.

Le aziende più evolute stanno già investendo in comunicazione di filiera, etichettatura intelligente, contenuti editoriali di qualità. Ma servono anche alleanze tra imprese, istituzioni, media di settore.

Il 2025 è un anno di svolta. Il rapporto Coop fotografa un’Italia sospesa, ma il comparto ittico ha la possibilità di reagire. Attraverso tracciabilità, semplificazione, comunicazione credibile e politiche industriali mirate, il mare può tornare a essere non solo fonte di sostentamento, ma infrastruttura strategica per l’intero sistema agroalimentare italiano.

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Vietnam, il marketing dei gamberi sfida lo status quo globale

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Il Vietnam rompe con l’immagine di semplice fornitore globale di materia prima: nell’industria dei gamberi, il focus si sposta ora sul valore aggiunto.

Non più solo volumi e commodity. Oggi, le imprese vietnamite del settore stanno investendo nella costruzione di brand riconoscibili, nell’adozione di imballaggi sostenibili, nella tracciabilità certificata e nell’accesso diretto ai mercati attraverso il digitale. L’obiettivo è chiaro: presidiare il valore, distinguersi nella qualità percepita, controllare la narrazione che accompagna il prodotto.

È un cambio di rotta profondo, che tocca ogni anello della filiera e impone nuove logiche di export.

Dal marchio alla reputazione

Per decenni, gran parte dei gamberi vietnamiti è stata esportata sotto l’etichetta di altri. Ora, la svolta: aziende come Minh Phu Seafood Corporation vogliono che il proprio nome arrivi sulle tavole di Stati Uniti, Giappone e Unione Europea. Non solo prodotti: identità, affidabilità, storytelling.

Minh Phu ha strutturato un’offerta premium – dai gamberi impanati ai prodotti per sushi – veicolata con il proprio marchio e promossa attraverso fiere internazionali, reti estere e strumenti digitali. Una strategia che punta a consolidare valore nel lungo termine, riducendo la dipendenza da terzi.

Packaging, il primo strumento di marketing

La confezione non è più solo protezione. Diventa interfaccia visiva, garanzia di qualità, veicolo di trasparenza. Aziende come Dac Loc Company adottano imballaggi sostenibili, grafica curata e soprattutto QR code integrati che raccontano l’origine e i processi di allevamento, anche attraverso contenuti video.

Il packaging riflette oggi la strategia di posizionamento: tracciabilità certificata (ASC, BAP), multilinguismo per i mercati target, e un’estetica pensata per lo scaffale europeo. Elementi fondamentali per entrare in empatia con buyer e consumatori finali.

Digitale e accesso diretto ai mercati

Il canale e-commerce B2B rappresenta una leva sempre più strategica per l’industria del gambero vietnamita. Alcune imprese hanno sviluppato piattaforme proprietarie in grado di connettere direttamente l’offerta locale con ristoranti e importatori internazionali, abbattendo i livelli intermedi della distribuzione.

È il caso di Dac Loc, che ha affiancato al sito web uno storytelling attivo su social media, tracciabilità in tempo reale e logistica integrata. Un modello replicabile per chi intende costruire relazioni commerciali più dirette e resilienti.

GDO e ristorazione: partnership per il valore

Nel nuovo marketing dei gamberi, la presenza sugli scaffali non basta. Serve una logica di co-branding strutturato. Alcune aziende vietnamite collaborano stabilmente con realtà come Costco, Walmart o Sysco, adattando le proprie linee produttive a esigenze di etichettatura, promozione e comunicazione condivisa.

Queste partnership non si limitano alla fornitura, ma includono programmi promozionali congiunti, lancio di prodotti su misura e campagne digitali integrate. Un modo per consolidare la reputazione vietnamita all’interno della filiera alimentare internazionale.

Numeri che raccontano una trasformazione

I dati confermano che la svolta strategica non è solo narrativa: nei primi quattro mesi del 2025, le esportazioni vietnamite di gamberi hanno superato 1,27 miliardi di dollari, con una crescita del 30% rispetto allo stesso periodo del 2024. Ad aprile il comparto ha toccato quota 330,8 milioni, sostenuto dalla ripresa della domanda in Cina, Europa e Giappone.

Ma la cifra che conta davvero è la crescente capacità di creare e trattenere valore. Con un marketing proattivo, le aziende vietnamite stanno passando da un modello dipendente a un modello guidato. Non più meri fornitori, ma attori protagonisti.

Il Vietnam sta tracciando una nuova traiettoria per l’industria ittica mondiale: integrare branding, tracciabilità, piattaforme digitali e partnership retail non è un’opzione, ma una strategia necessaria. In un settore sempre più competitivo, il marketing dei gamberi diventa il vero terreno della differenziazione.

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Italia e altri 16 Paesi UE contro il fondo unico per agricoltura e pesca

Italia e altri 16 Paesi UE contro il fondo unico per agricoltura e pesca

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Italia

«Non possiamo che approvare la mossa dell’Italia e del ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida con il suo no durante durante l’intervento all’Agrifish al fondo unico per la pesca e per l’agricoltura. Apprezziamo la scelta in quanto è la direzione che noi auspichiamo prenda la Ue». Il plauso arriva da Cristian Maretti, presidente di Legacoop Agroalimentare che già alcuni giorni fa aveva apprezzato «il lavoro che i parlamentari italiani in Europa e il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida portano avanti per la nostra agricoltura e la nostra pesca». In particolare al ministro Lollobrigida va «il nostro appoggio e il nostro plauso per aver presentato all’Agrifish un documento contro la proposta di un fondo unico e dare così all’agricoltura il giusto valore e il giusto peso che ha. Il documento ha visto l’appoggio della Grecia e poi di altri 15 Paesi», continua Maretti.

Nel documento del ministro Lollobrigida si evidenziano le forti preoccupazioni per l’ipotesi di istituire un fondo unico e un Piano Nazionale al posto dei fondi e dei programmi oggi separati per agricoltura e pesca.

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