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Unci AgroAlimentare, campagna tonno rosso valorizza aggregazione operatori

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Unci AgroAlimentare, campagna tonno rosso valorizza aggregazione operatori – “Accogliamo positivamente il decreto sulla campagna di pesca del tonno rosso per l’anno in corso perché incentiva e valorizza gli accordi di filiera, in un’ottica di sostenibilità ambientale”. Ad affermarlo è Gennaro Scognamiglio, presidente nazionale dellUnci AgroAlimentare.

“Il nuovo provvedimento del governo – prosegue il dirigente dell’associazione di settore del mondo cooperativistico – predisposto dal Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, con l’impegno del sottosegretario Patrizio La Pietra, consolida un percorso già definito nel 2024, con l’obiettivo di contrastare e azzerare comportamenti scorretti e pesca illegale, attraverso un sigillo di garanzia, e le speculazioni, creando le condizioni per un sistema produttivo più stabile e organizzato, in grado di rispondere in maniera ottimale alle richieste del mercato, con ricadute significative per imprese e lavoratori del comparto.
Le organizzazioni dei produttori e i loro aderenti infatti potranno trasferire fino al 50% della propria quota assegnata anche tra sistemi differenti per ottimizzare obiettivi comuni nei rispettivi piani di produzione e commercializzazione. La quota trasferita viene quindi messa a fattore comune nell’ottica di una migliore modalità di immissione sul mercato del prodotto.
Apprendiamo con soddisfazione, inoltre, dallo stesso senatore La Pietra che sono in fase di definizione le istruttorie per l’assegnazione della quota premiale, al fine di dare un riconoscimento agli investimenti effettuati negli accordi commerciali e favorire una più forte collaborazione tra i diversi attori del settore ridistribuendolo nella successiva annualità agli operatori che avranno dato esecuzione agli accordi e che intendono proseguirli.
Senza contare che un meccanismo premiale è stato predisposto anche per i lavoratori che adottano il sistema di pesca del palangaro o palamito in maniera continuativa”.

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Europêche difende la pesca europea dalle accuse infondate

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Europêche difende la pesca europea dalle accuse infondate – La tempesta mediatica scatenata dalla ONG Bloom rischia di travolgere non solo la reputazione di numerosi pescherecci europei, ma anche la credibilità di un intero settore che da anni si batte per una pesca responsabile e sostenibile. Con la pubblicazione di una lista di imbarcazioni accusate di operare illegalmente nelle Aree Marine Protette (AMP), accompagnata da un appello ai supermercati per boicottare i prodotti ittici derivati da queste attività, Bloom ha scatenato una reazione immediata e decisa da parte di Europêche, la principale voce dell’industria della pesca europea.

Europêche non usa mezzi termini: il rapporto di Bloom è pieno di inesattezze, fondato su interpretazioni distorte dei dati e su una rappresentazione fuorviante delle reali finalità delle AMP. Mentre la ONG accusa le imbarcazioni di violare sistematicamente le regole ambientali, la realtà è ben diversa. In Europa, e in particolare in Paesi come la Francia, le Aree Marine Protette non sono un monolite. Esistono oltre undici diverse categorie, ognuna con obiettivi e regolamentazioni specifiche. Dalla protezione degli habitat dei fondali marini alla tutela dei cetacei o degli uccelli marini, le AMP sono strumenti di conservazione complessi che non implicano necessariamente il divieto totale delle attività umane.

Europêche sottolinea con forza che solo una minoranza di AMP sono effettivamente considerate zone di non cattura. Accostare l’intera categoria delle AMP a santuari inviolabili della biodiversità, come fa Bloom, è un errore grossolano che alimenta confusione tra i consumatori e nel dibattito pubblico. Il settore, anzi, si dice più che disposto a confrontarsi con regolamentazioni puntuali e basate su dati scientifici solidi, ma rifiuta l’idea di un approccio ideologico e generalizzato che danneggia indiscriminatamente pescatori e comunità costiere.

A preoccupare ancora di più è la metodologia stessa utilizzata da Bloom per stilare la lista incriminata. L’ONG ha fatto affidamento sul sistema di identificazione automatica (AIS) per tracciare le imbarcazioni, ma ha clamorosamente travisato il significato dei dati raccolti. L’AIS serve a localizzare la posizione di una nave, non a determinare se essa sia impegnata in attività di pesca. Un peschereccio che semplicemente transita attraverso un’AMP per raggiungere la propria zona di pesca viene così erroneamente etichettato come “pirata del mare“.

Non meno grave è l’utilizzo della velocità delle imbarcazioni come presunto indicatore di attività di pesca. In molte AMP esistono limiti di velocità imposti per motivi di sicurezza e protezione ambientale, ma per Bloom questa semplice precauzione diventa una prova di colpevolezza. Il risultato è un rapporto che accusa anche imbarcazioni non da pesca, come navi da ricerca, trasformando un’analisi seria in una lista disordinata e priva di credibilità.

Europêche ha ribadito con fermezza il proprio impegno a favore di un dialogo costruttivo con le istituzioni e invita i decisori politici a non lasciarsi influenzare da campagne ideologiche e sensazionalistiche. È la scienza, sottolinea l’associazione, a dover guidare le scelte strategiche per la tutela degli ecosistemi marini, non la pressione di chi costruisce narrazioni senza fondamento per ottenere visibilità.

Il messaggio è chiaro: la sostenibilità della pesca europea passa per un equilibrio intelligente tra protezione ambientale e attività economiche. Criminalizzare indiscriminatamente il settore non porterà a mari più sani, ma rischia piuttosto di minare la fiducia tra chi vive di pesca e chi è chiamato a tutelare il mare. Una lezione che, per il bene di tutti, conviene non dimenticare.

Europêche difende la pesca europea dalle accuse infondate

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Tuttofood alza l’asticella. Milano punta al vertice globale del food & beverage

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Tuttofood alza l’asticella. Milano punta al vertice globale del food & beverage – Tuttofood è pronta a trasformare Milano nella capitale mondiale del cibo. La decima edizione della manifestazione, presentata alla Farnesina, promette di superare ogni aspettativa grazie a una regia strategica che unisce la visione di Fiere di Parma, la potenza logistica di Fiera Milano e il respiro internazionale di Koelnmesse. È una mossa audace, maturata in due anni di preparazione certosina, per rendere l’evento non solo il palcoscenico più ambito per il food & beverage italiano, ma anche una calamita per gli attori globali della filiera agroalimentare.

Milano si prepara a vivere una vera e propria full immersion, non solo nei padiglioni di Rho Fiera ma anche con un fuori salone diffuso che promette di conquistare la città. Un format pensato per andare oltre la classica fiera di settore e trasformarsi in un’esperienza immersiva capace di attrarre tanto il pubblico business quanto i consumatori finali. La data da segnare è il 3 maggio, quando le porte di Tuttofood si apriranno per accogliere una platea di 3.000 buyer internazionali tra retail e food service, frutto di un raffinato lavoro di scouting e data mining condotto da Ice e Fiere di Parma.

Il messaggio è chiaro: l’Italia non si accontenta di giocare in casa. Il nostro agroalimentare, che rappresenta da solo il 10% della manifattura nazionale e si posiziona come secondo settore industriale dopo la meccanica, punta con decisione a consolidare la propria leadership internazionale. L’obiettivo non è solo competere, ma differenziarsi, evitando la corsa al ribasso sui volumi e puntando invece su qualità, autenticità e sostenibilità. Le nostre piccole e medie imprese, maestre nell’arte dei prodotti Dop e Igp, trovano in Tuttofood una piattaforma ideale per raccontare al mondo intero la propria capacità di innovare rispettando la tradizione.

Dietro questo ambizioso disegno c’è anche la visione del governo italiano. Matteo Zoppas, presidente di Ice, ha sottolineato con forza come la “diplomazia della crescita” sia la strada maestra per abbattere barriere come i dazi e ampliare la presenza del made in Italy oltre i consueti circuiti della ristorazione etnica. Con il supporto di strumenti dedicati, dalle missioni esplorative all’orientamento doganale e di certificazione, Ice affianca le imprese nei loro percorsi di internazionalizzazione garantendo un potenziale di crescita fino al +5%.

A tutto questo si aggiunge un progetto dal sapore culturale ma con enormi risvolti economici: la candidatura della cucina italiana a Patrimonio dell’Umanità Unesco, sostenuta da un investimento governativo da 100 miliardi di euro. Un riconoscimento che andrebbe a rafforzare ulteriormente il posizionamento del nostro cibo nei mercati internazionali, ampliando la portata dei prodotti italiani in canali ancora oggi poco esplorati.

Antonio Tajani, ministro degli Affari Esteri, ha ribadito il pieno appoggio dell’esecutivo a questa sfida, fissando obiettivi precisi: portare l’export italiano da 623 miliardi a 700 miliardi entro la fine della legislatura. Ambasciate e consolati saranno la vetrina del made in Italy nel mondo, supportati da una squadra compatta di istituzioni e strumenti finanziari, da Ice a Sace, da Simest a Cassa Depositi e Prestiti. E i prossimi viaggi del ministro, dall’India all’Arabia Saudita, dal Messico al Giappone, confermano la volontà di presidiare ogni mercato strategico.

Per il comparto ittico e agroalimentare italiano, Tuttofood 2025 rappresenta quindi una straordinaria occasione di visibilità e crescita. Non si tratta solo di partecipare a una fiera, ma di essere protagonisti di una narrazione globale che intreccia cultura, economia e innovazione.

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Regione Siciliana. 600 mila euro per la promozione dei prodotti ittici

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Regione Siciliana. 600 mila euro per la promozione dei prodotti ittici  – È stata definita la graduatoria con la quale si finanzieranno 21 Comuni siciliani per iniziative di sensibilizzazione del pubblico sul consumo di prodotti ittici siciliani pescati, allevati o trasformati che coinvolgeranno le famiglie, gli istituti di formazione gastronomica e la ristorazione. L’intervento promosso dal dipartimento regionale della Pesca mediterranea metterà in campo 600 mila euro, per un massimo di 30 mila a progetto.

“In questo difficile momento congiunturale e di forte crisi del settore – sottolinea l’assessore all’Agricoltura, Salvatore Barbagallo è fondamentale cercare di valorizzare tutta la produzione ittica attraverso tutti gli strumenti a nostra disposizione, ai quali si aggiunge il prestigioso riconoscimento di ‘Regione europea della gastronomia?, assegnato dall’Istituto internazionale di gastronomia, cultura, arti e turismo (Igcat) alla Sicilia“.

L’azione fa parte degli obiettivi del Fondo europeo per gli affari marittimi, la pesca, l’acquacoltura (Feampa 2021-2027) e in particolare dell’Obiettivo specifico 2.2 – Azione 4 – “Resilienza, stabilità, trasparenza ed equa concorrenza nei settori della commercializzazione e trasformazione e miglioramento dell’organizzazione di mercato dei prodotti della pesca e acquacoltura”. L’avvio delle iniziative potrà contribuire a rivitalizzare tante realtà costiere, ma anche interne della Sicilia, e aggiungere valore alla produzione ittica, soprattutto in relazione al pescato.

Qui il decreto di approvazione e la graduatoria.

Regione Siciliana. 600 mila euro per la promozione dei prodotti ittici

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Carlino, la tradizione nella trasformazione delle acciughe

Carlino, la tradizione nella trasformazione delle acciughe

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Carlino, la tradizione nella trasformazione delle acciughe – Carlino è un marchio che, negli ambienti della trasformazione ittica, suona familiare. Un’azienda siciliana che da circa cinquant’anni lavora acciughe a Sciacca, nel cuore della costa sud-occidentale della Sicilia. Una posizione strategica, ma soprattutto una scelta precisa: produrre in un territorio dove il pesce non è solo materia prima, ma parte di un sistema culturale e produttivo.

Oggi Carlino si presenta come una realtà solida, a conduzione familiare, in grado di gestire l’intera filiera con coerenza e sostenibilità: dall’acquisto del pesce fresco, rigorosamente selezionato nel periodo di migliore qualità, alla trasformazione, alla stagionatura, fino al confezionamento. L’azienda, con due stabilimenti di produzione e due bolli CE, certificata BRC e IFS, attua una gestione verticale che permette controllo, velocità operativa e una standardizzazione consapevole della qualità. Tutto questo con una grande attenzione alla sostenibilità: grazie all’utilizzo di energia solare, l’azienda oggi copre tra il 70 e l’80% del proprio fabbisogno energetico, riducendo l’impatto ambientale della produzione e rafforzando il legame con il territorio.

Il vero punto di forza è la specializzazione. Carlino lavora solo acciughe, sardine sotto sale e filettate sott’olio, pasta di acciughe, colatura di acciughe e filetti di acciughe marinate: pochi prodotti, ma confezionati con diversi packaging — banda stagnata, plastica, vetro. In un mercato che spesso si disperde nella ricerca di assortimenti estesi, qui la scelta è stata quella di rafforzare un’identità precisa. Il risultato è un’offerta credibile, al servizio delle esigenze del consumatore, con una qualità costante e un’attenzione a un posizionamento ben studiato.

L’azienda ha sviluppato sei linee commerciali che riflettono sia esigenze distributive sia scelte strategiche. “Fior d’Acciuga” punta su un’estetica curata e su un approccio moderno al packaging, ideale per canali gourmet o scaffali specializzati. “Carlino” è la linea madre, quella che porta il nome della famiglia. “Don Pasquale”, più tradizionale, è il tributo alle origini e porta il nome del fondatore e padre dell’attuale amministratore. “Aurora“, il marchio storico e più antico, registrato da tre generazioni in capo alle attività familiari; “Marni”, che porta il nome del pesciolino, marchio creato negli anni Novanta; e “Mizar”, il marchio per le produzioni dedicate ai canali di vendita che necessitano di un prezzo aggressivo, completano il portafoglio, offrendo alternative diversificate in termini di grammatura, confezionamento e fascia di prezzo.

A differenza di molte realtà artigianali, Carlino ha saputo integrare tecnologie produttive moderne senza perdere l’impostazione tradizionale. Lo stabilimento è attrezzato per garantire una lavorazione rapida, controllata, adatta agli standard richiesti sia dal retail, sia dal food service, sia dall’industria nazionale ed estera. E proprio l’export rappresenta oggi un asse strategico, in quanto costituisce circa il 40% dei volumi: parliamo di una presenza in oltre 20 Paesi e quattro continenti.

Il posizionamento dell’azienda sul mercato è chiaro: proporre un prodotto che parla di territorio, che racconta una filiera mediterranea trasparente e valorizza la stagionalità della pesca. Nessuna rincorsa al prezzo più basso, ma un’attenzione crescente al valore percepito, alla coerenza del messaggio e all’affidabilità commerciale.

Carlino è un esempio concreto di come un’azienda familiare, radicata nel territorio e specializzata su un prodotto, possa rimanere competitiva nel tempo. Lo fa con una strategia sobria ma efficace, fatta di scelte operative solide, attenzione al brand e investimenti mirati. In un settore complesso e in continua evoluzione come quello delle conserve ittiche, rappresenta un caso interessante da osservare e — per certi aspetti — da prendere come riferimento.

Carlino, la tradizione nella trasformazione delle acciughe

“In Rete” è la rubrica di Pesceinrete che racconta le aziende del settore ittico attraverso le informazioni disponibili online. Il nostro obiettivo è offrire una fotografia oggettiva delle realtà presenti sul web, con l’intento di documentare il panorama del mercato in modo trasparente e informativo.

 

 

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