Italy’s Fisheries Face a Deepening Generational Crisis

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The generational crisis in Italian fisheries is emerging as one of the most critical vulnerabilities affecting the country’s maritime economy. This is the warning launched by Natale Amoroso, President of AIC Pesca, during the XXXIV Rassegna del Mare in Trapani, where he stressed the structural obstacles that continue to prevent young people from entering the sector.

Amoroso described a system in which the pathway to becoming a professional seafarer has become excessively long, rigid and discouraging. Today, between navigation requirements, administrative constraints and procedural delays, a young candidate acquires full qualification only around the age of twenty-five. “The law has not changed, but habits have,” he recalled. “Vessels now go into winter lay-up more frequently than in the past, reducing the opportunities for young fishermen to accumulate the navigation days needed to advance in rank.”
The consequence is a bottleneck that pushes many away from a profession that instead demands practice, continuity and timeliness.

The President of AIC Pesca also highlighted how the current qualification system and manning tables still reflect organisational models of the past. According to Amoroso, the absence of coordination between the ministries of education, labour and fisheries prevents the creation of a coherent pathway capable of supporting true generational renewal. At the same time, the employment discontinuity typical of the sector makes it difficult for young workers to complete the required navigation periods.

This issue, however, goes far beyond youth employment alone. A slowdown in generational turnover threatens the entire fishing supply chain, with possible reductions in productive capacity, impacts on quota management and heightened safety risks on board. A shrinking workforce in the coming years could increasingly weaken Italy’s competitiveness in the European fisheries landscape.

For Amoroso, a decisive institutional response is now essential. Administrative simplification, more agile training pathways and targeted incentives aimed at stabilising youth employment are among the key measures needed to revitalise the sector. The future of Italy’s blue economy, ha sottolineato, depends on the country’s ability to make the fishing profession attractive, sustainable and aligned with the expectations of new generations.

Italy’s fishing sector is facing a severe generational decline

As highlighted by AIC Pesca, outdated regulations, bureaucratic constraints and employment discontinuity have made the professional pathway too long and unattractive for young people. Without effective reforms, the entire fishing supply chain risks losing essential skills and productive capacity, weakening its competitiveness and long-term sustainability.

For more insights on the future of Italian fisheries and the blue economy, follow ongoing coverage and analysis on Pesceinrete.

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Vietnam: certificazioni, rischi e opportunità

Vietnam: certificazioni, rischi e opportunità

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Il Vietnam rappresenta una delle origini più rilevanti per l’import europeo di prodotti ittici. Volumi consistenti, continuità produttiva e una crescente diffusione delle certificazioni fanno del Paese un punto fermo per chi lavora con vannamei, Black Tiger, Pangasio e molluschi bivalvi. Ma dietro la forza dell’offerta vietnamita si nasconde un ecosistema produttivo articolato, in cui la stabilità della fornitura dipende sempre più dalla capacità del buyer di scegliere il partner giusto.
Per gli operatori europei la domanda non è più “conviene comprare dal Vietnam?”, ma “da chi conviene comprare, con quali garanzie e con quali strumenti di controllo?”.
E oggi questa risposta richiede un’analisi puntuale della filiera vietnamita.

Una filiera in evoluzione: certificata, ma non per tutti

La crescita delle certificazioni internazionaliASC, GLOBALG.A.P., BAP – è uno dei segnali più positivi del mercato vietnamita. Le produzioni di acquacoltura mostrano processi più standardizzati, tracciabilità più chiara, audit più frequenti. Negli stabilimenti più strutturati, le procedure interne sono ormai comparabili con quelle dei principali competitor globali.
Ma questa professionalizzazione non è uniforme. La base produttiva vietnamita resta frammentata: migliaia di piccoli allevatori operano con livelli documentali e investimenti molto variabili.
Per i buyer europei, questo significa che l’origine non può essere valutata come blocco unico: la reale affidabilità dipende dalla scelta puntuale del fornitore.

Vongole certificate: il comparto più prevedibile per gli importatori europei

Tra i segmenti più solidi del Paese, spiccano le vongole certificate. Le principali aree di produzione che adottano schemi internazionali riconosciuti dall’UE offrono:
• tracciabilità centralizzata e procedure chiare,
• modelli di gestione comunitaria collaudati,
• continuità produttiva stabile anche in fasi di mercato complesse.
Per chi lavora con volumi programmati, questo comparto rappresenta una delle origini più affidabili dell’intera Asia.

Le tre variabili che definiscono il rischio-Paese per un buyer

Chi importa dal Vietnam oggi deve gestire tre macro-variabili:
1. Il costo della sostenibilità
La crescente adozione di certificazioni comporta investimenti che incidono sul prezzo finale. Le aziende più strutturate – quelle che garantiscono meno rischi – tenderanno a posizionarsi su livelli di prezzo più elevati ma giustificati dalla qualità documentale.
2. La frammentazione produttiva
La coesistenza di operatori molto avanzati e piccolissimi produttori rende la selezione del partner decisiva. La stessa specie può presentare differenze significative in termini di documentazione, biosicurezza e gestione dei registri.
3. La pressione climatica
Eventi estremi, intrusioni saline e oscillazioni stagionali incidono sulla disponibilità e sulle tempistiche di raccolta. La stabilità reale del prodotto vietnamita dipende dalla resilienza delle singole aziende, non dell’origine in sé.

Il nodo della Yellow Card: la criticità per chi importa wild-caught

La permanenza della “Yellow Card” UE per la pesca IUU resta il punto più delicato per chi acquista specie selvatiche. Per gli importatori europei questo si traduce in:
• controlli doganali più severi,
• tempistiche di sdoganamento meno prevedibili,
• richieste documentali più ampie e dettagliate,
• rischi amministrativi e costi extra non sempre immediatamente visibili.
Finché il provvedimento rimarrà attivo, l’unica strategia efficace è lavorare con fornitori dotati di sistemi interni impeccabili, in grado di sostenere verifiche approfondite senza rallentamenti.

I fornitori vietnamiti più affidabili: quattro indicatori decisivi

All’interno del mercato vietnamita, i partner realmente strategici si riconoscono da quattro elementi:
• integrazione verticale (allevamento + trasformazione),
• certificazioni multiple con audit ricorrenti,
• digitalizzazione dei registri e processi centralizzati,
• cooperative certificate con controllo comunitario della tracciabilità.
Queste caratteristiche riducono al minimo le variabili operative e documentali per il buyer europeo.

Il Vietnam rimane un riferimento, ma richiede una lettura adulta del mercato

Importare dal Vietnam significa lavorare con una delle origini più importanti e dinamiche del mondo. Ma significa anche operare in un sistema in trasformazione, dove la differenza non è più tra prodotto “vietnamita” e prodotto “non vietnamita”, bensì tra fornitori maturi e fornitori non ancora in linea con gli standard richiesti dal mercato europeo.

Per chi compra, l’approccio vincente è chiaro:
• scegliere partner certificati e strutturati,
• verificare la qualità della documentazione già nella fase preliminare,
• considerare l’eventualità di controlli doganali UE,
• monitorare costantemente la normativa IUU,
• diversificare fonti e fornitori per mitigare i rischi climatici e produttivi.

Il Vietnam continuerà a essere un punto di riferimento dell’offerta asiatica, ma la selezione del fornitore giusto rappresenta oggi la differenza tra una filiera efficiente e una soggetta a rallentamenti, incompleti o extra costi.

Sabrina Benini, Direttore Commerciale e Responsabile Vendite Extracee/Europa di Magic Foods

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Successo per Refrigera 2025: un’edizione che consolida la leadership del settore

Successo per Refrigera 2025: un’edizione che consolida la leadership del settore

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Si è chiusa da pochi giorni a BolognaFiere Refrigera 2025, tre giornate dense di incontri, dibattiti tecnici, presentazioni di dati e confronti tra i protagonisti della refrigerazione industriale, commerciale, logistica, del freddo e criogenica. L’edizione di quest’anno – condivisa con Applitech, dedicata alla componentistica per elettrodomestici – ha confermato il ruolo centrale della manifestazione nel panorama europeo, registrando oltre 320 espositori provenienti da 25 Paesi e più di 10.000 m² di area espositiva, in crescita del 12% rispetto alla precedente edizione.

La refrigerazione al centro della sostenibilità globale

La prima giornata si è aperta con l’evento inaugurale “Sostenibilità: la refrigerazione al centro”, che ha richiamato una platea numerosa e qualificata. Sul palco si sono confrontati Marco Nocivelli (vicepresidente Confindustria e CEO di Epta), il divulgatore scientifico e ricercatore del CNR Mario Tozzi e Maurizio Martina, vicedirettore generale della FAO.
Il messaggio emerso è stato netto: la refrigerazione non è un settore di supporto, ma un’infrastruttura critica per la sicurezza alimentare, la gestione energetica e la risposta ai cambiamenti climatici. Una visione che ben rappresenta il momento storico del comparto, sempre più coinvolto nelle strategie di decarbonizzazione globali.

La giornata inaugurale ha lasciato spazio anche ai PR Planet Refrigeration Awards, premio che valorizza eccellenza e innovazione nella refrigerazione commerciale e industriale. La giuria, composta da retailer, professionisti e giornalisti, ha premiato soluzioni basate su sostenibilità, efficienza e qualità progettuale.

Dati, tecnologie e nuove evidenze sul ruolo dei refrigeranti naturali

Il secondo giorno ha portato al centro del dibattito la transizione verso refrigeranti naturali. Tra gli interventi di maggiore rilievo, l’analisi di Legambiente sulla presenza di gas refrigeranti nei banchi frigo della grande distribuzione ha acceso i riflettori sul tasso di diffusione delle tecnologie più pulite.

L’indagine ha esaminato 3.899 banchi frigo in 98 punti vendita in sei città e regioni italiane, evidenziando che il 50% dei refrigeranti impiegati è già di tipo naturale, un valore superiore alla media europea del 30%. Un segnale che conferma come l’Italia stia avanzando rapidamente verso soluzioni meno impattanti e allineate alla normativa ambientale.

Sempre nella seconda giornata è stato illustrato il risparmio energetico garantito dai banchi frigo chiusi: fino al 58% di consumi in meno rispetto alle soluzioni aperte. Un dato emblematico, accompagnato da una metafora efficace: dieci metri di banco chiuso equivalgono, in termini di CO₂ risparmiata, alla piantumazione di 10–12 alberi ogni anno.

Tecnologie, ricerca e prospettive di crescita globale

La terza giornata ha consolidato i temi cardine dell’intera manifestazione: refrigeranti naturali, efficienza energetica e integrazione delle nuove tecnologie all’interno della catena del freddo.

Particolare interesse ha suscitato il progetto ENOUGH del CNR, dedicato allo sviluppo di tecnologie basate su fluidi naturali per il trasporto refrigerato. L’obiettivo è contribuire al raggiungimento della neutralità climatica attraverso sistemi dimostrativi realmente applicabili su mezzi e impianti utilizzati nella logistica alimentare.

Nel suo intervento, Epta ha evidenziato la necessità di un approccio integrato che non si limiti alla scelta del refrigerante, ma includa termodinamica, materiali isolanti innovativi, elettronica avanzata e soluzioni plug-in o integral, a sostegno dell’efficienza lungo tutto il ciclo di vita degli impianti.

A conclusione dell’evento, l’organizzazione ha diffuso le più recenti stime di mercato: il comparto della refrigerazione vale oggi 25,35 miliardi di dollari a livello globale e supererà i 32 miliardi entro il 2030, con una crescita annua intorno al 5%. Numeri che confermano la vitalità del settore e la necessità di appuntamenti come Refrigera per consolidare competenze e innovazione.

Appuntamento al 2027

Gli organizzatori hanno già annunciato le date della prossima edizione: Refrigera e Applitech torneranno a BolognaFiere dal 10 al 12 novembre 2027.
Un appuntamento che promette di ampliare ancora di più il confronto internazionale sul futuro della refrigerazione e sulle tecnologie che guideranno la transizione energetica dei prossimi anni.

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Federpesca, allarme sul futuro della pesca in Adriatico

Federpesca, allarme sul futuro della pesca in Adriatico

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Grande preoccupazione per il settore pesca dell’Adriatico dopo l’estensione a sette mesi della chiusura della pesca a strascico nelle aree delle cosiddette “barbare”. La decisione è stata presa durante la 48ª riunione della CGPM (Commissione Generale per la Pesca nel Mediterraneo), svoltasi a Málaga dal 3 al 9 novembre. Si tratta di una misura che rischia di compromettere gravemente la sopravvivenza delle imprese del comparto.

“Una proposta che avrebbe un impatto devastante per le imprese dell’Adriatico, già vessate negli ultimi anni dalla riduzione delle giornate di pesca” – dichiara Francesca Biondo, direttrice di Federpesca“e che è stata adottata dalla CGPM senza considerare gli effetti socio-economici e senza disporre di adeguati dati scientifici che attestino un reale stato di sofferenza degli stock di scampi”.

La direttrice prosegue: “Da anni denunciamo una modalità di operare della CGPM che non prevede alcun confronto democratico, né in sede di Agrifish né in Parlamento europeo. Un modus operandi che va fermato, perché sta mettendo in ginocchio le imprese di pesca dell’Adriatico ed è oltretutto in contrasto con le stesse linee guida politiche della Presidente Von der Leyen, che nel suo insediamento aveva dichiarato: ‘dimostreremo che l’Europa proteggerà la propria sovranità alimentare e coloro che ci forniscono il cibo’”.

“Purtroppo dobbiamo constatare che così non è – conclude Biondo – e restiamo certi che il confronto con il Governo italiano possa portare a misure di mitigazione in grado di evitare questo sfacelo e garantire un futuro sostenibile al comparto”.

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Accordi globali e sostenibilità: la partita commerciale che decide il futuro della pesca europea

Accordi globali e sostenibilità: la partita commerciale che decide il futuro della pesca europea

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Per Europêche, che rappresenta la pesca europea organizzata, la politica commerciale dell’UE determina oggi più di qualsiasi altra decisione la capacità delle flotte europee di restare competitive. Gli operatori investono da anni in tracciabilità, controlli, sicurezza del lavoro e sostenibilità, mentre una parte crescente del prodotto importato proviene da sistemi produttivi che non applicano standard equivalenti. Questo divario crea un’asimmetria evidente nei costi e nelle condizioni operative. Il rischio, secondo l’organizzazione, è che le regole interne diventino un vantaggio competitivo per chi non le applica.

Thailandia: il negoziato che potrebbe cambiare il mercato del tonno

Il dossier più delicato riguarda la Thailandia, leader globale nella trasformazione del tonno. Una riduzione significativa dei dazi potrebbe alterare in modo strutturale il mercato europeo. Il tonno lavorato nel Paese nasce in un contesto dove gli standard ambientali e sociali risultano spesso inferiori a quelli europei, con costi sensibilmente più bassi. Europêche chiede norme di origine chiare, tracciabilità verificabile e un’etichettatura che riporti bandiera del peschereccio e zona di cattura. Il punto centrale è evitare che la liberalizzazione avvenga a costo di una concorrenza sbilanciata.

Regno Unito: dopo la Brexit restano le tensioni operative

L’estensione dell’accesso reciproco alle acque fino al 2038 non ha risolto tutte le criticità. Le nuove restrizioni sulle Aree Marine Protette introdotte dal Regno Unito hanno un impatto nettamente maggiore sulle flotte europee. Le perdite economiche crescono, mentre la mancanza di valutazioni congiunte rischia di rendere instabili intere stagioni. Europêche chiede che le misure siano proporzionate e coerenti con l’accordo di commercio e cooperazione. Chiede inoltre che sia riaperta la pesca del cicerello, chiusa unilateralmente dal Regno Unito.

Nord Atlantico: quote unilaterali e un mercato che ne risente

Nel Nord Atlantico, il problema riguarda gli stock pelagici. Norvegia, Faroe e Russia hanno aumentato unilateralmente le proprie quote di sgombro, aringa e melù, superando i livelli negoziati. Il risultato è una pressione eccessiva sugli stock e una riduzione prevista delle catture per le flotte europee. La questione è anche commerciale: questi prodotti continuano a entrare nel mercato europeo con condizioni favorevoli. Europêche sollecita l’uso del nuovo regolamento UE contro pratiche non sostenibili. Chiede inoltre attenzione all’arrivo del merluzzo russo che attraversa la Norvegia ed entra nel mercato europeo senza dazi.

Marocco e Stati Uniti: stabilità vs. asimmetria

Con il Marocco, partner strategico, l’UE vuole costruire un nuovo accordo basato su dati scientifici e vantaggi reciproci. È un dossier considerato promettente, soprattutto per le specie pelagiche. Con gli Stati Uniti, invece, la situazione è opposta. Il dazio del 15 per cento imposto ai prodotti ittici europei crea un divario competitivo significativo. Molte esportazioni statunitensi entrano invece nell’UE senza dazi. Europêche chiede reciprocità concreta, in particolare per tonno rosso, capesante e nasello.

ATQ e due diligence: i nodi che possono pesare più del previsto

Le quote tariffarie autonome restano cruciali per le imprese di trasformazione, ma devono essere calibrate. Per il tonno, secondo Europêche, le agevolazioni rischiano di amplificare gli squilibri di mercato. Sul fronte della due diligence, il problema riguarda i tempi. Le imprese europee saranno soggette ai nuovi obblighi dal 2027. Per molti operatori extra UE, invece, non esiste una scadenza definita. Questo sfasamento rischia di creare una concorrenza a due velocità proprio nel segmento più globalizzato della filiera ittica.

Rinnovamento della flotta: il timore di una frenata

L’accordo OMC sulle sovvenzioni alla pesca mira a limitare gli aiuti che favoriscono la sovrapesca. Tuttavia, secondo Europêche, l’interpretazione delle norme deve consentire il rinnovamento delle flotte europee. La sicurezza, l’efficienza energetica e l’adattamento climatico dipendono da investimenti non rinviabili. Il settore teme che un’applicazione troppo rigida blocchi innovazioni essenziali proprio mentre le imprese affrontano costi elevati su carburante, manutenzione e gestione.

Un punto di equilibrio da definire ora

Il quadro che emerge è complesso. La politica commerciale dell’UE influisce su tutta la catena: pescatori, imprese di trasformazione, logistica e distribuzione. Il settore ritiene che gli accordi debbano riflettere gli standard europei, non annullarli. La richiesta è chiara: garantire condizioni di mercato eque, mantenere la coerenza tra sostenibilità e competitività e proteggere la credibilità del modello europeo. Le decisioni dei prossimi mesi avranno un impatto diretto sulla tenuta economica della pesca europea.

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