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Oggi è la Giornata Mondiale del tonno

Metà del tonno pescato viene da fonti certificate sostenibili

Ogni anno vengono sbarcati 2,8 milioni di tonnellate di tonno proveniente da attività di pesca certificate MSC, pari alla metà delle catture globali. Un aumento reso possibile anche dalla certificazione, negli ultimi 5 anni, di otto nuove attività di pesca valutate sostenibili secondo lo Standard MSC per la pesca sostenibile; tra queste troviamo la Kyowa-Meiho, la prima pesca giapponese del tonno con reti a circuizione a ottenere la certificazione; la pesca del tonno rosso australe australiano; e la pesca del tonno dell’Atlantico del Senegal, la prima in Africa occidentale a soddisfare lo Standard MSC.

MSC Marine Stewardship Council è un’organizzazione non profit che promuove la salute degli oceani attraverso un programma per la pesca sostenibile basato sulla Teoria del cambiamento, che vede pescatori,
aziende del settore ittico e consumatori uniti in un circolo virtuoso capace di promuovere miglioramenti nella pesca attraverso un aumento della domanda di prodotti ittici da fonti sostenibili.

I volumi sostenibili

Il volume di tonno MSC venduto nel mondo è cresciuto del 24% su base annua arrivando a quasi 300.000 tonnellate metriche al 31 marzo 2025, secondo i nuovi dati pubblicati da MSC nell’ultima edizione del suo Sustainable Tuna Yearbook. I dati comprendono il tonno venduto nelle categorie fresco, surgelato, in conserva, in piatti pronti o pet food.

In Italia si è registrato un aumento del +256% del volume di tonno certificato MSC negli ultimi 4 anni, pari a 13.000 tonnellate di materia prima certificata1. Un aumento che testimonia la resilienza e la centralità
della sostenibilità nell’operato dei principali operatori del settore, nonostante la contrazione del mercato, le sfide legate all’inflazione e l’aumento dei costi produttivi.

Le quote in vendita in Italia

Il tonno certificato rappresenta in Italia il 20% dei volumi totali di prodotto ittico MSC; di questi oltre il 91% è utilizzato per il tonno in conserva, in linea con il mercato nazionale.

Sugli scaffali della grande distribuzione italiana sono presenti oltre 200 referenze di tonno certificato MSC in un’ampia gamma di prodotti che vanno dalla classica conserva, alle insalate di tonno e ai tramezzini. Analizzando le specie, è interessante notare come quest’anno per la prima volta il tonnetto striato abbia superato il tonno a pinne gialle, arrivando a rappresentare il 56% del volume totale di tonno certificato MSC nel nostro Paese.

Il tonno, gigante del mare

Pesce azzurro e Feamp, gli alleati degli italiani

Vantaggi per tutti: perché le proteine del pesce sono l’elemento chiave di una dieta vincente

Gli italiani devono molto al pesce. Uno dei caposaldi della dieta perfetta, infatti, sono le proteine del pesce che, abbinate alle altre come pasta, pane, latticini e uova garantiscono anche il giusto apporto di carboidrati, fibre e vitamine. Non può mancare l’olio extravergine di oliva, che amplifica ancora di più gli straordinari effetti sull’organismo degli acidi grassi monoinsaturi presenti nel pesce.

Il pesce azzurro è di grande importanza

Mare, sinonimo di biodiversità

Ed il nostro mare è uno scrigno di biodiversità. Il Mediterraneo è ricco di diverse specie di pesce azzurro, dai più definito “pesce povero” erroneamente, in quanto palamita, tombarello, acciuga, sgombro, aguglia e sardina sono risorse dalle indubbie qualità nutrizionali: contengono proteine nobili, vitamine del gruppo B, ma anche sali minerali come calcio, fluoro, ferro e fosforo. Inoltre, sono altamente digeribili, grazie all’assenza di grassi saturi.

Pesce azzurro e sostenibilità

Ma scegliere il pesce azzurro è anche un modo per contribuire alla sostenibilità del mare. Le peculiarità nutrizionali di questa risorsa, i suoi abbinamenti e le sue trasformazioni culinarie, sono oggetto di continua attenzione da parte del Programma Operativo del Fondo Europeo per gli Affari Marittimi e la Pesca (FEAMP), uno strumento finanziario ideato per una crescita sostenibile e inclusiva dei settori della pesca e dell’acquacoltura nell’Unione Europea. Il Programma Operativo è gestito dal MASAF, in particolare dalla Direzione Generale della pesca marittima e dell’acquacoltura, che investe in progetti all’insegna della sostenibilità e dell’innovazione, per far emergere modelli vincenti sul fronte nutrizionale e socioculturale. L’approccio parte da una consapevolezza: le risorse del mare vanno salvaguardate attraverso un utilizzo sostenibile e condiviso, con programmi di gestione che sfruttino le conoscenze scientifiche a supporto dell’occupazione e dell’economia.

Feamp e infrastrutture

A beneficiare di questo strumento è la comunità. Il FEAMP si occupa di consolidare e potenziare le infrastrutture portuali a servizio della pesca, per aiutare le imprese del settore a recuperare un’adeguata redditività ed essere concorrenziali, a livello nazionale e internazionale. La politica comune della Pesca ha come obiettivo lo sviluppo di attività di acquacoltura nei territori e nei mari, per creare economia, occupazione e benefici sociali. E’ la produzione controllata di organismi acquatici, la coltivazione dell’acqua salata, salmastra o dolce finalizzata alla raccolta di pesci, molluschi, crostacei e alghe. Un’attività che, insieme a tutto il patrimonio di conoscenze, esperienze, eccellenze e cultura, è all’avanguardia in Europa per la forte integrazione di filiera in azienda e l’eccellente qualità delle produzioni.

Il pesce è un elemento tradizionale della nostra dieta

Infine, la pesca sostenibile, industriale o artigianale che sia, non entra in conflitto con la conservazione della biodiversità marina, evitando così un impatto negativo sulle specie e sugli ecosistemi. In compenso, contribuisce sempre di più a mantenere viva quella cultura gastronomica che è ormai uno stile di vita per tutti noi.

Granchio blu, il piano straordinario

Illustrato dal Commissario Caterino ed i Ministri Lollobrigida e Pichetto

Presentato il “Piano di intervento per contenere e contrastare il fenomeno della diffusione e della proliferazione della specie granchio blu”. Prevede la collaborazione di ISPRA, Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), CREA, Capitanerie di Porto ed Enti territoriali delle regioni più colpite dall’emergenza. Con un finanziamento complessivo di 10 milioni di euro – stanziati nel D.L. Agricoltura – per il biennio 2025-2026, il Piano intende preservare la biodiversità degli habitat colpiti, contrastare la proliferazione della specie invasiva, prevenire ulteriori danni economici e promuovere la ripresa delle attività di allevamento e pesca. Tra le principali misure,  il contenimento e lo smaltimento del granchio blu, la protezione delle strutture di acquacoltura, la valorizzazione delle biomasse attraverso utilizzi alternativi e il sostegno economico alle imprese del settore.

Granchio blu, emergenza economica ed ambientale

Le risorse stanziate per la realizzazione del piano straordinario, si sommano agli oltre 44 milioni di euro previsti dal Masaf negli ultimi anni.

Secondo ISPRA, in Italia si contano oltre 3300 specie invasive, un numero molto importante, che ricorda l’importanza di tutelare la biodiversità marina, cioè la vita e la natura presente dei mari, elemento di benessere ambientale, di sviluppo economico e di attrattiva unica al mondo, senza trascurare l’emergenza economica per i gravissimi danni che il granchio blu e altre specie “aliene” hanno creato agli allevamenti di molluschi con danni che hanno raggiunti in alcuni casi il 100% delle produzioni”.

“Il piano contro il granchio blu – le parole del Commissario Caterino – è il frutto di un lavoro congiunto realizzato in collaborazione con ministeri, Regioni, pescatori e altri attori coinvolti, a cui va un sentito ringraziamento per il contributo fondamentale offerto. La strategia integrata prevede pesca selettiva, monitoraggio e protezione degli ecosistemi, con interventi concreti che vedranno protagoniste le flotte locali. Saranno finanziati cattura, smaltimento e installazione di recinzioni nelle aree idonee. L’obiettivo è unire competenze e risorse per ripristinare l’equilibrio ambientale e garantire il sostegno alle attività produttive”.

Mediterraneo, mare sempre più caldo

E purtroppo la biodiversità è davvero in pericolo

Il cambiamento climatico in atto minaccia di accompagnare alcune specie del Mare nostrum verso l’estinzione, trasformando il Mediterraneo in un ambiente sempre più caldo e tropicale. Tra quelle più a rischio c’è la Pinna nobilis, il mollusco bivalve più grande. A partire dal 2016, un’epidemia ha determinato una mortalità senza precedenti della specie, con un tracollo di oltre il 95% delle popolazioni e l’inserimento nella lista rossa IUCN in “pericolo critico” (critically endangered).

Del resto, Copernicus, il programma dell’Unione Europea per l’osservazione della Terra, ha già avvisato, con due mesi di anticipo sulla fine dell’anno, che il 2024 sarà il più caldo mai registrato.

Il surriscaldamento, problematica mondiale anche subacquea

E anche il mare ne paga le conseguenze. In agosto, la temperatura media superficiale del Mediterraneo ha stabilito un nuovo record assoluto toccando i 28,9 °C, con punte superiori ai 30 °C. L’enorme quantità di calore assorbita si trasferisce sotto forma di energia e umidità alla circolazione atmosferica ed è all’origine di eventi meteorologici estremi come quello di fine ottobre di Valencia, dove in sole tre ore e mezza è caduta una quantità di pioggia che di solito si attende in un intero anno.

Mediterraneo sempre più tropicale

La tropicalizzazione del Mediterraneo sta mettendo in pericolo la grande biodiversità del nostro hotspot, casa di tante specie uniche e introvabili in altre regioni del mondo. Il riscaldamento delle acque, infatti, ha portato all’ingresso di specie “aliene”, molte delle quali provenienti dal Mar Rosso e dall’Oceano Indiano attraverso il Canale di Suez, che stanno rapidamente occupando le nicchie ecologiche di quelle indigene. Negli ultimi anni anche sulle coste italiane sono cominciati gli avvistamenti di specie esotiche come il pesce scorpione, il pesce palla maculato e il pesce coniglio. A fare le spese del nuovo ecosistema che si sta delineando c’è anche Pinna nobilis, conosciuta anche come “nacchera di mare”, ovvero il mollusco bivalve più grande del Mediterraneo in virtù di una conchiglia che può superare il metro di altezza.

Il progetto europeo per salvare il mollusco bivalve più grande del Mediterraneo

Siamo prossimi all’estinzione di un mollusco che svolge un importante ruolo ecologico perché cresce nelle praterie di Posidonia oceanica, dando vita a uno degli ecosistemi più complessi e preziosi del Mediterraneo, offre sostegno e rifugio a tante altre specie di invertebrati, filtra fino a 3.000 litri d’acqua al giorno e aiuta a contrastare l’erosione dei fondali.

Per tentare di salvare la specie, alla fine del 2021 è stato avviato il progetto europeo LIFE PINNA che si svolge in quattro regioni italiane e una slovena ed è guidato da Arpal, l’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente Ligure, avvalendosi di un partenariato di importanti enti pubblici e privati come l’Università di Genova, l’Università di Sassari, il Parco Nazionale dell’Asinara, la società Shoreline, l’Istituto Nazionale di Biologia della Slovenia e Triton Research.

I ricercatori monitorano i fondali, per individuare e proteggere gli ultimi esemplari sopravvissuti nei nostri mari e per mettere a punto le tecniche di allevamento in cattività. Hanno anche cominciato a trasferire alcuni giovani individui in specifiche aree pilota, dal Mar Ligure all’Alto Adriatico, per cominciare il ripopolamento della specie. In particolare, negli ultimi mesi, dopo accurate analisi genetiche che hanno escluso la presenza di microrganismi patogeni, alcuni esemplari di Pinna nobilis sono stati trapiantati dalla Laguna Veneta all’Area Marina Protetta di Capo Mortola, al confine tra Italia e Francia, e vengono costantemente monitorati. Nello stesso periodo, nell’Area Marina Protetta di Bergeggi (SV) i ricercatori hanno utilizzato delle pinne realizzate con la stampante 3D del Fablab (Centro Internazionale di Fisica Teorica di Miramare) per effettuare un test di valutazione dell’idrodinamismo dei fondali, nell’ottica di individuare i siti più protetti dalle correnti marine e dalle mareggiate. Nel laboratorio di Camogli, inoltre, i biologi stanno anche tentando la strada, mai realizzata prima per questa specie, della riproduzione in cattività che consentirebbe di allevare i molluschi prima di reintrodurli in natura. Per ora hanno ottenuto un primo grande successo, la fecondazione, portando le larve a uno sviluppo mai raggiunto in precedenza.

La genesi del progetto atto a salvaguardare un mollusco bivalve

Cambiamento climatico, un ulteriore ostacolo ai tentativi di ripopolamento

I cambiamenti climatici stanno complicando lo sviluppo del progetto, in quanto i ricercatori si devono confrontare con condizioni ambientali sempre più estreme. Le alte temperature del mare potrebbero avere un ruolo importante nella diffusione dell’epidemia e, la scorsa estate, l’esplosione della mucillagine nell’Adriatico ha ulteriormente rallentato il reperimento di nuovi esemplari. Il ritrovamento di individui superstiti di Pinna nobilis ancora in salute è essenziale per proteggerli e per studiare le loro capacità di adattamento a livello genetico ed ecologico. Così, per ottenere nuovi dati, sono stati coinvolti anche i comuni cittadini e le associazioni di subacquei con l’avvio di una campagna di Citizen Science denominata “Segnala la Pinna!”, che ha permesso di raccogliere su una piattaforma digitale creata ad hoc decine di segnalazioni di esemplari vivi in tutta Italia.

Delta del Po, stanziati 14 milioni per sostenere la vivificazione lagunare

Il Progetto è stato affidato dalla Regione Veneto al Consorzio di Bonifica

Con l’approvazione del Disciplinare, e la conseguente nomina del Consorzio di Bonifica Delta del Po a soggetto attuatore, inizia la fase operativa degli interventi di vivificazione delle lagune del Delta del Po, nell’ambito dell’Accordo per la coesione perfezionato lo scorso anno tra Regione Veneto e Governo.

Uno scorcio della laguna

La descrizione del Progetto

Il progetto Fscri_RI_422, denominato “Interventi per la vivificazione degli ambiti lagunari del Delta del Po” può dunque spiccare il volo, ed andrà a valere sul Fondo Sviluppo e Coesione 2021-2027. L’imponente intervento di vivificazione, che terminerà nel 2031, ha lo scopo di riattivare gli scambi d’acqua con il mare: si tratta di un progetto di grande importanza e molto atteso dal mondo della pesca e dell’acquacoltura per garantire la produttività delle acque interne. Si è reso necessario per l’intero settore che si trova a fronteggiare non solo l’emergenza granchio blu ma anche gli effetti dei cambiamenti climatici che impattano in maniera significativa sulle lagune, tra alte temperature e modificazioni nella salinità delle acque.

La vivificazione

L’intervento di vivificazione riguarderà gli ambiti lagunari del Delta del Po, e nello specifico le lagune dei Comuni di Porto Tolle, Porto Viro e Rosolina in Provincia di Rovigo (Laguna di Caleri, Laguna di Marinetta, Vallona, Sacca del Canarin, Laguna di Barbamarco, Sacca di Scardovari). Consiste nell’escavo dei canali e nell’apertura delle bocche di comunicazione con il mare.

È noto che garantire la funzionalità dell’idrodinamica delle lagune del Delta del Po, riattivando gli scambi d’acqua diretti con il mare è fondamentale per ridurre le difficoltà di ricambio idrico e i pericolosi fenomeni di eutrofizzazione che, nel periodo estivo, possono dar luogo a crisi anossiche e morie delle specie ittiche presenti. L’intendimento è quello di salvaguardare gli ecosistemi deltizi, garantendo la produttività delle lagune e l’occupazione nei settori della pesca e della molluschicoltura, comparti strategici per l’economia veneta.

Tramonto lagunare

Cronoprogramma del progetto

Il cronoprogramma prevede la consegna del progetto esecutivo entro il 31 dicembre 2025, mentre la conclusione dell’intervento è prevista entro il 30 giugno 2031. Per tale ragione è stato concluso il Protocollo d’intesa lagune con i Consorzi e le Cooperative della Pesca Professionale e dell’Acquacoltura, che sarà firmato a marzo 2026 e grazie al quale soggetti pubblici e privati si impegneranno a promuovere lo svolgimento integrato e coordinato delle attività necessarie a una gestione sostenibile e razionale delle lagune del Delta del Po.

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