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Dopo il voto UE sulle vongole, l’Italia rilancia il modello di co-gestione

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Il voto della scorsa settimana in Commissione Pesca del Parlamento europeo ha confermato la deroga italiana sulla pesca delle vongole, respingendo l’obiezione presentata da alcuni eurodeputati spagnoli. La decisione riconosce la specificità ambientale dell’Adriatico e consente ai pescatori italiani di continuare a catturare molluschi a partire da 22 millimetri, invece dei 25 previsti dal regolamento comunitario.

La misura, introdotta anni fa in via eccezionale, ha permesso al comparto di sopravvivere e di adattarsi alle caratteristiche biologiche locali, evitando la chiusura di numerose imprese e cooperative.

Donazzan: difendere la pesca significa difendere l’economia reale

Tra i commenti all’esito del voto, arriva anche quello dell’europarlamentare Elena Donazzan, di Fratelli d’Italia, che ha ricordato come la pesca rappresenti “un settore strategico per l’economia reale dei territori costieri e per l’identità delle nostre comunità”.

Donazzan ha evidenziato che il lavoro portato avanti in Europa da Fratelli d’Italia, e in particolare dal collega Carlo Ciccioli in Commissione Pesca, ha contribuito a un risultato di rilievo per il Paese. La difesa della deroga non è solo una battaglia tecnica, ma un segnale politico: dimostra che l’Italia, quando si presenta unita, riesce a far valere la propria voce a Bruxelles.

Taglia minima e sostenibilità reale

Il nodo centrale della discussione resta quello della taglia minima delle vongole. Nelle acque dell’Adriatico, la crescita della specie Chamelea gallina è più lenta rispetto ad altri mari europei. L’obbligo dei 25 millimetri avrebbe penalizzato la flotta italiana, riducendo drasticamente la possibilità di pesca sostenibile.

Le evidenze scientifiche fornite da ISPRA e dai centri di ricerca regionali hanno dimostrato che la raccolta a 22 millimetri non compromette l’ecosistema e garantisce il mantenimento dello stock. In questo contesto, la deroga non è un privilegio, ma un adattamento alle condizioni ecologiche reali del Mediterraneo.

Un equilibrio tra economia, scienza e tradizione

La decisione della Commissione Pesca rafforza il legame tra impresa, ricerca e cultura del mare. La pesca delle vongole non è solo un’attività produttiva, ma un tassello fondamentale dell’identità di molte comunità costiere, dal Veneto alle Marche.

L’obiettivo ora è mantenere alta la qualità della gestione, investendo in monitoraggi scientifici, controlli e formazione. L’Italia ha dimostrato che sostenibilità ambientale e sostenibilità economica possono coesistere, ma dovrà continuare a farlo con rigore e coerenza.

Modello di co-gestione

Il “modello di co-gestione” è il sistema con cui, in Italia, pescatori, istituzioni, enti scientifici e amministrazioni locali collaborano direttamente nella gestione della pesca: stabiliscono insieme le regole, monitorano gli stock e propongono soluzioni per garantire sostenibilità e redditività.

Quindi “l’Italia rilancia il modello di co-gestione” significa che, forte del risultato ottenuto a Bruxelles, il Paese può ora presentare la propria esperienza come esempio virtuoso per l’Europa, dimostrando che un approccio partecipato e territoriale può funzionare meglio delle regole imposte dall’alto.

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Taglie minime commerciali: serve chiarezza tra pesca professionale e acquacoltura

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In seguito alle recenti controversie tra Italia e Spagna riguardanti la taglia minima commerciale del mollusco bivalve Chamelea gallina (vongola/lupino), l’Associazione Mediterranea Acquacoltura (A.M.A.) ritiene necessario chiarire alcuni aspetti fondamentali che distinguono il quadro normativo della pesca professionale da quello dell’acquacoltura.

Nel contesto della pesca professionale, le taglie minime commerciali sono regolate dal Regolamento (UE) 2019/1241, che stabilisce misure tecniche finalizzate alla conservazione degli stock ittici selvatici. Tali disposizioni si applicano esclusivamente alla cattura, sbarco e commercializzazione di specie pescate in mare, con l’obiettivo di tutelare la biodiversità e garantire la sostenibilità delle risorse.

Diversamente, nel settore dell’acquacoltura, gli organismi acquatici vengono allevati in ambienti controllati, con tracciabilità garantita e senza impatto diretto sugli stock naturali. Pertanto, come riportato al paragrafo 4 dell’art. 7 del D.Lgs. 9 gennaio 2012, n. 4, le taglie minime previste per la pesca non si applicano ai prodotti dell’acquacoltura. La normativa vigente riconosce quindi questa distinzione, evitando sovrapposizioni che potrebbero generare confusione tra gli operatori e i consumatori.

Tuttavia, A.M.A. sottolinea che limiti dimensionali volontari possono essere adottati dagli operatori dell’acquacoltura per motivi di qualità, benessere animale e posizionamento commerciale, in conformità a:
• Disciplinari DOP/IGP
• Certificazioni ambientali (es. Friend of the Sea, GlobalG.A.P.)
• Standard richiesti dalla Grande Distribuzione Organizzata e dai mercati internazionali
È pertanto fondamentale garantire trasparenza sull’origine del prodotto “pescato” o “allevato

A.M.A. invita i media e gli stakeholder del settore a evitare semplificazioni fuorvianti e a promuovere una comunicazione corretta e basata su evidenze normative. La chiarezza su questi aspetti è essenziale per tutelare sia gli operatori che i consumatori, favorendo una crescita sostenibile e responsabile dell’intero comparto ittico.

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e-Fish DockDeal: l’asta digitale “mono prodotto” che rivoluziona la commercializzazione dei prodotti ittici

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Nel mondo della pesca e dell’acquacoltura, la stagionalità e la deperibilità del prodotto ittico impongono modelli di vendita sempre più agili, capaci di garantire velocità, trasparenza e piena tracciabilità. In questo scenario, e-Fish DockDeal segna un punto di svolta: una piattaforma d’asta digitale “mono prodotto”, progettata per semplificare e accelerare la vendita di lotti omogenei di pesce azzurro, molluschi bivalvi, prodotti trasformati e prodotti derivanti da attività da acquacoltura.

La forza della semplicità: un prodotto, un lotto, una vendita più efficiente

e-Fish DockDeal nasce per rispondere a un’esigenza concreta: gestire in modo rapido e strutturato le vendite di grandi quantità di prodotto uniforme. Nelle aste tradizionali, infatti, la molteplicità delle specie e la variabilità dei lotti rallentano i tempi e complicano la gestione documentale; la logica di e-Fish DockDeal, invece, è quella dell’asta a ribasso su lotti non frazionabili, composti da casse omogenee per produttore. Ogni lotto viene presentato in tempo reale attraverso un’interfaccia web accessibile anche da remoto, consentendo ai potenziali acquirenti di partecipare senza la necessità di essere fisicamente presenti.

A livello operativo, e-Fish DockDeal si distingue per la leggerezza infrastrutturale: può essere installato rapidamente e avviato in modalità stand-alone, oppure integrato con le soluzioni e-Fish Asta ed e-Fish Asta Online, con cui condivide lo stesso ecosistema tecnologico. Questa interoperabilità nativa consente di gestire aste ibride – in presenza e da remoto – oppure di mantenere e-Fish DockDeal come canale dedicato alle vendite massive e stagionali. Il sistema viene fornito corredato di dispositivi integrati per la pesatura, l’etichettatura, la visualizzazione delle informazioni e acquisizione delle immagini.

Molluschi, specialità locali e prodotto trasformato: dove e-Fish DockDeal fa davvero la differenza

Il vero valore aggiunto di DockDeal emerge però sul piano strategico: la sua capacità di valorizzare segmenti specifici della filiera, come i molluschi, le specialità locali e il prodotto trasformato. In questo contesto, DockDeal diventa un abilitatore di mercato perché permette di aggregare l’offerta di singoli produttori, di valorizzare le specialità territoriali e di garantire una gestione digitale conforme ai requisiti di tracciabilità e sicurezza alimentare previsti dalle normative europee.

L’integrazione con e-Fish EF2 consente la generazione automatica di tutta la documentazione commerciale – dal foglio d’asta al documento di trasporto, fino alla fattura proforma – mentre la connessione con e-Fish MarketPlace apre nuove opportunità di vendita B2B, estendendo la platea di acquirenti a livello nazionale e internazionale.

e-Fish DockDeal trova la sua piena espressione in quei contesti in cui la gestione coordinata del pescato è una necessità quotidiana. È la soluzione ideale per le Organizzazioni di Produttori e i consorzi di produttori che devono movimentare in modo rapido e trasparente grandi quantità di prodotto omogeneo, ma anche per i commercianti all’ingrosso e i centri di spedizione che richiedono strumenti digitali affidabili per ottimizzare i tempi di vendita e di consegna. Allo stesso modo, i mercati ittici possono integrare e-Fish DockDeal come canale complementare o alternativo alla vendita tradizionale, ampliando la platea di acquirenti e garantendo continuità operativa anche da remoto. In tutti questi ambiti, la piattaforma consente di unire efficienza logistica, trasparenza e valorizzazione del prodotto, trasformando il momento della vendita in un processo fluido e controllato.

Dal mare al mercato in un click: la vendita del pescato diventa digitale

La differenza rispetto alle altre soluzioni e-Fish risiede dunque nella specializzazione funzionale: se e-Fish Asta è pensata per la gestione complessa e completa di una sala d’asta tradizionale, con un flusso continuo di specie e lotti eterogenei, e-Fish DockDeal si posiziona come uno strumento complementare, agile e ad alta efficienza, perfetto per gestire volumi omogenei e sessioni di vendita ripetitive. Non un surrogato, ma un potenziatore: una soluzione verticale che libera risorse, accelera i cicli di vendita e amplifica le opportunità di commercializzazione per tutte quelle produzioni che necessitano di velocità e trasparenza più che di complessità gestionale.

La sua introduzione rappresenta un passo decisivo nel percorso di digitalizzazione e automazione della filiera ittica. Con e-Fish DockDeal, la tecnologia non è solo un supporto, ma diventa un fattore competitivo, capace di ottimizzare tempi, ridurre i costi operativi e migliorare la redditività delle vendite.

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Subsistence Fishing: The True Meaning of Sustainability

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When people think of fishing, what often comes to mind are industrial fleets, crowded fish markets, and tons of seafood shipped to countries around the globe. Also vivid are the challenges the sector faces after decades of overexploitation—especially before sustainability rules were even conceived. Yet, there exists a form of fishing that generally escapes criticism because it is deeply tied to the culture and survival of disadvantaged coastal communities: subsistence fishing.

This ancient practice dates back thousands of years and still represents, for millions of people, the only way to eat. It is estimated that 87% of all fish caught globally ends up on consumers’ tables, while just 1–2% comes from subsistence fishing. A small figure—yet crucial for those whose lives depend directly on the sea.

According to estimates, about 26.6 million Indigenous people engage in subsistence fishing, catching between 1.3 and 2.5 million tons of fish every year. In these communities, fish is not merely a source of nutrition but an integral part of their culture and identity.

The average per capita fish consumption reaches 74 kilograms per year, far above the global average of around 20 kilograms. This data underscores how the sea and rivers remain today the main sources of food and security for those living through this ancestral practice.

The search for food drives these fishers, guided by ecological principles explained through models like the Optimal Foraging Theory and the Optimal Diet Theory. Simply put, those who fish to live decide where, how, and what to catch based on time, energy spent, and the nutritional value of the available species.

However, even this form of fishing now faces enormous challenges. Climate change, pollution, and competition from industrial fleets threaten access to vital marine resources.

In a world consuming more fish than the oceans can replenish, subsistence fishers remind us that true sustainability begins with respect—respect for the sea, for nature, and for the lives it sustains.

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Un nuovo Patto per il Mediterraneo: l’Europa torna a investire sul mare comune

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Con la presentazione del nuovo Patto per il Mediterraneo, la Commissione europea e l’Alto rappresentante rilanciano il ruolo strategico del bacino mediterraneo. Basandosi su legami storici e culturali consolidati, il Patto per il Mediterraneo nasce con l’obiettivo di rendere quest’area un motore di sviluppo condiviso. La visione è quella di uno spazio mediterraneo più connesso, prospero e sicuro, dove le economie collaborano per affrontare le sfide comuni della transizione energetica, della sicurezza alimentare e della crescita sostenibile.

L’economia blu come chiave di sviluppo

L’economia blu è al centro della nuova strategia. Bruxelles individua nella gestione sostenibile delle risorse marine, nella digitalizzazione e nell’innovazione tecnologica gli strumenti per rilanciare la competitività dell’area. Per il comparto ittico e acquacolturale, questo significa maggiore attenzione alla qualità, alla tracciabilità e alla diversificazione produttiva. Il Mediterraneo può così diventare un laboratorio di pratiche sostenibili e un modello di equilibrio tra redditività economica e tutela ambientale.

Nuove opportunità per giovani e imprese

Il Patto guarda anche alle persone, individuando nei giovani la forza motrice del cambiamento. La Commissione punta su percorsi formativi condivisi, scambi universitari e programmi di innovazione. Le iniziative StartUp4Med e Trans-Mediterranea per le energie rinnovabili e le tecnologie pulite (T-MED) intendono sostenere le piccole e medie imprese, incluse quelle della filiera ittica, favorendo investimenti, occupazione e imprenditorialità sostenibile. L’obiettivo è trasformare la cooperazione in valore reale, creando reti solide tra le economie costiere e promuovendo una crescita inclusiva.

Sicurezza e stabilità come prerequisiti

Un’attenzione particolare è rivolta alla sicurezza. L’UE riconosce che prosperità e stabilità viaggiano insieme e che la gestione condivisa dei flussi migratori, la lotta ai traffici illeciti e la protezione delle infrastrutture marittime sono condizioni essenziali per ogni sviluppo duraturo. Rafforzare la cooperazione marittima significa anche tutelare l’ambiente, prevenire disastri ecologici e garantire continuità alle attività economiche legate al mare, dalla pesca al turismo.

Un percorso politico e operativo

L’approvazione politica del Patto per il Mediterraneo è prevista per novembre 2025, in occasione del trentesimo anniversario del Processo di Barcellona. Nei primi mesi del 2026 verrà presentato un Piano d’Azione con progetti concreti, Paesi partecipanti e priorità operative. Le istituzioni europee, insieme a governi, università e organizzazioni della società civile, saranno chiamate a trasformare la visione in risultati tangibili. La sfida sarà dare continuità e concretezza, rendendo il Mediterraneo un luogo di cooperazione stabile, crescita economica e innovazione sociale.

Un’occasione per l’area e per la pesca

Il nuovo Patto per il Mediterraneo rappresenta una grande opportunità anche per i settori legati al mare, in particolare per pesca e acquacoltura. In un contesto geopolitico complesso, la prospettiva di una cooperazione rafforzata e di investimenti condivisi può favorire una transizione concreta verso un modello economico blu, inclusivo e sostenibile. L’Europa sembra pronta a ripartire dal Mediterraneo, riaffermando la sua identità marittima e il suo ruolo nel futuro del mare comune.

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