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Un anno di Tendenze 2025:
nuova edizione, anche nel look

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Un anno di Tendenze 2025:
nuova edizione, anche nel look –  Si presenta con un’immagine rinnovata la nuova edizione di “Un anno di Tendenze”, la pubblicazione in cui GS1 Italy propone una lettura per macro-temi dei contenuti pubblicati nell’arco di dodici mesi sul suo webmagazine Tendenze.
«A più di 10 anni dal lancio, “Un anno di Tendenze” si rinnova e si trasforma, così com’è avvenuto poche settimane fa per la piattaforma digitale del nostro magazine online» spiega Marco Cuppini, research and communication director di GS1 Italy e direttore responsabile del magazine. «Non si tratta, però, di un semplice restyling grafico, ma di una vera e propria riprogettazione che parte dalla volontà di rafforzare la missione per cui è nato questo magazine: raccontare il cambiamento del largo consumo con chiarezza e autorevolezza».
Come sempre, anche l’edizione 2025 di “Un anno di Tendenze” continua a raccontare come cambia, evolve e si trasforma il mondo del largo consumo, e non solo. E lo fa usando dati, analisi, articoli, studi e opinioni originali, per costruire un racconto multidimensionale e a più voci, che aiuta a capire il presente e a prepararsi al futuro.
La selezione di articoli, dossier ed editoriali pubblicati online su Tendenze è organizzata secondo una lettura trasversale basata su cinque macro-aree: economia e consumi, innovazione, retail e brand, logistica e sostenibilità.
Da quest’edizione di “Un anno di Tendenze” emerge un mondo in profonda trasformazione: dalla tavola degli italiani – dove il risparmio incontra un amore mai sopito per il cibo di qualità – alle rivoluzioni della supply chain, il volume esplora le nuove frontiere del consumo consapevole. La tecnologia ridisegna l’esperienza d’acquisto, mentre la sostenibilità emerge come bussola per le scelte di aziende e consumatori. Innovazione digitale, tracciabilità dei prodotti, logistica intelligente: un cambiamento che coinvolge l’intera filiera, dal produttore al consumatore finale.
“Un anno di Tendenze 2025” abbina una visione ampia a una trattazione puntuale, offrendo centinaia di contenuti che aiutano a orientarsi tra i grandi trend del presente. E lo fa usando anche gli strumenti “iconici” di GS1 Italy, come i QR code posizionati strategicamente all’interno delle pagine e che traghettano nell’ecosistema digitale di GS1 Italy, permettendo ai lettori di approfondire online i temi di maggiore interesse.

Il volume “Un anno di Tendenze 2025” è consultabile gratuitamente sul sito di Tendenze.

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Report AZTI: la rotta verso una pesca europea più sostenibile e innovativa

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Report AZTI: la rotta verso una pesca europea più sostenibile e innovativa – Il futuro della pesca europea passa per la trasformazione digitale e l’innovazione sostenibile. A certificarlo è l’ultimo report di AZTI, centro tecnologico di riferimento per il settore ittico, che ha recentemente presentato una panoramica aggiornata sulle soluzioni tecnologiche più promettenti per rendere la pesca più efficiente, tracciabile e sostenibile.

Secondo i dati più recenti, l’industria della pesca in Europa impiega direttamente quasi 120.000 persone e genera una produzione di 3,49 milioni di tonnellate di pescato, per un valore di 6,6 miliardi di euro (dato 2022). Tuttavia, sfide come il cambiamento climatico, l’aumento dei costi del carburante, l’evoluzione delle preferenze dei consumatori e la crescente pressione normativa stanno mettendo alla prova la resilienza del settore.

La digitalizzazione come leva strategica

Nel suo report, AZTI mette in evidenza il ruolo chiave dell’intelligenza artificiale nella modernizzazione della flotta europea. Grazie allo sviluppo di algoritmi predittivi dedicati a specie target come acciughe e tonni nel Golfo di Biscaglia, è oggi possibile individuare le aree con la maggiore probabilità di pesca, ottimizzando così le rotte e riducendo il consumo di carburante e le emissioni di CO₂.

Non solo. La machine vision, ovvero la visione artificiale, permette di identificare, classificare e contare automaticamente le catture direttamente a bordo dei pescherecci. Questo si traduce in una gestione più efficiente delle risorse marine, favorendo una pesca responsabile e sostenibile.

Obiettivo: ridurre l’impatto ambientale della pesca

La riduzione delle emissioni di gas serra e la decarbonizzazione della flotta peschereccia restano priorità assolute. Come sottolinea Gorka Gabiña, coordinatore di AZTI per le Tecnologie di Pesca Sostenibile, “ogni flotta è diversa e richiede strategie personalizzate: dall’ottimizzazione dei consumi all’impiego di nuovi materiali per le imbarcazioni, fino all’utilizzo di energie alternative”.

Il report esplora anche le potenzialità dell’economia circolare nella pesca, evidenziando l’importanza del recupero degli attrezzi da pesca dismessi e l’utilizzo di materiali biodegradabili o innovativi. Sebbene sia necessario investire in infrastrutture adeguate per la gestione dei rifiuti marini su larga scala, queste pratiche possono migliorare significativamente la salute degli ecosistemi e generare nuove opportunità economiche.

Tecnologie per ridurre il bycatch e tutelare la biodiversità

Una delle sfide più complesse è il contrasto alla cattura accidentale di specie non bersaglio, come pesci giovani, squali, tartarughe marine, uccelli e cetacei. AZTI propone un ventaglio di soluzioni pratiche: dai sistemi di monitoraggio elettronico con videocamere e sensori, in grado di fornire dati precisi in tempo reale, fino alle innovazioni negli attrezzi da pesca e ai dispositivi per il rilascio sicuro degli animali catturati accidentalmente.

Questi strumenti non solo supportano la conformità alle normative europee, ma rappresentano anche un passo avanti verso una pesca più selettiva e sostenibile, capace di coniugare efficienza economica e responsabilità ambientale.

Il messaggio del report AZTI è chiaro: innovare è indispensabile per garantire un futuro sostenibile al settore ittico europeo. Le tecnologie digitali e le soluzioni orientate alla sostenibilità rappresentano oggi non solo un’opportunità, ma una necessità per rispondere alle sfide globali e mantenere la competitività delle nostre flotte.

Report AZTI: la rotta verso una pesca europea più sostenibile e innovativa

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Il paradosso dell’acquacoltura: nutrire pesci con altri pesci

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Il paradosso dell’acquacoltura: nutrire pesci con altri pesci – L’acquacoltura, spesso presentata come una soluzione sostenibile per soddisfare la crescente domanda globale di proteine animali, nasconde un’incongruenza difficile da ignorare: per allevare pesci, si uccidono altri pesci.
Un ciclo alimentare che si morde la coda!
Molte specie ittiche allevate, come salmone, spigola, orata, trota, carpa, sono carnivore. Il loro nutrimento principale nei sistemi di acquacoltura intensiva consiste in farina di pesce e olio di pesce, derivati dalla pesca di piccoli pesci pelagici come acciughe, sardine e sgombri. In pratica, si pescano grandi quantità di pesce selvatico per trasformarle in mangime destinato ad altri pesci, chiusi in vasche o gabbie.

Questo approccio comporta diversi problemi:

  • Sfruttamento eccessivo dei mari. Si stima che circa un terzo della pesca globale sia destinata alla produzione di farina e olio di pesce. Questo impatta negativamente sugli ecosistemi marini e sulle comunità costiere che dipendono da quei pesci per la propria alimentazione.
  • Inefficienza energetica. Servono da 2 a 5 kg di pesce selvatico per produrre 1 kg di pesce allevato (a seconda della specie). Il fattore di conversione aumenta drasticamente per esempio per l’accrescimento dei tonni in gabbia. È questo un sistema contrario ai principi dell’economia circolare e della sostenibilità.
  • Dipendenza da una risorsa limitata. Le popolazioni di pesce selvatico non sono infinite. Continuare a far affidamento su questo tipo di alimentazione compromette seriamente l’ecosistema.

Promuovere l’acquacoltura come “sostenibile” in questo contesto appare quasi contraddittorio.
Fortunatamente, la ricerca sta offrendo diverse soluzioni innovative per superare questa dipendenza come, per esempio mangimi a base vegetale: soia, alghe, microalghe e altri ingredienti vegetali sono già utilizzati in parte per sostituire la farina di pesce. Alcuni studi mostrano buoni risultati in termini di crescita e salute dei pesci, anche se resta da migliorare il profilo degli acidi grassi polinsaturi omega-3. (DHA, EPA)
Altro mangime deriva dagli insetti come le larve di mosca e altri che possono essere allevati e trasformati in proteine animali ad alto valore nutritivo. Sono già utilizzati in alcuni mangimi sperimentali, con buoni risultati.
Ma anche il riciclo dei sottoprodotti della pesca come gli scarti e residui dell’industria ittica i quali possono essere trasformati in mangimi, riducendo lo spreco e la necessità di pescare ulteriormente.

Un passo avanti si sta ottenendo con l’acquacoltura integrata multitrofica (IMTA), ovvero un sistema in cui specie diverse coesistono in modo simbiotico (es. pesci, molluschi, alghe) permettono di riutilizzare i nutrienti presenti nell’ambiente e ridurre l’impatto ambientale complessivo.
Il sistema attuale dell’acquacoltura è però prevalentemente basato sul nutrire i pesci con altri pesci, e ciò un è paradosso ecologico. Se vogliamo davvero che l’allevamento ittico sia parte della soluzione globale per una dieta sostenibile, dobbiamo rompere questo circolo vizioso. La buona notizia è che le alternative esistono: serve volontà politica, investimenti nella ricerca e una maggiore consapevolezza da parte dei consumatori.

Il paradosso dell’acquacoltura: nutrire pesci con altri pesci

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Salumi di pesce, un segmento consolidato che continua a crescere

Salumi di pesce, un segmento consolidato che continua a crescere

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Salumi di pesce, un segmento consolidato che continua a crescere – Il segmento dei salumi e degli insaccati di mare si è ormai stabilizzato come una realtà matura all’interno della gastronomia di qualità. Non più curiosità da gourmet, ma veri e propri protagonisti delle tavole di ristoranti, gastronomie e consumatori consapevoli, alla ricerca di alternative sostenibili e innovative per il consumo di prodotti ittici trasformati.

Negli ultimi anni, il percorso di questo segmento si è arricchito di significato, unendo la maestria artigianale alla valorizzazione del pescato e incontrando la crescente domanda di soluzioni gastronomiche autentiche. Le aziende specializzate, spinte da spirito di ricerca e da una forte attenzione alla sostenibilità, hanno lavorato per perfezionare tecniche di stagionatura e affinamento, offrendo oggi un prodotto che racconta tanto la tradizione quanto la visione moderna del settore ittico.

A testimoniare questo sviluppo è anche l’esperienza di Pamela Romano, founder di Offishina, che descrive il passaggio da prodotto poco conosciuto a proposta apprezzata in contesti sempre più ampi. “Negli ultimi anni abbiamo assistito a un’evoluzione significativa”, spiega Romano, “i salumi di mare sono diventati una proposta apprezzata da un pubblico sempre più attento alla qualità, alla salute e alla sostenibilità. E oggi, anche i professionisti del settore riconoscono il valore di questi prodotti non solo per il loro gusto, ma anche come esempi di innovazione e storytelling.”

L’attenzione alla sostenibilità è, di fatto, uno degli elementi distintivi della crescita di questo segmento. Utilizzare in modo integrale il pescato, evitando sprechi, e trasformare anche le parti meno nobili del pesce in prodotti di pregio, è oggi un fattore competitivo chiave. La filiera artigianale non si limita a conservare il valore gastronomico, ma amplifica quello ambientale ed economico. “Recuperiamo i sottoprodotti del pesce, come la carne che rimane attaccata alla lisca e alle guance, per trasformarli in prodotti gourmet”, conferma Romano, raccontando come l’attenzione alla materia prima si rifletta anche nella scelta di lavorazioni manuali e a temperatura ambiente, senza l’uso di macchinari o conservanti chimici.

Le prospettive di crescita non si fermano al mercato domestico. La conferma arriva dall’interesse crescente dei mercati esteri, sempre più ricettivi verso questa categoria di prodotto. Svizzera, Francia, Belgio, Germania, Spagna e Regno Unito rappresentano oggi mercati consolidati per gli affettati di mare italiani, ma il segmento si sta spingendo anche oltre, con prime esportazioni verso gli Stati Uniti e progetti in fase di sviluppo per il mercato arabo. “Stiamo attivamente lavorando per rendere i nostri prodotti idonei anche per il mercato arabo, rispettando le normative religiose locali”, osserva Romano, indicando come l’internazionalizzazione del segmento sia già una realtà concreta e in evoluzione.

Il valore competitivo del segmento si fonda anche sulla capacità di raccontare una storia credibile e trasparente. Il consumatore moderno chiede etichette chiare, filiere tracciabili e ingredienti naturali. In questo contesto, la scelta di affidarsi a processi naturali di fermentazione e stagionatura, che favoriscono la presenza di batteri probiotici e prolungano la conservazione senza la necessità di additivi, rappresenta un vantaggio distintivo. “Le muffe nobili che si formano durante la stagionatura contribuiscono non solo alla conservazione, ma anche alla creazione di sapori complessi e di un profilo organolettico ricco”, precisa Romano, sottolineando come la pazienza e il rispetto dei tempi naturali siano fattori imprescindibili nella produzione degli affettati di mare.

Il successo del segmento si misura anche nei riconoscimenti ottenuti a livello internazionale. Concorsi gastronomici di prestigio, con degustazioni alla cieca, hanno premiato la qualità e l’originalità di questi prodotti, spesso prima ancora del loro ingresso sul mercato. Questo contribuisce a rafforzare la reputazione del salume di pesce come una categoria autonoma, non assimilabile ai salumi tradizionali ma portatrice di una propria identità gastronomica.

Il quadro che emerge è quello di un segmento solido, che ha saputo maturare senza fretta e oggi guarda con fiducia al futuro. Grazie a un mix di artigianalità, attenzione all’ambiente, innovazione di prodotto e apertura ai mercati internazionali, i salumi di mare rappresentano una delle espressioni più avanzate e sostenibili della trasformazione ittica contemporanea. Non è più questione di moda o di tendenza passeggera: è un modello di filiera che ha trovato il suo spazio, e continua a costruire nuove opportunità per il comparto ittico italiano.

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Question Time alla Camera: il Ministro ricorda l’intesa europea che salva il settore ittico italiano

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Question Time alla Camera: il Ministro ricorda l’intesa europea che salva il settore ittico italiano – Durante il Question Time di ieri, alla Camera dei Deputati, il Ministro dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida, ha illustrato le misure adottate dal Governo per sostenere il comparto agroalimentare italiano di fronte alla crisi dei dazi.
Nel suo intervento, sebbene il focus principale fosse rivolto alle eccellenze agricole e vitivinicole, non è mancato un importante riferimento al settore della pesca, che merita di essere evidenziato.

Il Ministro ha infatti confermato che, grazie all’azione negoziale portata avanti nelle sedi europee, è stato scongiurato il previsto taglio del 38% dello sforzo di pesca per le imprese italiane.
Una misura che, se applicata, avrebbe avuto conseguenze pesantissime per la filiera ittica nazionale, mettendo a rischio centinaia di aziende e compromettendo la tenuta economica di interi territori costieri.

“Abbiamo portato due volte in Italia il Commissario all’Agricoltura Hansen e il Commissario alla Pesca Kadis, reduce dalla trattativa con noi conclusasi con l’azzeramento della proposta di taglio del 38% dello sforzo di pesca per le imprese italiane, che avrebbe messo in ginocchio l’intero settore”, ha dichiarato Lollobrigida davanti all’Aula.

Questo risultato rappresenta un punto di svolta, non solo per la pesca italiana, ma anche per il più ampio scenario europeo, considerando l’impatto che le politiche comunitarie hanno sull’equilibrio tra sostenibilità ambientale e sostenibilità economica del settore.

Il Ministro ha ribadito l’importanza di mantenere un approccio costruttivo nelle relazioni internazionali, specie con gli Stati Uniti, e ha annunciato che il Governo continuerà a monitorare gli effetti dei dazi sulle produzioni italiane, compresi i prodotti ittici, valutando eventuali misure compensative in sinergia con l’Unione europea.

Il settore ittico, dunque, torna al centro dell’agenda politica, con una rinnovata attenzione alle dinamiche europee e alla necessità di difendere il lavoro delle imprese italiane del mare. In un contesto globale sempre più competitivo e complesso, la difesa della filiera rappresenta una priorità strategica.

Question Time alla Camera: il Ministro ricorda l’intesa europea che salva il settore ittico italiano

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