“Fermo pesca scelta obbligata per salvare ecosistemi marini”

Indennità e scelte condivise per scongiurare collasso biologico ed economico, la parola al Presidente

«Il fermo pesca non è un ostacolo per il settore, ma uno strumento fondamentale per rigenerare gli stock ittici, tutelare gli habitat marini e garantire la sopravvivenza delle comunità costiere. Tuttavia, senza un adeguato sostegno economico e senza una governance realmente partecipata, rischiamo di trasformarlo in un peso insostenibile per migliaia di imprese e lavoratori del mare». Con queste parole Mario Serpillo, presidente dell’UCI – Unione Coltivatori Italiani, richiama l’attenzione sulla necessità di un cambio di passo nelle politiche di gestione della pesca.

Fermo pesca per motivi biologici

Il quadro normativo è stato aggiornato con il Decreto n. 124436 del 18 marzo 2025 sul fermo obbligatorio, il Decreto Direttoriale n. 142369 del 27 marzo 2025 sugli aiuti alle imprese e il Decreto Interministeriale n. 1222 del 17 aprile 2025, che prevede un’indennità giornaliera di 30 euro per i lavoratori. «Si tratta di passi nella giusta direzione – spiega Serpillo – ma ancora insufficienti: le risorse coprono appena il 20-25% del reddito reale e i ritardi nei pagamenti aggravano una situazione economica già complessa. Non possiamo permettere che una misura nata per la sostenibilità diventi una condanna per chi vive di pesca.»

L’importanza del fermo biologico è confermata dalle evidenze scientifiche, che dimostrano come la sospensione temporanea dell’attività consenta alle specie di riprodursi e agli ecosistemi di recuperare. Per questo, secondo il presidente, Mario Serpillo, la gestione di questo strumento deve essere integrata in un sistema decisionale più ampio e condiviso, in cui marinerie, organizzazioni del settore e comunità scientifica collaborino per calibrare i periodi di fermo sulle esigenze reali degli stock e sulle condizioni socioeconomiche dei territori.

La necessità di agire con urgenza è confermata anche dai dati più recenti diffusi dal Consiglio Internazionale per l’Esplorazione del Mare (ICES), secondo cui la situazione di alcune specie è ormai «precipitata a un livello da cui sarà difficile riprendersi». Lo sgombro, uno dei pesci azzurri più apprezzati e consumati in Italia, con oltre 25.000 tonnellate l’anno, ha visto la biomassa scendere sotto la soglia critica. Le catture superano del 39% le raccomandazioni scientifiche e, per evitare il collasso, sarà necessario ridurle del 77% entro il 2026. Allarmi analoghi riguardano il melù, per cui è richiesta una riduzione del 41%, e l’aringa atlanto-scandinava, che necessita di una gestione delle quote conforme alle evidenze scientifiche.

«Questi dati dimostrano in modo inequivocabile che è arrivato il momento di cambiare rotta – dichiara Serpillo . Oggi la biomassa dello sgombro è sotto la soglia critica e per evitarne il collasso serve ridurre drasticamente le catture. Ignorare questi segnali significa mettere a rischio non solo le risorse marine ma anche la stabilità di intere filiere e l’economia dei territori costieri. Il fermo pesca resta uno strumento imprescindibile, ma deve essere parte di una strategia più ampia, fatta di politiche coraggiose e lungimiranti, capaci di coniugare la tutela degli ecosistemi con la dignità del lavoro e la sostenibilità economica delle imprese.»

Pescherecci fermi nei porti

Il presidente dell’UCI richiama infine la necessità di superare lo stallo politico che da anni rallenta l’adozione di misure strutturali a livello europeo. «Non possiamo più permetterci decisioni parziali o dettate da interessi di breve periodo. Se vogliamo garantire un futuro alla pesca, servono indennità proporzionate alle perdite reali delle imprese, tempi certi nei pagamenti e un sistema decisionale partecipato. Solo così – conclude Serpillo – il fermo pesca potrà diventare ciò che deve essere: uno strumento di tutela del mare e, al tempo stesso, un pilastro per la competitività e la resilienza della pesca italiana.»

Stoccafisso e Baccalà: tradizione che si rinnova tra Italia e Norvegia

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Ci sono sapori che attraversano i secoli, resistono alle mode e sanno adattarsi alle nuove abitudini senza perdere autenticità. In Italia, stoccafisso e baccalà appartengono a questa categoria speciale: prodotti che hanno plasmato la cultura gastronomica e continuano a rappresentare un ponte vivo con i mari del Nord.

Secondo i dati diffusi dal Norwegian Seafood Council, l’Italia è oggi il principale mercato mondiale per queste specialità, con importazioni di prodotti lavorati a base di merluzzo che nel 2025 hanno raggiunto un valore di 275 milioni di euro, segnando una crescita dell’11% in volume rispetto all’anno precedente. Un risultato che assume ulteriore significato se si considera che, nello stesso periodo, la Norvegia ha adottato quote di pesca più restrittive per tutelare la sostenibilità degli stock ittici.

Consumi in evoluzione

Lo stoccafisso conferma una tendenza positiva soprattutto nei canali retail, dove la domanda è in crescita e la pressione promozionale si è ridotta. Un segnale che riflette la crescente percezione di qualità da parte dei consumatori. Parallelamente, il baccalà si consolida come prodotto premium: nonostante un prezzo medio superiore, rimane apprezzato per origine e tracciabilità, soprattutto nella grande distribuzione.

Accanto ai piatti iconici delle cucine regionali, trovano spazio sempre maggiore i formati ready to eat e ready to cook. Soluzioni che intercettano nuove fasce di consumatori, attratte dalla praticità ma attente a gusto e autenticità.

Eventi che raccontano un legame

Il ruolo di stoccafisso e baccalà nella cultura italiana non si misura soltanto nei numeri, ma anche nella capacità di animare comunità ed eventi. A Roma, la sesta edizione di Roma Baccalà ha trasformato la capitale in un palcoscenico dove storia, gastronomia e convivialità si sono intrecciate, offrendo al pubblico un viaggio tra tradizione e nuove interpretazioni culinarie.

In Liguria, il borgo di Badalucco ha celebrato la 53ª edizione del Festival dello Stoccafisso, con oltre nove quintali cucinati secondo la ricetta “a Baücogna” nei tradizionali paioli di rame. Una festa che è insieme memoria e futuro: mette in dialogo generazioni, rinsalda comunità e rinnova un legame storico con le isole Lofoten, da dove proviene lo stoccafisso IGP protagonista della manifestazione.

Una tradizione che guarda avanti

Tra cucine domestiche e feste popolari, stoccafisso e baccalà restano ambasciatori di un dialogo gastronomico che unisce passato e futuro. La loro storia continua a intrecciarsi con quella delle comunità che li celebrano: piatti che hanno sfamato generazioni, oggi diventano simboli di identità condivisa e di rinnovata creatività. Non più soltanto eredità di ricette antiche, ma chiavi per leggere come il cibo sappia costruire ponti tra culture lontane, trasformando ogni tavola in un luogo di incontro e di memoria viva.

 

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POWER4MED: The Mediterranean’s Green Transition

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The Mediterranean, one of the busiest maritime areas in the world, is now at the center of a crucial challenge: maritime decarbonization in the Mediterranean. Every year, millions of passengers and tons of goods cross its routes, but the environmental cost remains high. Ship emissions impact coastal communities, marine ecosystems, and economic competitiveness.

A complex yet urgent transition

International targets set climate neutrality by 2050 and a 55% emissions reduction by 2030. Within this framework, the maritime sector must speed up its energy transition. Major shipping companies are investing in low-emission technologies, but it is small operators — fishing vessels, commercial boats, and marinas — that face the greatest challenges.

This is where POWER4MED comes in — a project funded by the European Union and co-financed by the European Maritime, Fisheries and Aquaculture Fund (EMFAF). Running from November 2023 to July 2025, with a budget of €798,043 and 80% EU contribution, the initiative provides technical support, practical tools, and targeted training to help maritime SMEs shift to zero-carbon fuels and sustainable technologies.

From research to operational tools

POWER4MED followed a structured, three-phase approach: first collecting data on operators’ needs and available energy options, then conducting pilot studies on infrastructures and vessels, and finally developing six practical toolkits, transition strategies, and a digital support hub — the ECA4Med platform, accessible to anyone interested in applying tested solutions.

This approach successfully combined research, field application, and legacy-building through replicable materials for the fisheries, transport, and maritime tourism sectors.

A greener and more competitive Mediterranean

The project’s impact extends beyond the EU, involving partners from Algeria, Egypt, Turkey, and Libya. According to coordinator Mario Dogliani (SDG4MED), POWER4MED’s strength lies in its focus on practical collaboration among diverse Mediterranean countries, preparing small maritime operators for the environmental transition.

Aligned with the European Green Deal and the Fit for 55 package, POWER4MED demonstrates that even small fleets can play a decisive role in tackling climate change. EU support has been key in strengthening energy partnerships across fisheries and aquaculture, paving the way for a scalable and sustainable model throughout the Mediterranean and beyond.

A shared route toward the future

Maritime decarbonization is not only an environmental goal but also an economic strategy. Sustainable ports and fleets enhance competitiveness, attract investors, and protect coastal communities. The project’s legacy will continue through ECA4Med, the permanent digital hub supporting operators and policymakers in the years to come.

Step by step — ship by ship, port by port, community by community — the Mediterranean is building a model that blends innovation, cooperation, and sustainability.

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Innovazione, sostenibilità e mercato: l’ittico protagonista ad Anuga 2025

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Anche il comparto dell’ittico è protagonista ad Anuga 2025, la fiera mondiale del food & beverage organizzata da Koelnmesse e in corso fino all’8 ottobre a Colonia. L’evento riunisce oltre 8.000 espositori da 110 paesi e più di 140.000 visitatori professionali provenienti da tutto il mondo. In questo scenario, la filiera del pesce porta con sé un messaggio chiaro: il futuro passa attraverso sostenibilità, trasparenza e innovazione.

Una piattaforma per il futuro del food

Il tema centrale di quest’anno, Sustainable Growth, mette al centro la sfida che riguarda tutto l’agroalimentare: crescere senza compromettere l’ambiente e la coesione sociale. Un obiettivo che coinvolge pienamente anche il comparto ittico, dove il bilancio tra qualità, risorsa marina e competitività economica è sempre più complesso.

Il salone tedesco offre un’istantanea del cambiamento in atto. Accanto ai grandi player, emergono startup e imprese medie che sperimentano nuove tecnologie per la tracciabilità, materiali di imballaggio riciclati e linee di prodotto a minore impatto energetico. Nel padiglione Chilled & Fresh Food si respira la direzione del mercato: pesce sostenibile, certificato, comunicato con un linguaggio trasparente.

Proteine alternative e clean label

Anuga 2025 dedica ampio spazio anche al tema delle proteine alternative, ormai non più fenomeno di nicchia ma segmento strutturato del mercato globale. Nel nuovo Anuga Alternatives Pavilion trovano spazio prodotti ibridi a base di pesce e proteine vegetali, o soluzioni create con alghe e micoproteine. L’obiettivo non è sostituire il pescato, ma ampliare l’offerta con un occhio alla sostenibilità e all’evoluzione dei consumi.

Parallelamente cresce l’attenzione per la clean label, sinonimo di trasparenza e fiducia. Etichette più chiare, processi semplificati e ingredienti riconoscibili stanno diventando prerequisiti per la competitività, non semplici plus di marketing.

Dalla tracciabilità alla valorizzazione territoriale

Per l’ittico, la tracciabilità non è più solo una misura di controllo: è un racconto di filiera. Sempre più aziende italiane e mediterranee scelgono di comunicare il valore del territorio e delle pratiche di pesca responsabile come elemento distintivo. Un posizionamento che incontra la domanda crescente di autenticità e identità, soprattutto nei mercati europei e del Nord America.

Il pesce non è più visto solo come prodotto alimentare, ma come vettore culturale e simbolo di equilibrio tra risorsa naturale e innovazione industriale.

Le sfide ancora aperte

Resta il nodo dei costi. La filiera deve fronteggiare rincari energetici, standard ambientali sempre più stringenti e la concorrenza di produzioni extraeuropee con minori vincoli. A questo si aggiunge l’urgenza di rafforzare la ricerca applicata e il trasferimento tecnologico, due aree ancora fragili in molti distretti italiani.

Nonostante ciò, il messaggio che arriva da Colonia è di fiducia: l’industria ittica ha imboccato la strada della modernizzazione e non intende tornare indietro. La sostenibilità, oggi, non è più un tema da convegno, ma una condizione di sopravvivenza economica.

Un comparto in evoluzione

Anuga 2025 fotografa un settore in movimento, dove le aziende non si limitano ad adattarsi alle tendenze ma provano a guidarle. Il mare, in questo contesto, torna a essere laboratorio di innovazione: un luogo dove si sperimentano nuovi modelli produttivi, commerciali e comunicativi.
Per l’Italia, la sfida sarà continuare a presidiare la fascia alta del mercato, con prodotti di qualità certificata, filiere trasparenti e un racconto autentico del mare Mediterraneo.

Al via dallo scorso 4  ottobre anche per il Distretto della Pesca COSVAP la partecipazione con una delegazione di aziende che presentano le eccellenze del paniere agroalimentare siciliano alla Hall 5.1 – Stand A-008G, che consolida la propria presenza internazionale e il legame tra tradizione e futuro sostenibile del Mediterraneo.

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Vongole a 22 mm: la deroga italiana al bivio del voto europeo

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Si torna a parlare di taglia minima delle vongole. Il prossimo 16 ottobre la Commissione Pesca del Parlamento europeo sarà chiamata a votare sull’obiezione presentata da alcuni eurodeputati spagnoli del Partito Popolare Europeo (PPE) contro la deroga alla taglia minima delle vongole a 22 mm, concessa all’Italia dal 2016 e attualmente valida fino al 31 dicembre 2025.

Il contesto della deroga italiana

L’Italia gode di un regime speciale che consente la raccolta delle Chamelea gallina a 22 millimetri, anziché i 25 previsti dal regolamento generale dell’Unione europea. Una misura introdotta per tener conto delle peculiarità biologiche e ambientali del Mare Adriatico, dove le vongole difficilmente raggiungono la taglia standard a causa della minore salinità e della diversa composizione dei fondali.

Le evidenze scientifiche elaborate a suo tempo dal MIPAAF e validate dallo STECF (Comitato Scientifico, Tecnico ed Economico della Pesca) dimostrano che, nell’Adriatico settentrionale, la maturità riproduttiva delle vongole si raggiunge prima dei 25 millimetri. È su questa base che la Commissione europea ha concesso la deroga, giudicandola compatibile con gli obiettivi di sostenibilità previsti dalla Politica Comune della Pesca.

L’obiezione spagnola e la posizione italiana

L’obiezione, presentata dagli eurodeputati spagnoli Carmen Crespo Díaz, Gabriel Mato e Francisco José Millán Mon, sostiene che la deroga italiana rappresenti un vantaggio commerciale scorretto rispetto agli altri Stati membri che mantengono la soglia dei 25 mm.
Una posizione che però divide lo stesso PPE, perché l’eurodeputata italiana Anna Maria Cisint (Lega), si è schierata contro l’iniziativa spagnola, difendendo la legittimità scientifica della misura e l’interesse delle marinerie italiane.

Le motivazioni inserite nell’obiezione sono del tutto pretestuose – fa sapere l’eurodeputata, membro della Commissione Pesca –. La deroga – secondo Cisint – si fonda su dati scientifici solidi e riconosciuti dalla stessa Commissione europea, che ha valutato con attenzione le condizioni ecologiche del nostro mare. Le vongole dell’Adriatico vivono in un ambiente unico, dove fattori naturali come salinità, sedimenti e nutrienti incidono sulla crescita. Non si tratta di un vantaggio competitivo, ma di un necessario adattamento scientificamente giustificato. Oggi la risorsa è in calo, anche per effetto di fenomeni come la mucillagine e la diffusione del granchio blu. Mi aspetto che, al momento del voto, prevalga il buon senso da parte di tutti i deputati italiani.

L’impatto economico e le preoccupazioni del settore

A quantificare il peso della decisione è Antonio Gottardo, responsabile regionale Legacoop Veneto – Agricole e Pesca, che evidenzia come l’eventuale aumento della taglia minima a 25 mm significherebbe per le nostre imbarcazioni un calo di produttività stimato intorno al 35%, pari a circa 20 mila euro di perdita annua per equipaggio. Le marinerie adriatiche, già alle prese con costi crescenti e condizioni ambientali difficili, non potrebbero sostenere un ulteriore taglio ai margini operativi.

La discussione non riguarda soltanto gli aspetti economici. Gli studi scientifici che hanno portato alla deroga mostrano che la vongola adriatica raggiunge la maturità riproduttiva già intorno ai 18–20 mm: per questo, fissare la taglia minima a 22 mm non compromette la capacità di ripopolamento degli stock, ma garantisce una gestione sostenibile adattata alle condizioni locali. È la linea su cui insistono i consorzi di gestione italiani, che chiedono all’Europa una politica più flessibile e rispettosa delle specificità ambientali dell’Adriatico.

Una decisione cruciale per la filiera

Se l’obiezione degli eurodeputati spagnoli venisse accolta, il rinnovo della deroga verrebbe bloccato e l’Italia non potrebbe estenderla oltre il 31 dicembre 2025. L’attuale regime resterebbe in vigore fino a quella data, ma senza ulteriori proroghe.

Il voto del 16 ottobre rappresenta quindi un passaggio cruciale per la filiera. In caso di bocciatura dell’obiezione, la deroga potrà essere prorogata fino al 2030, come auspicano i rappresentanti italiani in Commissione Pesca e le organizzazioni di categoria.
Difendere la deroga alla taglia minima delle vongole a 22 mm significa salvaguardare un modello di pesca costruito su solide basi scientifiche, capace di conciliare sostenibilità, redditività e specificità ambientali dell’Adriatico.

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